Maria Sharapova mistero svelato? Una condanna e troppe bugie

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Maria Sharapova mistero svelato? Una condanna e troppe bugie

La sentenza del Tribunale dell’ITF non chiarisce le ombre sul caso Sharapova. Tre anni di medicine senza informare neanche un medico. Solo il padre e l’agente. Chi vuole coprire la tennista russa? Il giudice usa la mano pesante perchè non accetta la presa in giro

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Shock Sharapova: due anni di squalifica per la positività al meldonium

Facciamo finta di essere persone normali. Ci vengono dei dolori nella parte alta dell’addome e soffriamo di tonsille. Andiamo da un medico, specialista in diagnostica (un po’ come il Dottor House) che durante l’anamnesi – la raccolta delle notizie che riguardano il paziente – scopre che la nostra famiglia ha una certa familiarità con il diabete, i disturbi cardiaci, presenta in alcuni casi elevati livelli di colesterolo e glucosio e qualche squilibrio minerale. Tutto questo considerato, il medico stabilisce che abbiamo un disturbo del metabolismo, tant’è che il cibo non ci nutre a sufficienza. È necessario rafforzare il nostro sistema immunitario. Per farlo ci prescrive un dettagliato regime alimentare che prevede anche l’assunzione di 18 “sostanze”, tra farmaci e integratori. Tra questi farmaci c’è il Mildronate. Dobbiamo prenderlo per periodi di 7-14 giorni e due compresse di 500 mg al giorno per un totale di un grammo. Prima di un evento particolarmente stressante varia la posologia, comunque sotto lo stretto controllo del medico.

Avvertiamo il nostro medico che non siamo liberi di prendere tutte le medicine possibili, e lo preghiamo di informarsi se quelle che ci sta prescrivendo lui possiamo prenderle o se per caso non siano inserite nella famigerata lista dei farmaci proibiti. Ricordatevi che siamo persone normali (avvocati, ingegneri, impiegati, operai. Tennisti) ed è quindi verosimile che non abbiamo idea né di cosa contenga il farmaco che il medico ci sta prescrivendo, né se qualche sostanza contenuta nel farmaco è nell’elenco dei farmaci proibiti. Il medico si rivolge al direttore del laboratorio WADA della propria città e questi lo rasserena: in nessuna delle 18 sostanze è presente un farmaco inserito nella lista proibita.

I risultati dell’assunzione delle sostanze sono confortanti. Ci sono dei miglioramenti generali e il medico si raccomanda di utilizzare la terapia ciclicamente ogni qualvolta si verificano determinati eventi quali processi infiammatori, anomalie nel metabolismo e altri.  Nel frattempo il medico aumenta il numero delle sostanze. Da 18 che erano passano a 30. Tra i 30, oltre al Mildronate, sono presenti anche il Magnerot e il Riboxin. Chiede sempre al direttore del laboratorio WADA se ci sono controindicazioni e riceve rassicurazioni, anche in forma scritta. Nessun problema.

Gli anni passano e le persone crescono. Ad un certo punto decidiamo che il medico che ci aveva seguiti non ci serve più. Troppe pillole. Se siete persone che hanno avuto una vita un po’ tormentata non vi stupirete. Conosciamo un nutrizionista e avvertiamo il nostro precedente medico che faremo a meno di lui. Però facciamo una cosa strana. Delle 30 sostanze che prendevamo ne conserviamo 3: il Mildronate, il Magnerot e il Riboxin. Le scegliamo noi. Non lo diciamo a nessuno. Nessun medico, nessun preparatore atletico, nessun nutrizionista. Solo a papà.  Lo facciamo, diciamo, perché ci è sembrato che il medico precedente abbia posto particolare enfasi su queste tre sostanze e ci siamo convinti che di queste proprio non possiamo farne a meno.

Per tre anni non consultiamo nessun medico se non un generico medico di famiglia. Se ci infortuniamo, ci curiamo con i medici che ci fornisce l’associazione dei giocatori. Facciamo dei test, risonanze magnetiche, analisi a nessuno diciamo che prendiamo quelle sostanze. Nessuno ci chiede nulla e nessuno pare accorgersene.  Quando tornano dei problemi allo stomaco o una sinusite ci rivolgiamo al medico del comitato olimpico. A lui diciamo delle sostanze. E lui ci rassicura, è tutto a posto. Così, anche se non vediamo più il medico che ce li aveva prescritti la prima volta, continuiamo a prendere quei tre farmaci. Però, variamo la posologia. Il medico ci aveva detto di prenderli 30-40 minuti prima della gara? Noi variamo, le prendiamo al mattino, perché poco prima della gara ci procurano brutte sensazioni. Aveva detto di prenderne un’altra se il match diventava lungo? Non lo facciamo, perché non ci piace. Così, sempre senza avvertire nessuno.

