I maestri di Londra: Novak Djokovic

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I maestri di Londra: Novak Djokovic

Il dominio di Novak Djokovic nel 2015 è testimoniato dalle pochissime prove non convincenti offerte quest’anno, tra le quali la sconfitta con Karlovic a Doha, la sofferta vittoria contro Anderson a Wimbledon e la finale persa a Cincinnati contro Roger Federer. Quale tra i suoi sette avversari ha più possibilità di batterlo?

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Novak Djokovic - US Open 2015 (foto di Art Seitz)
 

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Il 2015 di Novak Djokovic è stato un anno di dominio pressoché assoluto
, del tutto analogo ma probabilmente anche superiore al 2011, la stagione in cui è esploso prepotentemente portandosi a casa 3 tornei dello Slam e 5 Master 1000 (Indian Wells, Miami, Madrid, Roma e Montreal) e l’ATP 250 di Belgrado, oltre a mettere a segno l’impressionante striscia di 41 match consecutivi vinti dall’inizio della stagione (fallendo l’aggancio al record di McEnroe del 1984 di 42 vittorie di fila, a causa del walk-over di Fognini ai quarti del Roland Garros e alla successiva sconfitta con Federer in semifinale, in uno dei match più belli e intensi di sempre). Quest’anno il n.1 del mondo ha bissato i tre quarti di Slam e conquistato 6 Master 1000 (Indian Wells, Miami, Montecarlo, Roma, Shanghai e Parigi-Bercy) e l’ATP 500 di Pechino.

In termini di risultati, si può parlare di questo 2015 come il suo anno migliore, in virtù dei 6 Master 1000 vinti contro i 5 del 2011 ma soprattutto considerando che il suo dominio è stato costante durante tutta la stagione: al Roland Garros ha mancato ancora una volta l’appuntamento con la vittoria ma ha raggiunto comunque la finale e dopo gli US Open ha infilato una striscia ancora aperta di 15 vittorie consecutive (tra Pechino, Shanghai e Parigi-Bercy) su 15 match disputati. Insomma a differenza del 2011, quando dopo New York accusò un vistoso calo e non vinse più nessun altro torneo, Djokovic arriva all’appuntamento con le Finals in gran spolvero, come sottolineato nell’analisi dei risultati impressionanti conseguiti in autunno dal 2012 in poi.

Il miglioramento di Novak rispetto al 2011 e agli anni passati si riscontra anche in termini tecnico-tattici nei progressi nel gioco di volo e nella scelta di quando applicarlo.

A Flushing Meadows non ha mostrato un solo segno di cedimento, è stato perfetto dall’inizio alla fine, in particolare ai quarti, quando ha avuto la meglio su un Feliciano Lopez che ha espresso il suo tennis atipico nel modo migliore possibile. In quella situazione Djokovic non poteva starsene a scambiare dal fondo, perché rischiava di subire l’iniziativa e l’accorciamento degli scambi imposti dal tennista di Toledo. A quel punto, appena poteva, scendeva a rete anche lui, non fino ad arrivare a sconfiggere Lopez con le sue stesse armi ma dimostrando una volta di più la completezza del suo gioco e i miglioramenti in quello di volo. Anche quest’anno, tuttavia, si è reso colpevole di errori o incertezze, se pur di rado, nel colpo all’apparenza più semplice, lo smash. Ma parliamo di briciole, di sicuro non troverà sulla sua strada avversari che lo costringeranno a usare molto quel fondamentale, sarebbe una tattica demenziale prima ancora che suicida.

Allora a cosa appellarsi per scalfire le certezze del campione di Belgrado?

Il serbo in questa stagione ha centrato 14 finali su 15 tornei giocati: l’unica occasione in cui ha mancato la finale è stato all’inizio dell’anno, nel torneo di Doha, quando incontrò un pressoché perfetto Ivo Karlovic che vinse in tre set strappando una sola volta il servizio all’avversario. Nemmeno Djokovic riuscì ad arginare la prima di servizio siderale del croato, messa in campo il 72% delle volte e portando a casa l’84% dei punti giocati con quel fondamentale.

Un’altra occasione del 2015, in una cornice ben più importante, nella quale Djokovic arrivò molto vicino alla sconfitta fu l’ottavo di finale di Wimbledon contro Kevin Anderson, col sudafricano capace di portarsi avanti 2 set a 0 grazie a una battuta efficacissima sia con la prima che con la seconda, dalla quale ottenne punti immediati o scambi rapidi per evitare che il serbo prendesse ritmo. Djokovic recuperò i due set di svantaggio e vinse il giorno dopo (la partita venne sospesa appena terminato il quarto parziale per oscurità), sfruttando al meglio due doppi falli di Anderson e piazzando il break decisivo all’undicesimo game.

