Andrey Rublev: "Il governo britannico sta dimostrando che ritiene la politica più importante della pace"

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Andrey Rublev: “Il governo britannico sta dimostrando che ritiene la politica più importante della pace”

Il russo parla anche della sua grande debolezza: “L’aspetto mentale è la parte più difficile da curare, bisogna essere onesti con sé stessi e non scaricare le proprie colpe sugli altri”

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Andrey Rublev - Vienna Erste Bank Open 2022 (© e-motion/Bildagentur Zolles KG/Christian Hofer)
 

Sebastian Varela, giornalista del periodico spagnolo Clay Historias de Tenis, ha avuto l’opportunità di intervistare Andrey Rublev in quel di Riyad – capitale dell’Arabia Saudita – in occasione della Diriyah Tennis Cup: esibizione giunta alla sua seconda edizione, dopo quella inaugurale del 2019, e che ha riaperto i battenti in seguito allo stop imposto dalla pandemia.

Il campione uscente Daniil Medvedev si è confermato spingendosi sino alla finale ma questa volta ad alzare il trofeo – e il ricco assegno previsto per il vincitore – è stato Taylor Fritz. L’evento organizzato in Medio Oriente, in realtà, fa parte di un complesso molto più ampio: la Diryah Season, una celebrazione del Paese che si protrae da quattro mesi attraverso l’esposizione di vari avvenimenti, non solo a matrice sportiva ma anche di intrattenimento e a carattere culturale. L’intero progetto è stato sponsorizzato dal colosso petrolifero Aramco.

E’ fin troppo chiaro che faccia tutto parte di un’opera di sportwashing ad ampio raggio per nascondere sotto la sabbia del deserto le innumerevoli e sistematiche violazioni dei diritti umani commesse dal regime saudita. In campo Andrey è stato sconfitto in rimonta nei quarti da Stan Wawrinka, tuttavia assieme al nostro Matteo Berrettini ha raggiunto la finale in doppio venendo però sconfitto dalla coppia formata dal polacco Hubert Hurkacz e dallo svizzero Dominic Stricker – in semifinale avevano avuto la meglio degli amici Alexander Zverev e Dominic Thiem -.

Due, i filoni narrativi percorsi dall’intervistatore: la guerra in Ucraina e la mentalità del 25enne di Mosca, che lo stesso giocatore riconosce come vero tallone d’Achille del suo tennis. Diverse le tematiche affrontate e connesse a questi due macro temi, dalle conseguenze scaturite in seguito alla sua forte presa di posizione contro il conflitto, con quel messaggio lasciato “sulla telecamera” appena qualche minuto dopo aver sconfitto Hurkacz e aver centrato la sua seconda finale consecutiva a Dubai dopo quella raggiunta la settimana precedente a Marsiglia -, passando per ciò che direbbe a Vladimir Putin in un ipotetico incontro con il presidente russo fino ad arrivare all’esclusione da Wimbledon e a quello che è venuto fuori dalla riunione tra i giocatori, l’ATP e l’All England Club per evitare che la storia si ripeta anche nel 2023 – in verità l’ex n. 5 del mondo aveva già avanzato delle proposte alternative al ban per non dover ricorrere all’espulsione dei tennisti russi e bielorussi, senza tuttavia rinunciare la trasmissione di un grande messaggio di pace -.

Infine, si è toccato il problema riguardante l’aspetto mentale del giocatore russo; il quale sta provando a sanare questa sua lacuna mediante anche l’utilizzo di esercizi meditativi. Tuttavia afferma che l’elemento imprescindibile per poter realmente apporre delle migliorie, è riconoscere di aver sbagliato, avere l’onestà intellettuale di individuare le proprie colpe invece che rifugiarsi dietro alibi o scaricando le responsabilità. Comprendere la propria personalità è il primo passo per capire quale possa essere il nostro punto debole, è un continuo viaggio dentro di sé ci dice Rublev. Gli obbiettivi per il futuro, poi, sono quelli di ogni tennista sulla faccia della Terra: sarà in grado di migliorarsi a tal punto da sfatare il tabù dei sei quarti di finali persi a livello Slam?

