Avanti su questa strada, senza farsi tentare dal fascino della tradizione. Si possono riassumere così le parole di David Haggerty, presidente dell’ITF, che è stato intervistato in esclusiva per Ubitennis dal direttore Ubaldo Scanagatta. Haggerty è stato ieri a Bologna per assistere all’incontro tra Croazia e Svezia e ha così potuto notare che l’atmosfera all’Unipol Arena non era certo paragonabile a quella del giorno precedente per l’esordio dell’Italia né a quella che ci sarebbe stata se si fosse giocato a Zagabria o a Stoccolma. Questo è sicuramente uno dei punti deboli più difficili da nascondere o negare della nuova Coppa Davis, ma Haggerty è parso tutt’altro che preoccupato, convinto che la direzione presa sia irreversibile. Ma anche migliorabile: “Ogni anno dovremo continuare a chiederci cosa possiamo fare di nuovo, che miglioramenti possiamo apportare. Qualsiasi evento deve farlo”.
Il direttore Scanagatta ha provato a stuzzicare Haggerty, maestro del politically correct, da uomo delle istituzioni quale è, portando alla sua attenzione le questioni nodali poste dal nuovo formato. L’americano, però, non ha ceduto su nulla, o quasi, partendo dal presupposto che non si potevano ignorare le esigenze di cambiamento: “Avevamo bisogno di un evento che i giocatori (in particolare i big, ndr) avrebbero potuto disputare, con meno settimane durante l’anno. Abbiamo raggiunto questo obiettivo e siamo riusciti a bilanciarlo con il mantenimento della formula casa/trasferta e dell’atmosfera che essa porta. Siamo soddisfatti di questa nuova dimensione”.
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Apparentemente, invece, non c’è nulla che non piaccia ad Haggerty. Ad esempio, il presidente dell’ITF ha risposto così alla domanda del direttore sui costi elevati che richiede l’organizzazione di un girone (o ancora di più della fase finale): “Abbiamo molte nazioni che vogliono e volevano ospitare la Coppa Davis. C’è solo una nazione scontenta (la Francia, ndr) che non ha potuto sostenere l’organizzazione, mentre le altre sono assolutamente soddisfatte di quanto fatto”. In merito al protrarsi degli incontri fino a notte fonda, invece, Haggerty ha ammesso implicitamente che si tratti di un problema, tuttavia facilmente risolvibile: “Tutto dipende dall’orario di inizio. Qui a Bologna la prima partita comincia alle 3 del pomeriggio locale e sembra funzionare bene. A Glasgow si inizia alle 4 e c’è stato qualche piccolo problema. Quell’ora di differenza può essere decisiva”.
Non poteva poi mancare la domanda sul format delle partite (ora al meglio dei tre set invece che cinque) e dei tie (in cui il doppio ora ha un valore del 33%). Il presidente dell’ITF ha però chiuso la porta di fronte alla possibilità di portare all’interno della nuova versione della Coppa Davis qualche traccia della tradizione: “La maggior parte dei dirigenti con cui ho parlato sono soddisfatti di questo formato. Se c’è un problema di incontri che finiscono tardi, di certo non possiamo pensare di allungare le partite su cinque set. Inoltre, nella parte finale della stagione i giocatori sono molto stanchi e dunque avere tre match invece di cinque è la soluzione migliore, anche perché spesso si deve giocare due volte in due giorni. Nella fase di qualificazione ci sono 5 match, ma nei gironi del World Group e nella fase finale questa via mi sembra quella giusta”.
Infine Haggerty si è espresso anche sulla notizia del giorno: il ritiro di Roger Federer. “In qualche modo è anche una giornata grandiosa perché ci dà l’opportunità di celebrare un grande uomo che ha avuto un grande impatto sullo sport. Ha tirato fuori il meglio da Rafa Nadal, da Novak Djokovic. Ha reso loro e molti altri giocatori migliori, attirando milioni di spettatori in giro per il mondo. Nel 1998 fu anche campione del mondo ITF”. Su domanda di Ubaldo, il presidente ITF ha poi ricordato il loro primo incontro di persona: “La prima volta che lo vidi faccia a faccia fu nel 2012/2013 quando ero presidente dello US Open ed ebbi con Roger una conversazione sul torneo, mi diede certi punti di vista su alcune cose, su alcune idee di altri giocatori”.
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