Australian Open: Pliskova serve male, prevale la consistenza di Linette. Prima semifinale Slam per la polacca

Australian Open

Australian Open: Pliskova serve male, prevale la consistenza di Linette. Prima semifinale Slam per la polacca

Karolina Pliskova con una prestazione insufficiente si sgretola dinanzi a Madga Linette. Le condizioni di gioco, palle e campo, hanno indubbiamente favorito la polacca nella conquista del prestigioso risultato

Pubblicato

il

Magda Linette - Australian Open 2023 (foto Twitter @rolandgarros)
 

M. Linette b. [30] K. Pliskova 6-3 7-5

La polacca che non ti aspetti, non la numero uno del mondo Iga Swiatek – e neppure Hubi Hurkacz al maschile -, ma la 30enne di Poznan Magda Linette. Una giocatrice che prima di questo Australian Open 2023 non aveva mai oltrepassato il muro della prima settimana di un torneo dello Slam. Nelle sue precedenti esperienze Major vantava un bilancio al 3°T di 0 vittorie e 6 sconfitte, l’ultima occasione in ordine di tempo era giunta a Wimbledon 2021. Mentre qui in Australia, quattro delle sue sei partecipazioni al tabellone principale si erano sempre concluse al primo round.

Invece, al suo 30esimo main-draw di un evento del Grande Slam e in quella che è la sua 15esima stagione tra i professionisti non solo ha varcato la soglia della seconda settimana, ma addirittura ha centrato una straordinaria semifinale – e non è finita – divenendo nella storia la seconda tennista più anziana ad ottenere l’accesso al proprio primo penultimo atto Slam con i suoi 30 anni, 11 mesi e 13 giorni. Il primato rimane infatti ben saldo nelle mani della tedesca Tatjana Maria, autrice a 34 anni della splendida favola che l’ha resa protagonista del raggiungimento di un’incredibile semifinale a Church Road lo scorso anno.

 

Spreca al contrario, probabilmente l’ultima della carriera, la grande occasione presentatasi dinanzi al proprio cammino Karolina Pliskova. La tennista ceca non riesce a rinverdire i fasti, come avrebbe desiderato, delle sue due finali Slam – conquistate a New York nel 2016 e a Londra due anni fa – e rischia seriamente di passare ai posteri come una delle pochissime giocatrici ad essere stata n. 1 al mondo senza tuttavia sublimare tale risultato con la conquista più prestigiosa. A proposito di ranking la polacca, attuale n. 45 WTA, sarà da lunedì prossimo quantomeno n. 22 della classifica mondiale con un guadagno di 23 posizioni che stabiliscono il suo nuovo Best Ranking – era stata al massino n. 33 nel febbraio 2020. Nono confronto diretto tra le due protagoniste, con i primi 7 a marca ceca – i primi 5 però piuttosto datati, tra il 2012 e il 2017 – e gli ultimi due vidimati dal francobollo polacco. Prima dello scontro aussie, lo scorso novembre successo di Linette in BJKC.

Disastrosa la prova di Karolina, che ha messo a referto 36 non forzati e solamente 18 vincenti, sciogliendosi al cospetto della prima avversaria affrontata nel torneo veramente in grado di mettere sul campo una consistenza di livello – dopo un cammino tutto sommato alquanto agevole che non le aveva presentato grandi insidie -. Certamente non aiutata neanche da un servizio per nulla in giornata (7 doppi falli e 29% di punti vinti con la seconda), mentre con 28 ace era stata la giocatrice ad averne scagliati di più nelle prime quattro partite del torneo, ciò detto le condizioni di gioco avvantaggiavano di molto la sua odierna avversaria; la quale però meritatamente e con grande personalità si conferma nella prova del nove dopo lo scalpo Garcia. Unica nota positiva nella prestazione della ceca, i miglioramenti mostrati negli spostamenti e nella conseguente copertura del campo.

IL MATCH – Prima sfida del Day 10 in questa edizione centoundici del torneo. Condizioni ambientali ideali per una partita di tennis: 26°, clima soleggiato e raffiche di vento praticamente nulle. Linette si aggiudica il sorteggio e sceglie di servire, volendo immediatamente prendere la testa dell’incontro viste le oggettive difficoltà che presumibilmente si troverà ad affrontare nei turni di battuta di Pliskova.