Questa è la storia della vicenda Sharapova, così come la racconta Maria. Ancor prima di continuare con l’analisi della sentenza sembra abbastanza chiaro che il racconto non può essere vero, soprattutto nella parte successiva all’abbandono del dottor Skalny, stimato medico russo, che ha agito in conformità con la scienza medica, per quanto potuto verificare dal tribunale dell’ITF. La prima parte della vicenda insomma, è perfettamente ligia alle regole, anche per quanto riguarda l’uso delle sostanze, che effettivamente servono (siamo nel campo medico quindi meglio andar cauti: “ci sono sufficienti ragioni per ritenere che servano”) a contrastare le patologie di cui soffre Maria. Dall’abbandono del dottor Skalny qualcosa dev’essere successo, e di questo qualcosa non abbiamo nessuna notizia.

Abbiamo già detto della stranezza e dell’eccessiva discrezionalità con la quale vengono inseriti nella lista dei farmaci proibiti alcune sostanze e non ci torneremo. E non ci esprimeremo neanche sulle altre incongruenze sia nelle dichiarazioni della Sharapova e del suo agente, sia del tribunale che era chiamato a decidere se ci fosse stato o meno dolo. Il racconto è così poco credibile – Maria avrebbe dato il compito di verificare se i farmaci che prendeva erano o meno nella lista di quelli proibiti al vicepresidente dell’IMG, persona senza nessuna competenza medica – da apparire grottesco (lo stesso agente ha dichiarato di non aver controllato per via di problemi con la moglie che gli avevano impedito di andare ai Caraibi, da dove esercitava il controllo). Ma se Maria ha mentito in modo così grossolano come mai gli è stata riconosciuta la non intenzionalità?

Il tribunale non ha contestato la scarsa verosimiglianza del racconto, ma si è focalizzato in tre punti: 1. se Maria Sharapova aveva deliberatamente omesso di denunciare l’uso del Mildronate; 2. se Maria controllava, e come, se le sostanze che assumeva non erano proibite; e 3. se, altra incongruenza varie volte sottolineata, prendeva il Mildronate per migliorare la sua prestazione (sul terzo punto rimandiamo ancora al nostro “È doping perché lo voglio io“).

Vediamo il punto 1. I giocatori devono periodicamente compilare una scheda in cui indicano i farmaci (anche non proibiti) che hanno assunto. Maria Sharapova ne ha compilate 7 negli ultimi due anni e in nessuno di questi ha mai indicato il Mildronate. Non lo ha fatto, dice, perché erano troppi i farmaci e le sostanze che avrebbe dovuto indicare e quindi si è fermata ai primi due che le sono venuti in mente. Secondo il tribunale questa tesi non è tanto credibile perché visto che c’era poteva metterne un terzo, il Mildronate appunto, ma è una deduzione non del tutto logica, perché il terzo poteva anche essere un altro, se diamo per assodato che per Maria Sharapova erano del tutto indifferenti. Eppure qui il tribunale è durissimo: parla di “posizione insostenibile” (untenable); che “non era possibile fraintendere l’oggetto e l’obiettivo della scheda” (not reasonably be misunderstood); che “doveva sapere che prendere un farmaco prima di un match, e senza nemmeno la prescrizione medica!, era particolarmente significativo”. La posizione è inequivocabile: secondo il tribunale “this was a deliberate decision, not a mistake”. E Maria ha deliberatamente deciso di tenere segreto quello che stava facendo; usare il Mildronate durante la competizione.

Andiamo al punto 2: Maria controllava se quello che assumeva era proibito? In genere sì, lo faceva. Ci sono prove (mail) che scrivesse (lei o il suo agente) alla WTA per informarsi se un dato farmaco contro la sinusite fosse o meno regolare. Nel caso del Mildronate non l’ha mai fatto. E secondo il tribunale il fatto che dovesse farlo il suo agente è del tutto incredibile, considerata la totale incompetenza medica.

La terza questione quella sull’intenzionalità del miglioramento delle prestazioni, viene risolta dal tribunale dicendo che se il farmaco non era proibito fino al 2015 non si può chiedere al giocatore di conoscere il rischio che possa esserlo in futuro. Maria non poteva sapere che il principale ingrediente del farmaco che usava sarebbe stato proibito e quindi è impossibile dire che abbia intenzionalmente violato la normativa, ma per l’ITF non basta. Se la tesi dell’ignoranza della legge è stata pacificamente accettata anche dall’accusa, ciò che sarà probabilmente dibattuto in appello è l’estensione del campo di applicazione dell’articolo 10.2.3, secondo cui Maria ha manifestatamente ignorato il rischio che uno dei farmaci di cui facesse uso potesse rientrare tra quelli proibiti. Ciò renderebbe inammissibile il suo comportamento, equiparandolo alla truffa. Ad ogni modo il Tribunale indipendente nominato dall’ITF ha ritenuto che l’errore fosse genuino, giudicando sulla base della conoscenza effettiva e non su quello che avrebbe dovuto sapere.

Se dal punto di vista della norma il ragionamento sembra impeccabile il problema sostanziale rimane: perché – e su suggerimento di chi – Maria ha continuato a prendere il Mildronate? E perché – e su suggerimento di chi – ha deciso di non parlarne a nessuno? 

Marco Lauria, Roberto Salerno

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