Focus
L’addio di Murray: Andy di Dunblane che sfidò gli dei
Allenamenti e fisioterapia per continuare a competere nell’anno che verrà: senza più il bisogno di confrontarsi con la storia

Ubitennis ripropone quest’articolo di Agostino Nigro su “L’Umano Murray che sfidò gli Dei”, pubblicato lo scorso 7 dicembre. Se lo leggerete capirete perchè.
Scalare una montagna non deve essere facile, specie per chi è nato in un posto dove la montagna più alta fatica a stare al passo coi palazzi di Dubai. Specie se la montagna scalata si è chiamata prima Roger Federer, poi Rafael Nadal e infine Novak Djokovic. Tre cime di Lavaredo. Come tutti sanno, ad avercela fatta, ad averle scalate tutte e tre c’è riuscito un solo uomo: qualcuno che anche approfittando di correnti ascensionali favorevoli, si è seduto in vetta a rimirare il dorso delle nuvole. Andrew Barron Murray è Ufficiale dell’Impero Britannico nonché Cavaliere di Sua Maestà la Regina. Ed è anche quello per anni si è tagliato i capelli da solo e che viene dalla Scozia più vera, quella dove tutti bevono le pinte e smadonnano gli Inglesi. Tranne lui che è astemio, tranne lui che gli Inglesi non si sa.
Insomma, questo concentrato di miseria e nobiltà deve aver gradito lo spettacolo sul finire dell’anno 2016. Si deve essere voltato indietro nei giorni, verso le prime lezioni con mamma Judith, le sconfitte da bambino contro Jamie, la scuola spagnola da 30.000 euro all’anno, gli allenamenti sempre più costanti, sempre più intensi, mentre erano altri ad accarezzare il cielo. Pensava a queste cose in vetta, giusto il tempo di sorbire un tè in cima al mondo. Trascorreva un caldo inverno malgrado l’altitudine. Si sa che poi il corpo ha pagato lo sforzo. Si sa che i chiodi piantati sulle pareti nord e sud sono saltati. La cordata, da tesa che era, è caduta floscia al suolo e le montagne sono tornate ad essere impossibili da scalare. Da un 8000 hymalaiano Andy è tornato scozzese come non mai, al Ben Nevis delle Highlands. Plaid a quadroni sulle ginocchia e sulle anche operate, il freddo umido della pianura e dell’800esima posizione mondiale. Da un 8000 a 800: questione di uno zero.
Pare ore che alla vigilia di questo 2019, Andy Murray, il Ringo Starr del quartetto che ha segnato l’anomalia di questi ultimi quindici anni di palla e racchetta, sia di nuovo al campo base, prossimo ai 32 anni. Allenamenti e fisioterapia a Miami, specialisti dei recuperi miracolosi assoldati, acqua di Lourdes, palme e merengue. Nessuna montagna all’orizzonte fisico. Se potessi intervistarlo gli chiederei: “Non credi che possa bastare?”. Lui che è intelligente, almeno come gli altri tre e forse più, borbotterebbe. Sia chiaro. La domanda suonerebbe diversa rispetto alle solite domande sul ritiro di Federer. Quando chiedono allo svizzero “non credi che possa bastare?”, in realtà è perché le persone vogliono esserci, partecipare ad un pezzo di storia. Vogliono essere tutti a Times Square quando esploderà l’armistizio o sul muro di Berlino quando i Vopos se ne andranno di nuovo in birreria.
Chiederlo ad Andy Murray, invece, suonerebbe paterno e protettivo. Sarebbe un “non vedi cosa c’è là fuori che ti aspetta?”. “Non vedi che quei tre sono ancora là fuori, mentre si corrono addosso alla ricerca dell’ultima impresa, quella che metterà tutti d’accordo, persino i cani e le pietre?”. Insomma, non sarebbe meglio per Andy restare dov’é? Non potrebbe trovare una riedizione di quella cattedra robusta e sicura che tenne al riparo lui e Jamie da Thomas Hamilton 23 anni fa? Gli resterebbe una foto da appendere: la foto di un giorno passato al di sopra degli dei. Così, da condurre per mano i figli di Sofia Olivia Murray, portarli nella stanza del nonno, quella che nessuno deve toccare, dove si spolvera con la stessa sensibilità del suo rovescio, per mostrare loro dov’era arrivato anni prima, Lui, così Prometeo, così semplicemente umano al cospetto del Divino, del Diabolico e del Robotico.