Tuttavia la decisione assunta dalla polacca, non dà i frutti sperati con la testa di serie numero 30 che le strappa subito il servizio. Ciò che sorprende è però la modalità mediante cui matura questo primo scossone del match, ovvero attraverso una sorprendente capacità di Karolina di reggere lo scambio prolungato mostrando grande solidità. Si osservano, infatti, netti miglioramenti da parte della due volte finalista Slam sul piano della copertura del campo: decisivo in tal senso il lavoro con il suo nuovo preparatore atletico Jez Green, che in passato aveva seguito giocatori del calibro di Murray, Thiem e Zverev.

Ma il vantaggio dell’ex n. 1 al mondo dura pochissimo, arriva difatti prontamente il contro-break della 30enne di Poznan che a furia di allungare il palleggio muovendo sistematicamente l’avversaria riesce a produrre degli errori forzati da parte della tennista ceca. In particolar modo, a rivelarsi molto efficacie è l’accelerazione lungolinea di rovescio – sicuramente il colpo da fondo migliore a disposizione di Magda -. Così è tutto nuovamente in equilibrio.

Da un punto di vista tattico, il confronto di stili è estremamente evidente. Linette è una giocatrice completa, in grado di esprimere un ottimo tennis a tutto campo che però trova la sua massima espressione esaltandosi nella fase difensiva da mostrare quando il punto va per le lunghe. Forse ciò che le manca è una soluzione definitiva, la cosiddetta “castagna”. Mentre chiaramente Pliskova è esponente di un gioco totalmente diverso, basato su sbracciate filanti e impregnato dell’eccezionale incisività del proprio fondamentale d’inizio gioco. Poste queste dovute premesse stilistiche, vien da sé che le condizioni della Rod Laver Arena abbinate alle peculiarità delle palle Dunlop – confermate nonostante le numerose critiche – avvantaggia decisamente la numero 45 WTA. Infatti, i campi principali dell’impianto di Melbourne Park a differenza di quelli laterali – certamente molto più rapidi – si stanno rivelando ben più lenti del previsto. Dunque una superficie così lenta, con palle eccessivamente pesanti e che si gonfiano velocemente, comporta conseguentemente che il punto allunghi e non poco la propria durata. E questo tatticamente porta maggiormente ad enfatizzare le qualità di una giocatrice estremamente preparata fisicamente e che trova il proprio terreno di caccia preferito nel far emergere le sue abilità aerobiche nello scambio lungo.

La polacca è entrata in campo non facendo percepire la benché minima titubanza psicologica nell’approcciare al primo quarto Slam della carriera. Ma anzi, nonostante il break concesso a freddo, ha ribaltato con grandissima personalità l’inerzia dello scontro soprattutto grazie ad un’ottima conduzione del punto, comandando sempre e comunque lo scambio impedendo così a Karolina di prendere l’iniziativa e obbligandola a fare il tergicristallo.

Inoltre, aggiungiamoci pure che l’attuale n. 31 del ranking non stia servendo minimamente sui suoi livelli – quelli ammirati durante tutto il torneo seppur contro avversarie non di primissimo piano -, solo 45% di prime in campo nel primo set in queste condizioni di gioco non lasciano alcuna speranza, se i numeri non dovessero mutare, di successo finale a Pliskova. Dato che infatti provoca a catena un disastroso 18% di punti vinti con la seconda (2/11).

Cosi perciò si spiega il terzo break del parziale inaugurale, che giunge nel sesto gioco (3-2 a favore della polacca) e indirizza la frazione nella direzione di Magda. Rimpianti comunque ce ne sono per Karolina, che nell’ultimo gioco del set rincorrendo sul 3-5 ha a disposizione una ghiottissima palla break per riequilibrare la contesa. Ma la ceca manca la chance spedendo lunga la risposta sulla seconda avversaria, tra l’altro neanche provando il vincente.

Per cui 6-3 in 36 minuti di gioco in favore di Linette e allora Pliskova va a schiarirsi le idee nella toilette.

