Berrettini: "Mi sento un Top 10, non ho mai dubitato del mio livello"

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Berrettini: “Mi sento un Top 10, non ho mai dubitato del mio livello”

L’azzurro commenta la vittoria di Belgrado: “Ho avuto più occasioni di Karatsev, direi che è stato il mio miglior tie-break di sempre!”

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Matteo Berrettini - ATP Belgrado 2021 (via Twitter, @atptour)
 

“Dopo una sconfitta torno sempre più forte”. Questo è stato il leit motif della conferenza stampa di Matteo Berrettini a seguito della vittoria di ieri contro Aslan Karatsev nella finale del torneo di Belgrado. Il tennista romano si è soffermato più volte sulle difficoltà di questi ultimi mesi e sul significato di questa vittoria: “Mi dà molta fiducia, non che l’avessi persa ma venivo da un infortunio patito in un momento in cui stavo giocando benissimo in Australia. Strapparsi l’addome non è un infortunio semplice quando poi devi andare a servire di nuovo. Comunque sono contento perché ho visto che non mi servono troppe settimane o troppi match per tornare ai miei migliori livelli“.

L’INFORTUNIO, MONTECARLO E LA RIVALSA

“Venivo da un periodo difficile, sia per l’infortunio che dal punto di vista mentale, perché una cosa è stare bene e l’altra è essere pronti al 100 percento a giocare il proprio miglior tennis”, ha detto. La sconfitta di Montecarlo [con Davidovich Fokina, ndr] è stata molto dolorosa, ma con il mio team ci siamo detti che è una cosa positiva, perché significa che ci tengo molto. Dal giorno successivo ho iniziato ad allenarmi molto duramente per essere nella miglior forma possibile, e questi sono i risultati”.

Tornando sulla sconfitta al secondo turno del Principato, ha continuato: “Sono stato triste per un paio di giorni, mi allenavo con fatica, e Vincenzo [Santopadre] è stato tosto perché non mi ha permesso di sottrarmi alle difficoltà; dal giorno successivo gli ho detto, ‘voglio giocare come se fossimo in partita’, perché ritenevo che a Montecarlo mi fosse mancata soprattutto quell’attenzione, in termini di gioco non mi ero sentito male. Il tennis è prima di tutto uno sport mentale, quindi se l’attenzione vacilla anche il gioco ne risente. Ho lavorato con il mio mental coach per capire cosa mi stesse dando più fastidio e ci abbiamo lavorato giorno dopo giorno, attraversando anche i giorni in cui volevo uscire dal campo perché non ce la facevo più, ma è così che si costruisce un giocatore”.

LA FINALE: IL LIVELLO DI KARATSEV E IL PRIMO TITOLO DAVANTI AI GENITORI

Dei suoi quattro titoli, questo è il terzo conquistato sulla terra battuta. Per qualcuno questa potrebbe essere una sorpresa se si considera il precipuo ruolo del servizio nel suo gioco, ma lui non la vede così: “Sono cresciuto sulla terra [la superficie, non il pianeta, quello sarebbe pleonastico, ndr], ce l’ho nel sangue e nelle vene, quindi non sono stupito di aver vinto il mio terzo torneo su questa superficie. La cosa importante è che mi sento a mio agio su tutte”.

Parlando dei match del weekend, i residui dubbi sulla consistenza di Aslan Karatsev ad altissimi livelli sono stati sciolti dalla sua vittoria di ieri contro il numero uno al mondo Novak Djokovic in oltre tre ore di grande tennis. Non è un mistero che per molti addetti ai lavori (forse quelli un po’ meno attenti) il russo sia stato la grande scoperta di inizio 2021, ma Berrettini, come molti colleghi, è sempre stato consapevole del suo valore: “Sono molto oggettivo, e ho riconosciuto che quello di ieri è stato un match pazzesco, anche perché loro due si incastrano bene. Lo rispettavo anche da prima del match con Djokovic, mi ero allenato con lui una volta, e so che gioca benissimo. Alla fine, però, lui meritava di essere in finale, ma lo meritavo anch’io. In una finale conta chi vuole vincere di più, non contano le classifiche, conta chi è più pronto, e oggi immagino di essere stato migliore di lui. Quando le mie armi funzionano tutti devono stare attenti, e anche se lui sabato ha giocato bene ero convinto di vincere“.