D: Quali sono state le conseguenze personali, sia quelle positive che quelle negative, della decisione che hai preso oramai diversi mesi fa di parlare pubblicamente dichiarandoti contrario alla guerra in Ucraina?

Andrey Rublev: “È tutto molto semplice. Il modo più facile per me, di fare qualsiasi tipo di dichiarazione o mostrare ciò che voglio rappresentare, è esprimermi sul campo da tennis. È l’unico spazio dove posso dimostrare e far capire quanto sia importante essere gentili, umili, avere la giusta istruzione per far sì che le generazioni future siano migliori, e quindi che possano rendere il mondo un posto migliore. Cerco di utilizzare la mia piattaforma comunicativa nel migliore dei modi, provo ad usarla per il bene. Questo è ciò che faccio. Però, devi sempre riuscire a dimostrarti come sei, vero, reale. Perché ci sarà sempre qualcuno pronto, al minimo errore, ad accusarti di aver recitato e di non essere stato naturale nelle tue esposizioni. Quindi è fondamentale non esagerare nel far sentire ripetutamente il proprio pensiero, bisogna saper riconoscere il momento giusto per far venire fuori la propria voce”.

D: Se avessi l’opportunità di incontrare faccia a faccia il leader del tuo Paese, in questo momento coinvolto nel conflitto, cosa gli diresti?

Andrey Rublev: “È difficile immaginare una tale situazione, perché io non sono mai stato in quel mondo. Perciò, questo tipo di persone non parleranno mai con me faccia a faccia. Ci sono così tante cose di cui non siamo a conoscenza, e che invece loro sanno, per poterci fare un’idea compiuta di quello che sta accadendo. Ma, la cosa più importante di tutte è che le persone normali non possono soffrire, non devono pagare per gli errori commessi dai loro leader. Le persone come me e come te, devono potersi godere la vita, non essere costretti a dover vivere questa situazione così orribile”.

D: Ti sei sentito maggiormente sotto pressione, dopo quella scelta di schierarti apertamente contro la guerra? Tua madre ha dichiarato in una recente intervista che tu ti sia sentito molestato psicologicamente e verbalmente, nelle conferenze stampa, per le opinioni che avevi espresso sulla guerra.

Andrey Rublev: “Cerco sempre di guardare la realtà isolando il mio punto di vista, e provando ad immedesimarmi nelle persone che stanno lottando per la sopravvivenza per poter comprendere al meglio i loro sentimenti. Nella mia posizione, non posso assolutamente lamentarmi. Ho tutto quello che posso desiderare nella mia vita: ho la possibilità di viaggiare, gioco a tennis, mi diverto. Per cui, ovviamente, affermare che io mi senta molestato a causa di qualcosa non è corretto nei confronti di quelle persone che stanno realmente soffrendo. Naturalmente ho affrontato e vissuto in questi ultimi mesi sentimenti contrastanti ma non potrei mai paragonare le mie vicissitudini alla vera realtà, a ciò che il resto degli individui sta vivendo sulla propria pelle”.

D: Avresti qualche suggerimento per l’All England Lawn Tennis and Croquet Club – il circolo privato che ha il compito di organizzare lo Slam londinese – in vista dell’edizione 2023 di Wimbledon?