In apertura di secondo, le prime occasioni in risposta si palesano tra quarto e quinto game: due per la ceca e tre per la polacca. Se però la finalista di Wimbledon 2021 è ancora costretta a rimuginare sulle proprie marchiane mancanze in ribattuta, errori banali in momenti cruciali, – cioè sui break point – ha poco da rimproverarsi la n. 2 di Polonia poiché – per fortuna della ceca – Karolina ad un passo dal baratro ha ritrovato il servizio rimanendo viva dentro il match.

A pesare sul match anche i 5 doppi falli del metro e 86 di Louny. Ma ciononostante vanno riconosciuti gli enormi meriti alla tennista polacca, autrice di una prestazione da cineteca. Strabiliante la sensibilità nel variare quando stacca la mano sinistra per eseguire il rovescio tagliato oppure quando infila la rivale con perfidi e meravigliosi passanti. Pur ritrovando a sprazzi il proprio servizio, la seconda classificata allo US Open 2016 continua ad essere troppo discontinua da fondo e a commettere diversi gratuiti come se si stesse sgretolando dinanzi alla consistenza polacca.

In più, la sensazione è che anche quando la prima ceca entra – nonostante oggi abbia variato poco angoli e traiettorie – non faccia mai realmente male all’avversaria. Ovvero non è grado minimamente di scalfire la solidità altrui. Nel settimo game si materializzano altre tre palle break per Magda, sono sei in tutto il set, ma a questo punto ecco che per la prima volta la 30enne di Poznan sembra avvertire la tensione avvicinandosi sensibilmente ad un obbiettivo storico per la sua carriera.

Per sua fortuna, anche se guadagnato meritatamente, arriva un bel regalo di Pliskova. La ceca gioca un undicesimo game in cui inanella una caterva di errori non forzati, due doppi falli e colpi sparati fuori di metri, mandando la polacca al servizio per vidimare l’occasione di una vita. E dopo aver brillantemente tenuto a denti stretti, servendo per rimanere agganciata al punteggio sul 4-5, si qualifica alla “veneranda” età di 30 anni con il 7-5 finale (53 minuti) alla sua prima semifinale Major.

Continua a leggere
Commenti

Australian Open

Wozniacki, Raducanu, Osaka, Kerber… Quali wild card all’Australian Open 2024?

Decisione difficile per Tennis Australia: tante giocatrici di grande richiamo non avranno la classifica per entrare in main draw

Pubblicato

il

Caroline Wozniacki - US Open 2023 (Twitter @usopen)
Caroline Wozniacki - US Open 2023 (Twitter @usopen)

L’Australian Open 2024 si preannuncia essere uno Slam di grandi rientri per il tennis femminile: diverse giocatrici sono state fuori per tempo dal circuito e sono “nobili decadute” della classifica, di conseguenza non hanno il ranking per partecipare al primo Slam della stagione. Su tutte c’è Caroline Wozniacki, che ha già annunciato di aver terminato la stagione 2023 dopo l’ottavo raggiunto allo US Open perdendo in tre set contro Coco Gauff. La danese è rientrata alla grande dopo la doppia maternità ed è risalita al numero 242 del ranking. In conferenza stampa ha annunciato che Melbourne sarà un grande obiettivo all’inizio del prossimo anno: verosimilmente un invito andrà alla campionessa dell’edizione 2018.

Non solo la 33enne di Odense: proverà a rientrare anche un’altra neo-mamma come Naomi Osaka. La giapponese, due volte campionessa in Australia, aveva dichiarato ancora prima di Wozniacki di voler tornare in campo appena dopo aver concluso la prima maternità.

Stesso discorso per Angelique Kerber, vincitrice del primo Major dell’anno nel 2016: la tedesca ha espresso più volte la volontà di rientrare. La tedesca potrebbe usufruire però del ranking protetto. Chi non si vuole arrendere è Venus Williams che ha ottenuto qualche buon risultato in questo 2023 e cerca di continuare per togliersi qualche altra soddisfazione.

 

La prossima stagione vedrà anche il rientro di Emma Raducanu dopo tre interventi chirurgici, a entrambi i polsi e alla caviglia: anche la britannica può utilizzare il ranking protetto.

Capitolo a parte riguarda invece Garbine Muguruza e Simona Halep. La spagnola si è presa quest’anno una pausa di riflessione dal tennis, ma nel 2024 vuole tornare a competere. L’iberica è stata finalista degli Open d’Australia nel 2020. Finalista nel 2018 in Australia la rumena, che vedrà scadere la sua sospensione per doping. Tantissime giocatrici in lizza per le sei wild card disponibili: vedremo quali saranno le scelte di Tennis Australia.

