Petra Kvitova: “Sapevamo di poter finire in isolamento”

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Petra Kvitova: “Sapevamo di poter finire in isolamento”

La campionessa ceca si racconta a Tennis Majors. Tra il lavoro della off-season e le difficoltà della quarantena australiana

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Petra Kvitova - Roland Garros 2020 (via Twitter, @rolandgarros)
 

A Melbourne con il coach e il fisioterapista, Petra Kvitova si sta preparando per lo Slam di cui è stata finalista due anni fa, sconfitta da Naomi Osaka. La compagna di allenamento prescelta, Amanda Anisimova, è però risultata positiva al test effettuato ad Abu Dhabi e non è potuta partire per l’Australia. Non si è perfezionato nemmeno l’accoppiamento con Jennifer Brady, tra le sfortunate passeggere di uno degli aerei “infetti”, così ora scambia con l’altra Petra, la croata Martic, “una brava ragazza”, dice la due volte campionessa di Wimbledon nell’intervista concessa a Tennis Majors in cui racconta le sue giornate, le regole della quarantena, l’atteso ritorno del pubblico sugli spalti e altro ancora.

Petra ha i suoi tempi, suoi ritmi, lo sappiamo, quindi non tutte le quarantene vengono per nuocere.“Onestamente, sono una di quelle fortunate: posso uscire almeno per allenarmi. Ma, in generale, ho lavorato molto durante la off-season e finalmente ho un po’ di tempo per riposarmi” ammette. “Così, in realtà, mi godo anche il tempo libero. Guardo delle serie ceche, bevo un caffè, leggo l’ultimo libro giallo, chiamo amici e familiari e, certo, devo anche fare esercizio fisico. C’è comunque tanto da fare”.

Come già avevano rilevato diversi tennisti, la sicurezza colpisce per la rigidità di alcune regole, ma si tratta di abituarcisi e comprendere il quadro generale. “Sono molto severi” conferma Petra. “Non puoi aprire la porta perché ti va, ma solo quando ti portando da mangiare e bussano. All’inizio, nessuno conosceva davvero le regole e sentivo spesso le porte aprirsi. Una volta ho provato a spiegare di averla aperta perché non sapevo se il pasto fosse arrivato mentre dormivo e quelli della reception mi hanno detto di chiamarli la prossima volta, in modo che possano mandare qualcuno a vedere se c’è qualcosa di fronte alla mia porta e avvertirmi. Ho detto ‘va bene’, ma penso che sia più semplice aprire la porta di dieci centimetri” aggiunge la nostra con comprensibile perplessità. “Era dura all’inizio, ma ora le cose si sono sistemate e vanno via lisce”.

Per quanto riguarda i contatti con i colleghi (e con chiunque altro), più che limitati sono pressoché inesistenti. “Naturalmente possiamo parlarci al telefono, ma non vedo nessuno, davvero. Anche quando siamo sulla navetta per andare ai campi, ci sono due metri di distanza e devi disinfettarti le mani tipo cinque volte prima di arrivare e lo stesso al ritorno. È molto rigoroso, ma capisco che è importante”.

È consapevole delle critiche da parte di alcuni giocatori costretti all’isolamento per 14 giorni e sa che Craig Tiley conosce perfettamente la situazione. “Da un lato, è più che comprensibile la frustrazione dei giocatori; dall’altro, so che è difficile, ma dobbiamo conviverci. Io non sono rinchiusa e loro sì, ma Tennis Australia sta cercando di aiutarli con l’equipaggiamento, i pesi, le cyclette. Credo che tutti sapessimo più o meno che sarebbe potuto accadere di finire in quarantena dura”. Per essere precisi, quella che per loro è quarantena dura altro non è che “quarantena” per qualsiasi altra persona. Chiamiamola allora isolamento per distinguerla da quella che consente di uscire per allenarsi. “Probabilmente, pensavamo di avere fortuna e poter giocare, ma c’era comunque questa possibilità”.

Al momento dell’intervista, Petra non aveva ancora sentito di cambi di programma nella settimana che precede lo Slam per aiutare chi non ha potuto allenarsi, ma in questi giorni ci sono state novità, come un nuovo torneo riservato alle tenniste ora in isolamento e la riduzione a un solo turno delle qualificazioni per i due WTA 500, mentre l’inizio dei due ATP 250 è stato posticipato di ventiquattro ore. ”Credo però che tutti stiano pensando più all’Australian Open perché i tornei precedenti sono una sorta di preparazione – importante, ma meno dello Slam”. Qui Kvitova sembra un po’ mancare il punto e aggiunge che, in termini di tempo per l’allenamento in campo, ci sarà un po’ differenza, “ma credo che tutti sappiano come si gioca a tennis e si rimetteranno presto sulla strada giusta. È sicuramente difficile”. Un punto su cui si è espresso in termini ben diversi il preparatore atletico di Andy Murray che, estremizzando all’opposto, vede importanti rischi per il fisico di quei giocatori.

Tra campo, palestra e cibo, i tennisti non “isolati” hanno cinque ore a disposizione. Quasi certamente a qualcuno stanno strette, ma a Kvitova? “Se devo essere sincera, per me è sufficiente. Gioco circa un’ora e mezza compreso il riscaldamento, poi vado dritta in palestra per un’ora, un’ora e mezza al massimo. Immagino che per altri probabilmente non sia abbastanza giocare solo una volta al giorno, ma a me va benissimo” assicura la trentenne di Bilovec. “Sto diventando vecchia e ho bisogno di salvaguardare un po’ il corpo”.

Kvitova ha giocato tre tornei nella seconda parte della stagione 2020: dopo l’uscita precoce al Western&Southern Open, sono arrivati gli ottavi allo US Open e la semifinale di Parigi. “So che ci sono persone che stanno perdendo il lavoro, quindi sono molto riconoscente per l’opportunità di competere. E non è facile neanche per chi gioca, con tanti tornei cancellati”. Quella decina di incontri è stata però sufficiente a farla abituare all’assenza (o quasi) di pubblico, tanto da pensare che, se saranno ammessi molti spettatori a Melbourne, “sarà assolutamente diverso, mi darà la pelle d’oca”. I tornei dello Slam e le Olimpiadi sono i cinque obiettivi della stagione di Petra, che spera di “restare in salute e giocare del buon tennis, come ho cercato di fare durante tutta la carriera”.

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