Wimbledon, preview quarti maschili: Roger Federer scopra le sue carte, e occhio a Pouille

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Wimbledon, preview quarti maschili: Roger Federer scopra le sue carte, e occhio a Pouille

La giornata riservata ai quarti di finale maschili ci dirà di più sulle velleità di vittoria finale di Federer, mentre è Murray quello che può avvertire la pressione. E si sono imbucati anche Pouille e Querrey

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Wimbledon, secondo mercoledì, quarti di finale, l’erba consunta a fondo campo e molto più verde nei pressi del net, Federer ritemprato dalle piogge londinesi e non le sue giunture (almeno pare) minacciate dall’umidità, insomma il torneo maschile è così come ce lo aspettavamo. C’è Raonic contro cui nessuno vuole giocare e un favorito n.1 che viene da una sconfitta in finale al Roland Garros. Ma questo favorito non è Djokovic né tantomeno il serbo presidia la parte alta del tabellone come ormai accade da quando ne abbiamo memoria. Dopo essersi preso Parigi Nole si è infilato in un pasticciaccio brutto con Querrey che l’ha sbattuto fuori e ora bussa alla porta delle semifinali, le tasche piene dei centesimi che nessuno avrebbe scommesso su di lui. Quindi il favorito di cui sopra è Murray, che dietro l’ombra del Nole imbattibile non può più nascondersi, l’altra sorpresa è Pouille e quelli che qui li trovi spesso ma poi di rado vincono sono Berdych e Tsonga. Mentre Cilic, chissà, non c’è così spesso ma una volta (quando c’è stato) proprio non ne ha voluto sapere di perdere e Federer non l’ha dimenticato.

Il centrale lo aprono proprio Federer e Cilic alle 14. Titoli sull’erba 15 a 1, vittorie negli scontri diretti 5 a 1, quarti Slam vinti in carriera 39 a 3. Attitudine alla superficie e armi offensive non confrontabili. La sfida è resa meno scontata dall’ultimo precedente degli Us Open 2014 e da una statistica che vuole Marin Cilic molto performante negli incontri che si concludono in cinque set: ne ha vinti 23 su 32. Federer però da quando ha vinto il primo Wimbledon nel 2003 ha fallito l’accesso alle semifinali in sole tre occasioni (e poi quelle semifinali le ha sempre vinte, Raonic e Querrey avvisati). Bisogna precisare che i due giungono alla sfida senza aver incontrato avversari probanti e questo ci priva di alcuni riferimenti, ma le condizioni psicofisiche sembrano buone per entrambi. Senza girarci troppo attorno, però, questo sembra un Federer che una partita del genere non la sbaglia e se proprio deve abbandonare i sogni di gloria improvvisamente fattisi realizzabili con la caduta di Djokovic, beh, aspetterà di farsi impallinare da Raonic o gabbare dal quasi-suddito della regina. A meno che Cilic non sappia essere quel giocatore di New York: servizio ingiocabile e diritto terrificante. Ma sull’erba la partita è diversa e Roger a questo Wimbledon ci crede, e domani anche i suoi tifosi scopriranno se possono crederci.

Sul campo 1 in contemporanea vanno in onda Querrey e Raonic. Non c’è gara di appeal e non solo per il valore degli attori in gioco, ma perché si prevede un reciproco accanimento di servizi vincenti con poco spazio per soluzioni alternative. Il canadese ha rischiato contro Goffin di ripetere l’uscita di scena di Parigi ma questa volta, pur con un avversario ben più forte di quel Ramos che l’aveva sorpreso in Francia, ha rimesso insieme i pezzi giusto in tempo. E risulta difficile credere che contro un tennista che ne emula le caratteristiche, a servizio come nella debolezza sul lato del rovescio, possa perdere il bandolo della matassa. Lo statunitense è stato straordinariamente bravo già contro il difficile Rosol e poi contro Mahut, uno che sull’erba ci ha vinto e ci sa giocare. Ora dovrebbe inventarsi qualcosa che tatticamente non gli si può riconoscere senza dover immaginare una grossa sorpresa. Gli scontri diretti vedono in vantaggio Sam (2-1) ma sono piuttosto datati sebbene una delle due sconfitte del canadese sia maturata proprio qui a Wimbledon nel 2012. Milos – non dimentichiamolo – è al sesto posto nella race (ma sarà quarto dopo Wimbledon) e nel 2016 ha vinto 35 partite su 43 oltre a 20 tie-break su 25. La gara di tiro al piattello dovrebbe quindi sorridere al canadese, che raggiungerebbe così la sua terza semifinale Slam e la seconda londinese per la possibile rivincita della sfida del 2014 contro Federer.

Nel pomeriggio sul centrale Murray e Tsonga daranno il cambio alla sfida svizzero-croata. Il nuovo favorito del torneo non ha palesato la minima incertezza contro Kyrgios che pure si è prodigato affinché lo scozzese non faticasse troppo. E non serve rimarcare i nove quarti consecutivi sui prati di Church Road o la posizione di indiscusso numero 2 del circuito per affermare che questo Murray non solo ha i mezzi per liberarsi senza troppi affanni del francese e poi del vincente dell’ultimo quarto di finale, ma anche di regalare una seconda gioia al Regno Unito. Jo è sempre quel tennista generoso e coraggioso che sa spiazzare con tutti i colpi ma ad ogni torneo perde un po’ del suo antico vigore. Gli servirebbe una partita totalmente verticale, perché da fondo non può reggere il ritmo di Murray, gli sarebbe necessario prevalere sulla diagonale di diritto, in generale dovrebbe proporre almeno 3 ore di grandissimo tennis. Andy non starebbe a guardare, sbufferebbe e riporterebbe la partita sui canoni che preferisce. Diciamo 3-1 per il più piccolo dei Murray e già siamo generosi col sorrisone di Tsonga.

Berdych-Pouille è il quarto meno nobile banalmente per somma delle due teste di serie, che dà come risultato 42. Berdych è la numero 10, Pouille l’ultima disponibile per regolamento. Ma potrebbe essere il più combattuto. Perché Berdych è sempre inesorabilmente la continuità al potere, la capacità di non perdere praticamente mai le partite che non deve perdere e di non essere invece troppo d’impiccio per i big quando la faccenda si fa seria. Sì, il ceco è tutte queste cose ma ultimamente è anche più nervoso del solito, un giocatore che pur con tutta l’esperienza del caso non sembra più infallibile in queste partite. Contro Vesely ha rischiato grosso e soprattutto ha finito di giocare ieri. Pouille al contrario è in silente ascesa, più riposato e sicuramente più tranquillo sul terreno di gioco. Non può vantare il tennis potente di Tomas ma può provare a domarlo col suo gioco ragionato come ha fatto con Tomic, può provare a irretirlo con le sue variazioni e privilegiare alcune soluzioni (pensiamo al dropshot) che nel suo repertorio non mancano e possono dar fastidio a Berdych. I due non si sono mai affrontati e questo probabilmente non avvantaggia il ceco. Berdych rimane il tennista da pronosticare perché anni di costanza ad alti livelli ne fanno il logico favorito, ma occhio a Lucas Pouille. Il francese potrebbe ritrovare in semifinale Murray dopo la sfida di Roma, quando la sua grande settimana era passata un po’ sotto traccia per via dell’ottimo stato di forma dello scozzese.

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