Continua a leggere

Australian Open

Wimbledon: Sonego-Berrettini il ventunesimo derby azzurro negli Slam, Fognini l’italiano ad averne disputati di più

11 Roland Garros, 5 Wimbledon, 3 US Open, un solta volta a Melbourne: così suddivisi i derby italiani nei Majors

Pubblicato

il

Berrettini Sonego Stoccarda 2023

A distanza di poco più di tre settimane dal loro incrocio sull’erba di Stoccarda, Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini daranno vita, nel primo turno dell’edizione 2023 di Wimbledon, al ventunesimo derby italico che si consumerà nella prestigiosa cornice dei tornei del Grande Slam.

I derby di Wimbledon

Se poi si vuole limitare il campo di analisi al “solo” Church Road, quello tra il torinese ed il romano, sarà il sesto incontro con protagonisti due tennisti azzurri ad affrontarsi nella storia dello Slam londinese che va in scena sul suolo di Sua Maestà. Il capostipite, in tal senso, dei Championships è stato il match di 43 anni fa, correva quindi il 1980, fra Adriano Panatta e Corrado Barazzutti: una partita di secondo turno che vide l’Adriano Nazionale aggiudicarsi la sfida con Barazza, compagno di squadra in Davis, solamente al quinto set per 1-6 6-3 6-4 3-6 6-1. Piccola curiosità relativa al contorno, o se preferite all’antipasto, di quello scontro “nostrano” è rappresentata dal fatto che Corrado al round precedente superando lo statunitense Scott Davis ottenne il primo ed unico successo della carriera sui sacri prati.

Da quella partita fratricida in salsa tricolore sul perfetto manto erboso di SW19, trascorrono 11 lunghi anni prima di poter riammirare – con annesso plotone emotivo che ne consegue – un altro derby italiano nella medesima prova Major: il teatro che ospita lo spettacolo infatti è sempre lo stesso, ancora Wimbledon, ma nel 1991 i “nuovi” volti sono quelli di Omar Camporese e Claudio Pistolesi. Da annotare anche una piccola differenza a livello di momento nel tabellone in cui il duello prende vita, non i trentaduesimi bensì i sessantaquattresimi: alla fine della fiera, però, cambia poco. Vince il bolognese con lo score di 6-1 6-3 2-6 6-3.

 

Il terzo derby azzurro consumatosi nel torneo più famoso del Pianeta è decisamente più recente, rintracciabile nel primo quinquennio del ventunesimo secolo: era il 2005, e tra un giovane Andreas Seppi ed un esperto Davide Sanguinetti – i 21 anni del bolzanino contro le 33 candeline del viareggino – ad avere la meglio fu il maggiore chilometraggio del tennista toscano che si impose nettamente in scala discendente 6-3 6-2 6-1. Esattamente un anno dopo, dunque con il ritmo dei sorteggi malandrini che accoppia uno contro l’altro esponenti della racchetta del Bel Paese in considerevole aumento rispetto al passato, al 2°T e nel quarto derby verde-bianco-rosso di sempre sull’erba più sublime che esista Daniele Bracciali trionfava in quatto parziali sul padovano Stefano Galvani.

L’ultimo, prima di Sonny-Berretto, è datato 2018 con gli amici “Chicchi” di mille avventure in doppio Simone Bolelli e Fabio Fognini a doversi misurare con le ripercussioni psicologiche che un tale faccia a faccia poteva portare in dote: a spuntarla fu il più forte in quel preciso frame storico delle loro carriere sulle superfici rapide, il ligure staccò il pass per i sedicesimi in virtù del 6-3 6-4 6-1 finale.

Negli altri tre appuntamenti Slam del calendario, l’Italia tennistica nella storia di questo sport ha così distribuito i suoi 20 derby: 11 al Roland Garros, 5 a Wimbledon, 3 allo US Open, 1 all’Australian Open.

