Bracciali, radiato nel 2018, torna a parlare: "Io cornuto e mazziato. Non riesco a guardare il tennis in tv"

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Bracciali, radiato nel 2018, torna a parlare: “Io cornuto e mazziato. Non riesco a guardare il tennis in tv”

Intervistato da FanPage, l’ex numero 49 del mondo ha raccontato la sua verità, in linea con quella emersa dai processi sportivo e penale italiani, ma opposta a quella della vecchia ITIA

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Daniele Bracciali - Roland Garros 2018 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

La storia di Daniele Bracciali, ex numero 49 del mondo in singolare e 21 in doppio, è una di quelle che ogni tanto merita di essere raccontata. È giusto farlo per ricordarci di un periodo del tennis in cui, probabilmente, c’era più marcio di quanto si potesse immaginare (anche ad alti livelli) e per capire che, in certi contesti, ci vuole davvero poco per ritrovarsi senza nulla. Quel “poco” può essere inteso in maniera diversa, come ha dimostrato la vicenda giudiziaria dell’aretino: può equivalere a “((quasi) niente”, come nell’interpretazione della giustizia sportiva e penale italiana, ma anche a “molto” secondo la sentenza del giudice della TIU (Tennis Integrity Union), la vecchia versione dell’odierna ITIA. Due verità processuali che hanno avuto un peso molto differente per la carriera (e la vita) di Bracciali che ha sì evitato pene decisamente importanti (l’accusa in sede penale era di associazione a delinquere transnazionale), ma che si è comunque ritrovato radiato dal mondo del tennis internazionale e con una multa inizialmente equivalente al 15% dei premi fin lì guadagnati.

A cinque anni dalla mazzata della TIU e a poco più di un anno dalla conclusione definitiva della sua battaglia (persa), Daniele – ora tecnico nazionale – è tornato a raccontare la sua di verità. Lo ha fatto in una lunga intervista a FanPage, in cui ha anche parlato del suo rapporto con il tennis e con la Federazione. “Non ce la faccio nemmeno a guardare il tennis in TV perché la mia uscita di scena con queste modalità ancora oggi mi brucia molto. Vedere gli altri giocare quando avrei potuto dare ancora tanto a me stesso e all’Italia nei tornei mi dà noia. Quindi quando posso preferisco non guardare il tennis, anche se gareggiano molti ragazzi che giocavano con me e sono miei amici. Per quanto riguarda la Federazione io ero nel consiglio federale, a capo di una commissione, e se non fosse successo questo casino sarei ancora lì con un ruolo tecnico. Ce ne sono tanti con ruoli tecnici in Federazione e non credo siano migliori di me. Non ho mai avuto problemi con i vertici del tennis italiano”.

Nel 2018 la TIU ritenne Bracciali colpevole di “aver truccato incontri del torneo di Barcellona nel 2011 e […] responsabile di aver facilitato scommesse su incontri dello stesso torneo”. La sentenza riguardò anche quello che era stato a lungo il compagno di doppio abituale dell’aretino: Potito Starace, squalificato per 10 anni e al tempo già ritiratosi dal tennis. La partita incriminata era infatti la ormai tristemente celebre Starace-Gimeno Traver, conclusa con il ritiro dell’azzurro nel terzo set. E Bracciali sarebbe stato il facilitatore della combine e delle scommesse su questo incontro, avendo messo in contatto Potito con degli scommettitori (due commercialisti di Bologna). E secondo la TIU questa sarebbe stata solo una delle occasioni in cui si concretizzò l’attività di mediatore e orchestratore di Bracciali.

Capitolo 1 – Le voci, la paura e i commercialisti di Bologna

All’inizio leggevo tutto sui giornali, ma a me non era arrivato niente. Sono andato io a parlare col procuratore di Cremona […]. Volli un incontro con lui e m’interrogò per tre ore. Iniziò dicendomi ‘Quello che hai fatto è associazione a delinquere transnazionale… sono 10 anni di galera’. Ero terrorizzato. Lui sospettava che io avessi fatto da tramite coi giocatori italiani per alterare le partite in un giro di scommesse. Alla fine dell’interrogatorio mi disse ‘Ho capito che non ha fatto niente, se mi dà due nomi con lei chiudo e le do anche una mano al processo sportivo’ […]. Non avevo nessuna intenzione di farlo e, anche se poi si sono accaniti con me, rifarei sempre quella scelta di non tirare dentro altri a vanvera solo per salvarmi”.

Questo fu l’inizio dell’incubo, che però a un certo punto sembrava potesse essere archiviato come un semplice spavento, proprio come dopo un brutto sogno notturno: “La federazione ha preso gli atti d’indagine e ha fatto il processo dove c’era una persona che mi aveva vomitato addosso un po’ di cose. Nonostante questo, la federazione ci ha sempre assolto dall’illecito sportivo. Mi hanno detto solo che ero stato un cog*ione ad aver avuto dei rapporti con queste due persone: i commercialisti di Bologna. Mi dovevano aiutare a recuperare un credito con una società sportiva di Olbia. Loro scommettevano e io lo sapevo, ma all’epoca lo faceva il 90% delle persone che s’incontravano, come oggi. Scommettevano su calcio e tennis, mi facevano le varie domande ‘Ma te conosci quello, o quell’altro’ e io dicevo ’sì che conosco quello o quell’altro’. È normale, giocavano a tennis con me, ma non mi sono mai adoperato con altri per combinare le partite”.