Andrey Rublev: “Noi giocatori esclusi quest’anno, abbiamo avuto l’opportunità di fare un incontro con i tornei del Grande Slam e con l’ATP. È davvero positivo che l’ATP sia stato più aperta nell’aiutare tutti. Siamo stati molto onesti, fornendo molte opzioni e diverse soluzioni per dirimere la vicenda. Quello che potrei suggerire è che ci aiutino . Perché, se ci vietassero per il secondo anno consecutivo di prendere parte al torneo; non si vedrebbe nessun vero cambiamento in vista ma anzi sarebbe soltanto un ulteriore danno per l’intero mondo del tennis. Solo noi possiamo risolvere la situazione ed evitare che si getti altra benzina sul fuoco. Di certo, ripeto, escluderci nuovamente non aiuterebbe in alcun modo la situazione generale ad evolversi positivamente. Noi stiamo offrendo soluzioni di aiuto, in ogni modo e direzione possibile. Vogliamo dimostrare che il tennis possa essere più grande e più forte della politica”.

D: Hai un grande desiderio di tornare a Londra e giocare a Wimbledon?

Andrey Rublev: “Abbiamo offerto risoluzioni in tal senso già per l’edizione di quest’anno, ma si sono dimostrati non interessati. Non hanno davvero voluto aiutarci. Il governo britannico, probabilmente, ha manifestato con i propri comportamenti che per loro fosse solo ed unicamente una questione di politica. Stanno continuamente dimostrando, tuttora, che ritengono la politica più importante della pace. Noi abbiamo l’opportunità, di inviare e di mostrare un messaggio veramente forte, almeno per una volta, ovvero sia che lo sport possa essere effettivamente slegato dalle questioni politiche. Sarebbe un ottimo punto di partenza. So perfettamente che sia molto difficile, perché cercheranno sempre di usare lo sport come strumento di manipolazione degli affari politici”.

D: Hai dichiarato in un’intervista passata: “Tutti hanno una loro debolezza. La mia è di carattere mentale”. Come ci state lavorando, tu e il tuo team?

Andrey Rublev: “Attraverso alcuni esercizi di meditazione e di altro genere. Sto facendo tutto il possibile per migliorare questa mia lacuna. Devo però riuscirci da solo analizzando le varie situazioni e accettando la realtà delle cose, soprattutto quando è più difficile accettarla. Bisogna essere onesti con se stessi quando si fa o si commette qualcosa di sbagliato: la colpa è propria, non deve essere attribuita o scaricata su qualcun altro. Così tante persone cercano di trovare sempre l’alibi giusto ad ogni situazione o di incolpare gli altri, ma mai se stessi”.

D: Quanto è importante saper riconoscere la propria debolezza nel tennis?

Andrey Rublev: “Secondo me è il primo passo. Molte persone non vogliono accettare di possedere delle debolezze, perché forse hanno paura o il timore che gli altri possano conoscere dei lati della loro personalità che prima ignoravano, o ancora fanno finta di niente per via del loro ego smisurato. È un continuo viaggio dentro di sé. Ormai conosco molto bene e da diversi anni la mia debolezza. Per me, nel tennis, l’aspetto mentale è la parte più difficile da curare. È molto più facile migliorare le cose tecniche o quelle riguardanti il fisico. Forse altri giocatori, al contrario, incontreranno più fatica nel dover migliorare il rovescio ed invece potranno facilmente controllare la loro mentalità. Ogni persona possiede le sue armi e le sue debolezze. Per me, ad esempio, è estremamente naturale apportare delle migliorie al mio diritto”.

D: Quindi sei stato in grado di riconoscere le ragioni per le quali il tuo lato mentale sia il vero punto debole del tuo tennis?

Andrey Rublev: “Sono riuscito a comprendere quale fosse, perché sono consapevole di quale sia la mia personalità. So di essere una persona molto emotiva e che recepisce tutto in maniera, spesso e volentieri, troppo personale quando si tratta di qualcosa che io reputo importante. E il tennis, ovviamente è tutto per me. Ogni partita, ogni singolo punto lo vivo sempre in modo estremamente emotivo. Prendo tutto eccessivamente in maniera emozionale, attribuendo sempre alle cose che vivo tanta importanza e profondità nell’analisi anche quando ci sono unicamente contro indicazioni. Ed è proprio per questi motivi, che per me migliorare mentalmente richiede molto tempo”.