Fognini il tennista azzurro ad aver giocato, e vinto, più derby tricolore

Il tennista azzurro che in assoluto ha disputato più volte un derby Slam è il taggiasco Fabio Fognini, la bellezza di 5 scontri con connazionali a tentare di contrastarlo dall’altra parte delle rete sulla lunga distanza: a Melbourne ha sconfitto Salvatore Caruso nel 2021, nella Parigi terrosa ha superato sempre Andy Seppi sia nel 2017 che nel 2019, cinque stagioni orsono all’All England Club la già menzionata vittoria di Fogna si è materializzata a discapito del fido Bolelli. Infine, a completamento del proprio personale Career Grand Slam a livello di derby giocati c’è l’unico KO con Stefano Travaglia a New York nel 2017.

A quota tre derby nei Majors ci sono invece Barazzutti e Seppi; a 2 Bolelli, Bracciali e Sanguinetti.

Vale la pena anche ricordare come nessun derby azzurro Slam sia andato in scena oltre il 3°T, non abbiamo mai assistito ad un ottavo di finale tutto italiano per capirsi. I sedicesimi nella storia – in assoluto, non soltanto nell’Era Open – Majors sono stati 3: De Morpurgo-Bonzi all’Open di Francia del lontanissimo 1929, Paolo Lorenzi – Thomas Fabbiano nel 2017 a Flushing Meadows e dulcis in fundo Lorenzo Musetti contro Marco Cecchinato al RG del 2021, l’ultimo tutt’ora.

Ma adesso siamo pronti per scrivere un altro capitolo, il ventunesimo: Lorenzo Sonego e Matteo Berrettini fateci divertire.

Continua a leggere

ATP

Numeri: il dominio di Djokovic nel tennis maschile dal 2011 ad oggi

Dalle settimane trascorse al numero uno al confronto contro gli altri grandi: Ferruccio Roberti raccoglie alcuni dati che testimoniano chi sia stato il più grande di quest’era tennistica

Pubblicato

il

Novak Djokovic - Australian Open 2023 (foto: twitter @AustralianOpen)

62 – Il numero percentuale delle settimane trascorse come 1 ATP da Novak Djokovic dal 4 luglio 2011 -giorno successivo alla prima vittoria di Wimbledon che lo proiettò sulla cima del ranking – a oggi. Una cifra di per sé impressionante che probabilmente sarebbe potuta essere ancora più significativa se il serbo non avesse saltato la seconda parte del 2017 e se l’anno scorso non avesse scelto di mettersi nelle condizioni di non poter partecipare a due Slam e quattro Masters 1000 (e a Wimbledon i punti fossero stati assegnati).

Altri numeri aiutano a comprendere meglio quanto fatto dal serbo dalla seconda metà del 2011 ad oggi: dal luglio di dodici anni fa ha vinto 19 dei 42 Slam (il 45,2%) e 29 dei 75 (38,6%) Masters 1000 a cui ha preso parte. In questo stesso periodo ha vinto 190 dei 245 (77.6%) match disputati contro colleghi nella top ten e, più in generale, si è imposto in 670 dei 768 incontri disputati (l’87,2%, una percentuale che sale al 89.3 considerando solo le partite non giocate sulla terra rossa). Della prima top 20 che lo vide al numero 1 sono rimasti sul circuito Nadal, Murray, Monfils, Gasquet e Wawrinka, mentre in quella attuale solo l’immenso campione maiorchino e Carreno Busta erano già tennisti professionisti nel momento in cui Djokovic salì per la prima volta al numero 1 del mondo. 

Non per fare inutili paragoni tra campioni che hanno avuto ciascuno la loro fantastica parabola, ma per comprendere meglio questo approfondimento sul periodo che parte da quando Nole è diventato numero 1, si può osservare come solo Nadal, di un anno più grande di Djokovic, ha avuto numeri in qualche modo paragonabili al serbo. In questo lasso temporale Rafa ha comunque vinto dodici Slam e diciassette Masters 1000, occupando la prima posizione del ranking ATP per 107 settimane, ma perdendo 18 dei 31 scontri diretti giocati con Novak  e sconfiggendolo solo 2 delle 14 volte in cui lo ha affrontato lontano dalla terra battuta. Ancora più pesante lo score con l’altro leggendario “big three”, Roger Federer: nato quasi sei anni prima di Djokovic, compiva di lì a un mese 30 anni la prima volta che Nole diventava numero 1 e ha inevitabilmente pagato la differenza d’età. Ad ogni modo, l’immenso campione svizzero nel periodo che stiamo analizzando ha vinto 4 Slam e 11 Masters 1000, è stato numero 1 ATP per 25 settimane complessive e contro Nole ha vinto 9 delle 27 volte in cui si sono confrontati. 

