Non vi fidate di Serena Williams e Roger Federer: possono giocare benissimo ma anche malissimo (video) - Pagina 2 di 3

Editoriali del Direttore

Non vi fidate di Serena Williams e Roger Federer: possono giocare benissimo ma anche malissimo (video)

Sono gli scherzi dell’età avanzata. Tanti esempi: Pete Sampras, Martina Navratilova, Stefan Edberg, Adriano Panatta…

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Ho potuto constatare in tanti anni che seguo il tennis che quando un tennista invecchia (ripenso agli ultimi anni di Navratilova, Panatta, Edberg, Sampras) non sono tanto le sue punte di rendimento a calare vertiginosamente, quanto la continuità ad alto livello.

Martina Navratilova nel ’94 aveva ancora punte di rendimento nettamente superiori a Conchita Martinez, eppure nella finale di Wimbledon nella quale pareva favoritissima per aggiudicarsi il decimo Wimbledon contro la spagnola che addirittura aveva saltato innumerevoli Wimbledon ritenendo di non essere un’erbivora, giocò molto al di sotto di altre sue prestazioni di quello stesso anno e inopinatamente perse. Stesso discorso potrei fare per Edberg nel ’96, l’anno del suo annunciato canto del cigno: lo vidi giocare un match stupendo a Parigi-Bercy contro Michael Stich, dominandolo, e poi pochi giorni dopo invece perse al torneo di Stoccolma da Nicklas Kulti (contro il quale non avrebbe mai dovuto perdere) giocando da cani! E che dire di Pete Sampras che a Wimbledon nel 2002, sul campo n.2 (quello che chiamavano the “Graveyard of Champions”, il Cimitero dei Campioni, perché ci avevano perso in tanti: Connors, McEnroe, Agassi e mille altri) perse al secondo turno dallo svizzero George Bastl che era in crisi nera e proveniva dalle qualificazioni? Soltanto tre mesi dopo Pete Sampras avrebbe vinto il suo quattordicesimo Slam, trionfando all’US Open 2002 quando tutti lo davano per finito.

Giusto per restare in casa nostra citerò Adriano Panatta, classe 1950. Già dal ’79 in poi entro in fase declinante, forse perché si allenava poco e male e non aveva il fisico di Nicola Pietrangeli che poteva permetterselo e infatti restò competitivo fino a quasi 40 anni.

Adriano nel ’79 perse qui a Wimbledon da Pat Du Pré nei quarti un match che se avesse giocato come ancora sapeva avrebbe vinto di sicuro. Ma già allora, a 29 anni, e poi a 30 prima di ritirarsi a 33, Adriano dallo smisurato talento, poteva ancora giocare benissimo dei giorni e malissimo in altri trasformando modesti comprimari in apparenti fenomeni.

Adriano, un po’ come gli altri esempi che ho fatto, Navratilova, Edberg e Sampras, erano giocatori dal tennis brillante: se la percentuale di servizi di uno di loro calava del 10 per cento lì per lì nessuno se ne accorgeva, se i loro attacchi erano più corti di 10 centimetri idem, se la loro velocità di gambe erano inferiore di qualche decimo di secondo era difficile realizzarlo per qualunque spettatore. Un po’ come quando il saltatore in alto salta due centimetri meno del suo rendimento più abituale: se non ci fosse la tv che mostra l’altezza esatta cui viene posta l’asticella, chi mai se ne accorgerebbe? Solo gli avversari che approfitterebbero per battere il “vecchietto” in giornata no.

Di esempi, al di là dei quattro appena fatti, ne potrei fare mille. Quindi come giocherà Serena Williams – oggi ad esempio travolgente a prescindere dalla mediocre opposizione della Vesnina – nessuno può saperlo. Meno di tutti lei. Forse qualcuno si attendeva che dopo averla sempre dominata potesse perdere da Roberta Vinci quel magico giorno (per noi) a Flushing Meadows?

Tutto quel che ho scritto per Serena Williams in funzione anti-Kerber, vale anche per Roger Federer atteso a piè fermo da Milos Raonic. Se due anni fa il gigante canadese, qui in semifinale per la prima volta, poteva essere un’incognita – la prima volta lo è quasi sempre, come un esordio in Coppa Davis – e difatti contro Federer giocò un match decisamente sotto alle proprie (e generali) aspettative, adesso, due anni dopo, sono invece più pronto a considerare molto più prevedibile il rendimento di Raonic che quello di Federer. Perché?

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