D: Finora non hai mai raggiunto una semifinale di un torneo del Grande Slam. Hai raccolto in sei quarti di finale a livello Slam, altrettante sconfitte. Quanto vorresti sfatare questo tabù, arrivando negli ultimi quattro delle prove Majors?

Andrey Rublev: “Chiaramente, mi piacerebbe ottenere sempre il massimo in ogni torneo. Vincere uno Slam è l’obbiettivo di ogni atleta che impugna una racchetta così come raggiungere il numero uno della classifica mondiale, di conseguenza sono anche i miei. Ma nessuno ovviamente sa se in futuro riuscirò a realizzarli oppure no. Tutti vogliono vincere tornei così importanti. Solo il tempo, però, dimostrerà se mi sarò rivelato all’altezza per ottenere tali successi ”.

D: Perché, secondo te, Djokovic e Nadal stanno ancora vincendo tutto?

Andrey Rublev: “Prima di tutto, perché sono due tra i più grandi giocatori di tutta la storia del tennis ed è accaduto che si ritrovassero nella stessa epoca. Inoltre, hanno compiuto un viaggio nel mondo del tennis così lungo ed importante da possedere un’esperienza straordinaria, la quale permette loro di sapere esattamente cosa devono fare e quando sia il momento giusto per farla”.

D: Nonostante non tu non abbia potuto disputarla quest’anno, ti piace il nuovo formato della Coppa Davis?

Andrey Rublev: “Alcuni aspetti sono buoni, altri no. Probabilmente, rispetto al passato, è sicuramente positivo il fatto che non ci siano diversi slot nel calendario dedicati alla competizione e distribuiti durante l’anno; ma che il tutto si esaurisca in molte meno settimane. Ricordo che quando vigeva il vecchio format ed io ero all’inizio della mia carriera, per far parte del team per una sfida di Davis ero costretto a dover saltare sistematicamente ogni volta due settimane di tornei nel Tour. All’epoca ero classificato attorno ai primi 160-170 del ranking ATP ed invece di giocare i tornei per scalare la classifica, dovevo andare con la squadra per ben due settimane. Così mi ritrovai a perdere circa 30 posizioni, e dopo che giocai in Davis avvertii il bisogno ma anche la necessità di dover rifare completamente la preparazione fisica. Non stavo mostrando buoni risultati in quel periodo e avevo la sensazione che la Coppa Davis stesse rallentando il mio processo di crescita. Allo stesso tempo, comunque, devo riconoscere che prima poiché ci fossero partite in casa e partite in trasferta, in alcuni paesi diventava davvero una grande occasione per tutti coloro che amavano il tennis. Il pubblico di casa era sempre incredibilmente fantastico, nella spinta che riusciva a trasmettere al team che giocava in casa ”.

D: Avresti qualche tipo di suggerimento da proporre per la creazione di un nuovo formato della competizione?

Andrey Rublev: “Secondo me, gli organizzatori dovrebbero pensare ad una specie di Coppa del Mondo del tennis, ne avrebbero bisogno perché certamente porterebbe moltissimi vantaggi. Una competizione che si disputa ogni due o addirittura ogni quattro anni, sarebbe molto più speciale. Restituirebbe grande lustro alla manifestazione, perché ad esempio anche con il formato precedente potevi finire il tuo percorso in Davis vincendola alla fine di novembre, e ritrovarti praticamente soltanto due mesi dopo all’inizio di febbraio a disputare il primo turno della nuova edizione. Vincevi il trofeo due mesi prima, e dovevi già giocare di nuovo. Secondo me, era una sensazione non così speciale. Almeno, in questo modo, con la versione ristrutturata dopo un eventuale trionfo puoi aspettare un po’ di più e goderti maggiormente il momento. È sicuramente una soluzione migliore”.

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