 

Quando domenica scorsa ha sconfitto in finale degli Australian Open Stefanos Tsitsipas il serbo aveva 35 anni 8 mesi e 6 giorni, ma non è un record: sei volte è accaduto che tennisti più anziani del serbo vincessero uno Slam (il primato assoluto è di Ken Rosewall, che vinse gli Australian Open del 1972 avendo compiuto da poco più di un mese i 37 anni). Così come non è un record di longevità il ritorno al numero 1 del ranking ATP da parte di Djokovic: Roger Federer nel giugno 2018 lo è stato a meno di due mesi dal compiere 37 anni. Quel che impressiona di Nole è piuttosto come a quasi 36 anni riesca ad avere non solo elevatissimi picchi di rendimento -non impossibili ai campioni come lui- ma anche di continuità, una caratteristica molto più rara per gli over 35 negli sport professionistici. A tal riguardo basti pensare che sconfiggendo Tsitsipas pochi giorni fa il serbo ha vinto 38 degli ultimi 40 incontri giocati (e tutti gli 11 match nei quali ha sfidato colleghi nella top 10).

 ParTit.Fin.Part. Gioc.Part. Vin.Part. Per.% Vitt.  % set vinti% game vinti% t.b. vinti
Australian Open18109789891.882.962.363.8
Roland Garros182 4101851684.277.160.255.9
Wimbledon17 7 196861089.678.758.667.2
US Open16 394811386.276.060.061.4
Indian Wells145950984.776.359.769.6
Miami135144786.382.161.683.3
Monte Carlo15 2 48351372.967.058.080.0
Madrid 12 3 0 3930976.969.656.050.0
Roma16  6 74641086.576.059.663.2
Montreal/ Toronto11 44 37784.179.458.073.3
Cincinnati14  52401276.971.156.361.1
Shanghai 4 0 3934587.281.461.471.4
Parigi Bercy 16 6 3 5445983.374.258.370
O2 Arena (ATP Finals)11  46341273.968.356.570.6
Dubai12  150 43786.078.459.869.2

Non c’è un centrale che ha fatto la storia recente del tennis a non aver conosciuto le vittorie di Novak Djokovic, unico tennista ad aver conquistato almeno due volte tutti gli Slam, tutti i Masters 1000 (e le ATP Finals). Il decimo successo agli Australian Open, torneo che in assoluto ha vinto più di tutti, fa supporre che con ogni probabilità la Rod Laver Arena sia il campo dove si giocherebbe la sua partita della vita. Più per ricapitolare qualche numero della sua carriera a beneficio dei lettori che per ricavare un dato oggettivo (nel susseguirsi delle edizioni di uno stesso torneo cambiano in parte le condizioni di gioco, basti pensare ad esempio alle modifiche apportate alla superficie e/o alle palline), sono andato a recuperare alcune sue statistiche nei tornei più importanti del circuito e in quelli nei quali ha giocato un elevato numero di match, come Dubai. Dalla tabella in cui sono raccolti i dati arriva la conferma che in effetti gli Australian Open sono il torneo in cui Djokovic ha il più alto rendimento e non solo perché è quello a cui ha preso parte più volte (18, così come al Roland Garros). A Melbourne il serbo vanta la miglior percentuale di vittorie rispetto ai match giocati (91.8%) e di set vinti rispetto a quelli disputati (82.9%). Ovviamente, non sorprende che un sette volte vincitore di Wimbledon abbia numeri eccellenti anche sui campi di Church Road, mentre un pochino stupisce che gli Internazionali d’Italia – dove vanta un ottimo score con sei successi e altrettante finali – siano il torneo sul rosso dove si esprime meglio e in assoluto uno dei migliori per il suo rendimento. In ogni caso numeri incredibili: solo a Monte Carlo, Madrid e Cincinnati (la O2 Arena dove si giocavano le Finals è un discorso a parte, vista l’altissima caratura degli avversari) non ha vinto almeno l’80% delle partite. Not too bad…

Continua a leggere
Advertisement
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement