Wimbledon, le sorprese non finiscono mai - Pagina 2 di 2

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Wimbledon, le sorprese non finiscono mai

Ai Championships cade anche la testa di serie numero 1 Simona Halep, lasciando ancora in gara una sola Top 10: Karolina Pliskova

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Il secondo ottavo della parte alta sarà quello tra Ostapenko e Sasnovich. Dopo l’impresa di primo turno contro Kvitova, Sasnovich continua a macinare risultati: ha lasciato sei game a Townsend e quattro a Gavrilova (testa di serie 28: 6-3, 6-1). Dopo avere tenuto botta al tennis potente di Kvitova, lunedì sarà chiamata a un’altra impresa contro quello di Ostapenko. Sicuramente Jelena serve meno bene di Petra, ma probabilmente risponde meglio, e non tira meno forte da fondo campo.
Ostapenko ha messo fine alla favola della qualificata Vitalia Diatchenko (che aveva battuto Sharapova). A dispetto dei nomi con il finale in “enko“ non è stato un derby ucraino, ma una partita tra una tennista lettone e una russa. Ho seguito una parte del loro match (ma non dal vivo) e il 6-0, 6-4 direi che restituisce lo scarto di valori: gli oltre cento posti di differenza nel ranking sono emersi spesso.

Ho invece visto dal campo il secondo set tra Barty e Kasatkina. E al di là del risultato (vittoria di Daria per 7-5, 6-3) ho ricavato impressioni non positive da Ashleigh Barty. Chissà, forse non era la sua giornata, ma devo dire che fino a ora è stata la tennista che in questo Wimbledon mi ha dato la più evidente impressione di giocare con il freno a mano tirato. Certo, stiamo parlando pur sempre della numero 17 del mondo, ma si rimane perplessi nel vedere una giocatrice che usa così tanta cautela al momento di colpire.
Ad esempio nell’eseguire lo slice di rovescio: perché un conto è imprimere al colpo una blanda rotazione, un altro è caricarlo di backspin velenoso. Il primo tipo di esecuzione anche sull’erba rimbalza quasi innocuo, il secondo diventa temibile come un serpente. In tutto il set che ho seguito dal vivo, solo una volta Barty ha davvero “spinto” il colpo, facendo schizzare via la palla. Gli altri sono stati tutti slice interlocutori. Ma affrontando in questo modo un grande torneo come Wimbledon, difficilmente si riuscirà ad arrivare in fondo. E infatti anche se Kasatkina non è una erbivora, ha ugualmente saputo approfittarne. Era quasi inevitabile.

Avversaria di Kasatkina sarà Alison Van Uytvanck, che ha sconfitto la testa di serie 28 Anett Kontaveit, confermando di essere in ottima condizione dopo la vittoria contro Muguruza. Purtroppo non ho visto il match, quindi posso solo rifarmi ai numeri: 6-2, 6-3, in 75 minuti di gioco con un saldo vincenti/errori non forzati di +1 (14/13). Van Uytvanck ha perso il servizio solo una volta in tutto il match (nel secondo set): dati che suggeriscono l’idea di una partita in controllo.

Ho invece visto una porzione (non tutta, maledette sovrapposizioni di programma) di Bencic vs Suarez Navarro. A parte un tentativo di reazione di Suarez nel finale, Bencic ha fatto valere la maggiore attitudine alla superficie. Sulla terra il risultato avrebbe potuto essere diverso, sull’erba non ha certo sorpreso il 6-0, 7-6 conclusivo.

Infine la partita che attendevo di più, quella tra Kerber e Osaka, di cui trovate la cronaca nel dettaglio QUI. Un match che ricorderò soprattutto per l’atmosfera insolita, distratta, del Centre Court. Il confronto non è riuscito a coinvolgere gli spettatori, che seguivano quasi più la partita di calcio dell’Inghilterra (dai livescore degli smartphone) che il tennis sul campo.

Sicuramente non era l’ambiente ideale, ma se il pubblico non si è mai realmente appassionato molto è dipeso dal fatto che la partita non è agonisticamente decollata. Kerber ha cominciato con un break a proprio favore nel primo game, e dopo pochi minuti era sopra 5-1. E anche nel secondo set, a parte un paio di game più equilibrati, non ha mai perso il controllo delle operazioni. Osaka non è riuscita a far pesare gli aspetti che sulla carta sembravano a suo vantaggio: la maggiore potenza e l’efficacia del servizio.

In conferenza stampa Naomi ha restituito le sue sensazioni del match; più che dell’aspetto tecnico-agonistico ha descritto l’esperienza nel suo insieme. Ha detto: “Per quanto mi riguarda, penso che sia andata piuttosto male. Era la mia prima volta sul Centre Court e avrei voluto divertirmi di più. Lo avevo visto tante volte in TV, e il mio esordio me l’ero immaginato in un altro modo. La cosa che mi dispiace di più è che non sono riuscita a godermi il momento”.

Se le cose per Naomi sono andate in questo modo, grande merito va riconosciuto ad Angelique Kerber, che in questo match mi è sembrata la classica giocatrice esperta, concreta, che sa come tenere a bada le giovani rampanti. Lei ormai sul Centre Court è di casa, ci ha giocato perfino una finale. E si è visto: ha spento sul nascere ogni velleità di Osaka, che dopo l’avvio difficile non è stata in grado di cambiare marcia.

Tra le giocatrici che ho potuto seguire nella parte alta di tabellone, Angelique mi è sembrata forse la più solida e convincente in prospettiva. Considerato che questo è il Wimbledon delle sorprese, verrò probabilmente smentito al prossimo turno, ma secondo me questa Kerber può arrivare in fondo, anche se Bencic non è da sottovalutare.
Impressionante il saldo finale di Angelique (vincenti/errori non forzati): +18, con appena 5 errori gratuiti (23/5). Non ha regalato davvero nulla all’esordiente Naomi, che pure ha chiuso con numeri positivi: +6 (28/22).  A proposito di Osaka: con Konjuh eliminata al primo turno (ma era convalescente dopo i guai al braccio) sono rimaste ancora in corsa tre giocatrici nate nel 1997: Bencic, Kasatkina e Ostapenko. A conferma che, malgrado tutto, si tratta davvero di una annata speciale per il tennis femminile.

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