Dopo aver dominato il primo set, Berrettini si è trovato in lotta nel terzo, non riuscendo a sfruttare un break di vantaggio e un match point sul 6-5. Alla fine, però, ha sempre saputo di avere qualcosa in più: “Come ho detto al mio team, ho un cuore molto grande, so combattere e digerire situazioni complicate. Mi sono buttato nella mischia senza paura, ed è una cosa positiva, perché credo di essere un buon giocatore ma credo anche di essere ancora più forte come persona. Oggi ho avuto più chance di lui su cui non sono riuscito a capitalizzare, perché questo è il tennis, ma arrivato al tie-break sono riuscito a giocare il mio miglior tennis”.

La partita si è risolta con anti-climax, perché il N.10 ATP ha vinto tutti e sette i punti: “Nel tie-break mi sono solo detto che avrei cercato di fare del mio meglio fino all’ultimo punto. Sapevo di aver sprecato un match point, ma sapevo anche che l’unico modo di vincere era fare quello che ho fatto, sfruttando l’energia che era montata durante l’incontro. Servizio e dritto hanno funzionato bene, credo di essere stato bravo a riprendere come se nulla fosse dopo aver sprecato delle chance. Credo di aver giocato bene anche in difesa, sì, dai, possiamo dire che sia stato il mio miglior tie-break di sempre!Ha poi aggiunto: “Ricordo che una volta ho vinto 7-6 al terzo un torneo Under-16 in Germania una volta, ed è incredibile perché le sensazioni sono le stesse di allora”.

Belgrado 2021, infine, sarà sempre un titolo speciale per Matteo, perché l’ha conquistato davanti ai suoi genitori, cosa mai successa prima: “Mio padre era venuto a vedermi solo per una finale, a Monaco, quando ho giocato due match in un giorno, vincendo la semi ma perdendo la finale con Garin; mia madre invece non era mai venuta a vedermi giocare una finale. Allora mi sono detto, ‘questo è il momento giusto per vincere di fronte a loro’; credo che ci ricorderemo questa finale per sempre, mi sostengono da quando sono nato e sono sempre con me, anche se non fisicamente”.

IL SUO LIVELLO, IL CONFRONTO CON SINNER, E ROMA

In questi ultimi mesi, i riflettori del tennis italiano avevano un po’ abbandonato Berrettini, visti i suoi problemi fisici e soprattutto un’abbondanza di talento giovane a cui il movimento nazionale non era abituati (ben lungi); come ha sottolineato spesso anche Sonego, però, ai giocatori l’interesse mediatico tange relativamente: “Io mi sento un Top 10, non ho mai dubitato del mio livello, tutto ciò che ho fatto l’ho conquistato col sudore senza che mi venisse regalato tutto; comunque non è una rivincita di nessun tipo, è solo un modo per dire a me stesso che sono forte dentro, perché ci sono momenti difficili”.

Ora Jannik Sinner è il numero due italiano, mentre Lorenzo Musetti è il più giovane membro della Top 100, tutte cose che lo motivano: Tutte le volte che vedo Jannik e Lorenzo faccio loro i complimenti, non mi dà fastidio l’attenzione che ricevono. Anzi, con Jannik ci siamo allenati per tre giorni di fila a Montecarlo ed entrambi i nostri coach erano molto contenti di come abbiamo giocato; allenarmi con un ragazzo giovane che sta salendo in classifica è una cosa che mi stimola, quindi credo che lo faremo sempre più spesso”.

Per finire, Berrettini ha speso due parole anche sulla capitale serba: “Non sono riuscito a vedere Belgrado perché siamo in una bolla, ma i tifosi sono stati con me dall’inizio. Spero di poter tornare in condizioni normali”. La capitale che gli interessa di più è però sempre un’altra, e non è difficile immaginare quale: “Roma è una tappa speciale. Tutti i grandi tornei sono degli obiettivi, e uno Slam è uno Slam, chiaramente, ma anche vincere Roma andrebbe bene!

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