Nessuno invita Andy Murray al ritiro. Il tennis moderno è diventato ormai il meridione d’Italia dove a 32 anni sei ragazzo. Ritirarsi a quella età suonerebbe scortese verso gli ospiti. Ma una sana iniezione di normalità da Andy forse è lecito aspettarsela. Mentre continuano a competere tre tennisti che da soli hanno vinto un quarto di tutti gli Slam disputati nell’Era Open, a me personalmente occorre un primo degli umani, un archetipo di ribellione contro i tre di cui sopra e contro la loro stucchevole sete di vittorie. Un tennista, sia chiaro, che non sia nulla di meno di quel che è stato il Murray tennista, ma che non competa per una storia che sarà comunque dimenticata. Un Andy Murray che viva per il momento, per lo stare in campo, senza la pressione di sentire che lui è un Fab four e che deve tenere il passo.
Lo lascino in pace gli inglesi tutti, i tabloid, i Reali (che sotto sotto amano di più il classy Roger), e così lo lasceranno stare anche le aquile di Zeus che mangiavano il fegato al suo predecessore. Avremmo un Prometeo non incatenato al passato, già punito una volta per avere tentato di fare gara pari con gli dei. E quando Jamie tornerà a dirgli che adesso è tutto ok, che adesso si può uscire davvero, più nessun rimpianto. Perché c’è una foto incollata al muro che lo ritrae, unico umano, mentre siede sul trono rubato agli dei.
Agostino Nigro vive e lavora a Napoli Nord. Ha costruito le sue scarse fortune tennistiche sul suo rovescio a una mano, eppure vive di diritto
ATP
Italiani in campo sabato 30 settembre: a Pechino Arnaldi sfida Jarry, esordio per Trevisan e Cocciaretto
Matteo Arnaldi cerca un posto nei quarti. Cocciaretto e Trevisan nel main draw, Bronzetti al turno decisivo delle qualificazioni

Chissà se Nicolas Jarry ha ancora gli incubi notturni in tonalità azzurra. Fatto sta che incrocerà nuovamente i colori italiani anche all’ATP di Pechino. Sarà Andrea Arnaldi il suo avversario agli ottavi del torneo. Per il sanremese la speranza di procedere spedito in questa competizione.
Come al solito, in terra cinese, week-end denso di appuntamenti e il sanremese avrà modo di mettere in difficoltà il n. 1 di Cile. La sfida tra questi due tennisti è la prima in assoluto. Start alle ore 6.30 italiane di sabato.
Le quote pendono dalla parte del cileno favorito a 1.75 contro i 2.20 dell’azzurro sui principali bookmaker, con qualche oscillazione, nelle ultime ore, in favore dell’azzurro.
In campo femminile, Elisabetta Cocciaretto sfiderà Marta Kostyuk nel primo turno WTA 1000 di Pechino. L’azzurra sarà in campo alle ore 6.30 contro l’ucraina apparsa in gran forma nell’ultimo periodo. Unico precedente tra le due tenniste è quello del torneo 2023 di Miami, con l’azzurra sconfitta 6-3 6-2. Cocciaretto sfavorita a 2.85, mentre la vittoria dell’ucraina è quotata 1.39. Martina Trevisan, invece, sfiderà Tatjana Maria nel primo turno del WTA di Pechino. Unico precedente tra le due tenniste risale al 2019 al torneo di Acapulco. Tedesca che vinse in due set. Quote pressoché alla pari, con il divario più ampio offerto da bwin: Martina 1,87, Tatjana 1,90.
Sempre a Pechino, si completeranno le gare per l’ingresso nel tabellone principale del torneo. In campo l’azzurra Lucia Bronzetti alle ore 8.00 italiane. La n. 65 del ranking affronterà Ashlyn Krueger. Non ci sono precedenti tra le due, con le quote che vanno da 1.64 di Eurobet per l’americana a 2.18 per l’italiana.
Flash
Wim Fissette scarica Qinwen Zheng: ritorno con Naomi Osaka?
La notizia emerge a margine dell’oro agli Asian Games della cinese: “Ha infranto il contratto”

Brutte notizie arrivano per Qinwen Zheng dopo la medaglia d’oro conquistata in singolare agli Asian Games (vittoria le dovrebbe valere la qualificazione per Parigi 2024). La numero 1 cinese si dovrà separare dal suo allenatore Wim Fissette con cui aveva iniziato una collaborazione nello scorso giugno: il coach, capitano del Belgio in Billie Jean King Cup, avrebbe infatti deciso di tornare da Naomi Osaka, che rientrerà nel circuito nel 2024 dopo la pausa per la maternità.
Una collaborazione che è stata discretamente proficua in questi mesi, considerato che Zheng ha conquistato a Palermo il suo primo titolo a livello WTA e il primo quarto di finale a livello Slam allo US Open. Una vera e propria beffa per la classe 2002 di Shiyan che aveva dato il benservito a Pere Riba, insoddisfatta dei risultati con l’allenatore spagnolo. L’iberico di lì a poco si sarebbe “accasato” con Coco Gauff, portandola insieme a Brad Gilbert a vincere Washington, Cincinnati e lo US Open.