Del resto, secondo Bracciali la risoluzione dell’enigma era a portata di mano: “Come ha capito molto bene il giudice a Cremona, non avevo bisogno di andare da altri per combinare partite, potevo farlo sulle mie. E invece in quattro anni di indagine non è mai venuta fuori una mezza parola su una partita del sottoscritto”.

Capitolo 2 – La squalifica di un anno, la sospensione dell’ATP e il lieto fine (temporaneo)

La ricostruzione di Bracciali prosegue: L’accusa che mi veniva mossa era aver messo Potito in contatto con questi scommettitori, con i commercialisti, tramite un telefonino. Gli stessi commercialisti, nella deposizione come scommettitori a Cremona, hanno detto poi di non avermi mai dato quel telefono. Loro avevano altri amici che andavano in giro per i tornei e questi telefoni andavano in giro tramite queste persone. Cercavano di capire se i giocatori stavano bene o stavano male […] Io non davo giudizi su partite. In seguito loro, con amici che scommettevano, usavano altre parole riportando delle mie chat. Poi è venuto fuori che le stesse chat venissero cambiate nell’inoltro agli altri. In realtà anche dagli interrogatori dei giocatori tirati fuori, nessuno ha mai asserito ‘A me Bracciali mi ha detto’”.

In ogni caso, in sede sportiva Bracciali viene squalificato per un anno per violazione dell’art. 1 del Regolamento di Giustizia (“Mi hanno detto che non potevo parlare con gli scommettitori. Ma un anno di squalifica per l’articolo 1 è tanto, infatti ad altri hanno dato giorni o al massimo mesi. Ma era giusto così”). Durante il processo penale (durato due anni), Daniele viene poi sospeso dall’ATP, secondo una norma discrezionale che permette di operare in tale direzione. La sentenza del Tribunale di Cremona è assoluzione con formula piena e allora l’ex numero 1 d’Italia (per 11 settimane complessive) torna nel circuito, raggiungendo gli ottavi al Roland Garros del 2018 in coppia con Seppi e vincendo a Gstaad con Berrettini due mesi dopo.

Capitolo 3 – TIU, TAS e il ritorno dell’incubo

La ritrovata normalità (e serenità) è però un’illusione: come preannunciatogli subito dopo la sentenza di Cremona, la TIU porta avanti le sue indagini e a novembre il giudice McLaren si pronuncia, comminando la radiazione. “Le sentenze, comprese quelle del TAS, dicevano che il giudizio penale non deve essere vincolante per il giudice sportivo, ma altamente persuasivo. Noi siamo i primi che siamo andati a processo al contrario, ovvero dopo essere stati assolti al penale. Non hanno considerato le sentenze italiane, una roba incredibile”. Questo il ricordo di un amareggiato Bracciali che poi aggiunge: “Di solito per prendere la radiazione bisognerebbe alterare dalle 7-8 partite in su. Io sono stato squalificato per una partita in cui non ero nemmeno coinvolto“.

Infine, l’ultimo capitolo della vicenda giudiziaria, oscuro come e anche più rispetto alle pagine precedenti: “Abbiamo fatto il ricorso al TAS, è arrivato il Covid, ed è anche morto un giudice durante la notte prima dell’appuntamento decisivo. Alla fine il processo si è fatto a settembre 2021, la sentenza è arrivata un anno dopo. Ci sono venute all’orecchio delle cose non molte belle che stavano succedendo. La sentenza del TAS è stata presa a maggioranza senza unanimità e ci hanno ridotto solo la pena pecuniaria”.

Ma come si spiegano le pronunce della TIU e del TAS? “I testimoni che sono venuti al TAS, i commercialisti, hanno detto di non avermi mai dato un telefonino. Io vengo tenuto dentro questa storia per un telefono (il cui numero era salvato come “Braccio2” nella rubrica di uno dei due commercialisti, ndr) che attacca la cella del mio cinque volte in quattro anni. Loro a processo hanno detto di non avermi mai dato questo telefono e che la partita in questione non era taroccata, ma i giudici hanno scritto in sentenza che i testimoni non erano attendibili. Il mio perito ha chiesto all’accusa se questo cellulare si fosse attaccato alla cella del mio personale in altri momenti della vita privata […]. La risposta è stata negativa. In quel momento pensavo di aver vinto, perché qualsiasi giudice mi avrebbe assolto. Un cellulare, quello che si diceva dato a me, che si sarebbe dunque attaccato alla cella del mio solo durante i tornei di tennis delle scommesse?“.

Capitolo 4 – Vivere nel tennis da radiato

Oggi Bracciali è tecnico nazionale FITP. A giugno si è laureato campione italiano over 35 con il TC Sinalunga, con cui l’anno scorso aveva vinto il settimo campionato di Serie A della sua carriera. Insomma, Daniele preferisce non guardare il tennis internazionale in televisione ma riesce ancora a divertirsi in campo. A livello italiano, infatti, Daniele può svolgere la sua attività agonistica e tecnica senza alcun limite. Le cose cambiano, invece, di fronte ai confini ATP e ITF: “Da un punto di vista lavorativo è una bella mazzata perché ti preclude di andare a vedere i miei allievi giocare i Futures, i Challenger o tornei più grossi. Mi sarebbe piaciuto fare altre cose, ci sono tanti che giocavano con me che lo fanno. Magari ci potevo essere io al posto loro a fare il coach o in qualche posto in Federazione, o altre situazioni. Questa squalifica viene fuori per ogni cosa che chiedo oggi”. Ecco perché oggi Bracciali si sente ancora “cornuto e mazziato”.

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