Rimane poi in piedi per il campione di Belgrado la bestia nera del Roland Garros: proprio quest’anno che aveva detronizzato facilmente Nadal ai quarti e rintuzzato la rimonta da 2 set a 0 di Murray con un quinto set dominato (vinto 6-1), ha trovato un Wawrinka superlativo in finale: in quella situazione Nole sembrava impotente di fronte ai fendenti piatti e profondi di Stan, ma probabilmente non era legittimo aspettarsi di più, proprio per come stava giocando l’avversario: Stanimal giocò la partita perfetta, tirando a occhi chiusi bordate piatte e fulminee che finivano tutte in campo. Una prestazione difficilmente ripetibile, di fronte alla quale persino il miglior Nadal avrebbe rischiato seriamente di perdere.

Se però l’ossessione di Novak è lo Slam parigino, non lo sarà certo il Masters
, un torneo da lui già vinto 4 volte, 3 delle quali negli ultimi 3 anni (dal 2012 al 2014). Forse, più dell’eventuali debolezze che Nole potrebbe manifestare, vale maggiormente la pena chiedersi chi, dal n.2 al n.8 ATP, abbia i colpi e il gioco migliore per impensierirlo. Per ragioni diverse, sono tre i giocatori più pericolosi per il serbo:

Roger Federer versione indoor è a lungo apparso il migliore, esprimendosi su alti livelli anche nelle stagioni per lui meno fortunate (come nel 2013 quando riuscì a raggiungere la semifinale, persa contro Nadal), e infatti ha chiuso la stagione col titolo di Maestro per ben 6 volte, unico nella storia. Quest’anno Roger è arrivato diverse volte in finale con prove estremamente convincenti per poi perdere spesso con Djokovic (su tutte le finali di Wimbledon e degli US Open), ma è tra i suoi sette avversari quello dalla battuta più pericolosa. Se il primatista Slam servirà al meglio, costringerà l’avversario a rispondere a una pallina che sotto un tetto viaggia molto veloce, potendo peraltro impedire a Nole di leggere il servizio variandolo molto e ricorrendo a battute a uscire che gli permetterebbero di aprirsi il campo e chiudere in fretta lo scambio con soluzioni servizio e dritto o con il serve&volley. Giocare al meglio dei tre set è un altro vantaggio per lo svizzero, dato che se il match si prolungasse oltre le due ore a Federer sarebbe richiesta una continuità di rendimento difficile da mantenere. Le partite sopra citate contro Karlovic e Anderson dimostrano poi che anche la migliore risposta del mondo può andare in difficoltà di fronte a un servizio particolarmente efficace. Inoltre in risposta Federer ricorrerà appena possibile al SABR, l’anticipo di controbalzo coi piedi a metà tra riga di fondo e riga del servizio (qui potete vedere quelli giocati a Flushing Meadows), che gli ha permesso di destabilizzare il n.1 del mondo nella finale di Cincinnati, vinta dallo svizzero 7-6 6-3.

Gli altri due avversari che potrebbero più far soffrire Djokovic sono proprio gli ultimi due che l’hanno battuto nelle prove dello Slam: Stanislas Wawrinka in finale al Roland Garros 2015 e Kei Nishikori nella semifinale degli US Open 2014. Entrambi infatti fanno leva su colpi piatti e profondi, dall’elevato margine di errore per la minor rotazione della pallina, rispetto al gioco più conservativo di Nole. Un gioco così rischioso difficilmente permette di raggiungere grandi risultati con continuità, ma nella singola partita, se giocata al meglio delle possibilità, può rivelarsi letale anche per il dominatore della stagione.

Se in particolare Wawrinka riuscirà a giocare colpi molto puliti, la sua potenza può bucare il muro di Belgrado su entrambi i lati. Nella recente semifinale di Bercy, Nole giocava dritti molto carichi di effetto a uscire allo scopo di far muovere Stan aprendosi il campo, a costo di sacrificare il suo punto di forza, ossia il rovescio. Lo svizzero infatti è l’unico in grado di competere efficacemente sulla diagonale del rovescio contro Djokovic, oltre forse a Murray che ha però un gioco meno adatto, se pur più continuo, a complicare la vita al n.1 del mondo. Sempre a Parigi-Bercy, nel secondo set Wawrinka vinceva di più gli scambi brevi, fino a 5 colpi, mentre quelli medi, tra i 5 e i 9 colpi, erano terreno di conquista del serbo, che giocava il dritto a uscire 2-3 volte fino a costringere l’avversario ad accorciare e subire il colpo definitivo. Il dato sorprendente però riguardava i punti che si prolungavano oltre i 9 colpi, che venivano divisi in egual misura da entrambi: ciò era la conseguenza dell’incapacità di Novak a far muovere spesso l’avversario.

Nishikori ha avuto una stagione molto tribolata, nella quale non è riuscito a compiere il definitivo salto di qualità che in molti si aspettavano. Se però a Londra sarà fisicamente performante, il suo tipo di gioco permetterebbe anche a lui di avere qualche possibilità per superare il vincitore di 10 prove dello Slam.

In definitiva, dando un’occhiata al sorteggio dei due gironi, il maggiore ostacolo per Djokovic sarebbe un’ipotetica semifinale con Wawrinka, per quanto descritto sopra più ostica dell’ennesima sfida contro Andy Murray.

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