“Fissette ha infranto il contratto, ed è stato molto immorale – sono le parole della cinese riportate da diversi media dopo la finale vinta contro la connazionale Zhu Lin – capisco la sua decisione, ma io e la mia famiglia ci sentiamo feriti. In questo momento, non voglio parlare di questa persona”. Una situazione davvero spiacevole per una giovane come Zheng che aveva investito le sue risorse in un allenatore esperto come il belga e ora si ritrova a piedi in una condizione piena di incognite: il talento è grande, ma ancora la cinese deve trovare una figura stabile che riesca a incanalare il suo grande potenziale. Evidentemente non sarà Fissette.
Flash
WTA Ningbo: in finale Jabeur e la sorpresa Shnaider, sconfitte Podoroska e Linda Fruhvirtova
La tunisina disinnesca con attenzione il dritto dell’argentina, la russa si impone facilmente nella contesa tra giovanissime

Al Ningbo Open le due semifinali emettono verdetti positivi per la testa di serie numero uno Ons Jabeur e per la sorpresa russa Diana Shnaider.
D. Shnaider b. L. Fruhvirtova 6-4 6-1
Diana Shnaider prevale nella sfida tra teenager contro Linda Fruhvirtova nella prima semifinale del Ningbo Open. La classe 2004 russa supera in poco più di un’ora e mezza la ceca più giovane di lei di un anno imponendo il proprio robusto forcing con il dritto ma giocando anche alcune traiettorie di rovescio in particolar modo incrociate che sono risultate molto importanti per neutralizzare le risorse della rivale. Fruhvirtova si è trovata in tal modo spesso impegnata a rincorrere: il suo gioco di contenimento le ha permesso di rimanere a galla per quasi tutto il primo set. Poi la moscovita ha dilagato.
Nella prima frazione l’atleta di Praga trova per prima il break nel secondo gioco, approfittando di un dritto lungolinea di poco largo di Shnaider. Il vantaggio dura poco e la ceca lo rende mettendo in rete uno smash a rimbalzo. Sullo slancio la russa sale 4-2 strappando nuovamente il servizio alla rivale alla sesta palla break del game. Diana è sempre più in palla e dimostra i suoi miglioramenti in fase difensiva annullando una palla per il controbreak con un dritto lungolinea in corsa irraggiungibile per l’avversaria.
Le è sufficiente tenere ancora un turno alla battuta e il primo set è suo: tre ace a testa ma cinque doppi falli per chi ha perso contro due per chi ha vinto. Il secondo parziale conferma la tendenza degli ultimi game e Shnaider infila 5 giochi consecutivi prima di subire un break che non fa male: al termine è un 6-1 in 37 minuti.
Per Fruhvirtova un torneo che le ha comunque consentito di rompere la serie negativa di 9 sconfitte consecutive con relativo crollo in classifica oltre la centesima posizione. Per Shnaider una vittoria che vale la prima finale nella carriera e il miglior piazzamento nel ranking, vicinissimo alla sessantesima posizione. Che ovviamente può ancora migliorare…
[1] O. Jabeur b. N. Podoroska 6-3 1-6 6-2
La testa di serie numero 1 del tabellone Ons Jabeur “riempie il contratto” ed entra in finale superando l’Argentina Nadia Podoroska con il punteggio di 6-3 1-6 6-2.
La numero 87 del ranking non sfigura e oltre a conquistare nettamente il secondo set, nel resto del match riesce a tratti a mettere alla frusta le qualità difensive in back della settima giocatrice del mondo, che è però brava a non perdere la concentrazione e a giocare con buona continuità i due parziali vinti.
Jabeur cede in apertura la battuta e la recupera nel quarto gioco: la tennista sudamericana fa ottimo uso del dritto e conduce spesso gli scambi da fondo campo, ma una volta subita la rimonta, perde smalto e subisce un secondo break nell’ottavo gioco, che l’atleta nordafricana conquista con un portentoso dritto inside-out. Chiusa la prima partita nel game successivo, Jabeur, quasi soddisfatta del successo parziale, lascia l’iniziativa a Podoroska, che in poco più di mezz’ora pareggia il conto dei set lasciando un solo gioco all’avversaria.
L’inizio del set decisivo è forse il momento più delicato per Jabeur, che sul punteggio di 2-1 manca una palla break e si fa nuovamente raggiungere dall’argentina. Da qui in poi però il rendimento di Nadia cala nettamente e Ons trova il break a zero per un 4-2 che diventa 6-2 poco dopo.