Landaluce e i suoi esami di maturità. Ma non chiamatelo 'nuovo Alcaraz'

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Landaluce e i suoi esami di maturità. Ma non chiamatelo ‘nuovo Alcaraz’

Dopo un 2023 complicato, il 18enne spagnolo, alle prese con gli esami del liceo, è arrivato tra i grandi e vuole rimanerci. Intanto a Miami ha risposto all’exploit di Fonseca

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Martin Landaluce - US Open 2022 (foto @MutuaMadridOpen)
 

Nelle carriere degli sportivi le sliding doors rappresentano momenti nodali. A Miami Martin Landaluce se n’è trovata una di fronte, una di quelle veramente allettanti. E non ha tremato, anzi l’ha affrontata di petto e superata a pieni voti, proprio come gli esami che sta sostenendo in queste settimane. In fondo, è tutta una questione di maturità: da quella anagrafica (lo scorso 8 gennaio è diventato maggiorenne) a quella scolastica (è all’ultimo anno di liceo) passando per quella tennistica. Gli mancano ancora sette materie, tra cui storia e matematica, ma nel frattempo non solo ha fatto inglese ed economia (dice di essere convinto di averli superati), ma ha anche vinto il primo match ATP della sua carriera. In un Masters 1000. Così, nel tempo libero: più o meno come i ragazzini che dopo aver fatto i compiti per l’indomani vanno ad allenarsi un’ora o giocano qualche torneo di provincia. I contesti sono a dir poco diversi ma la leggerezza è la stessa.

E proprio come succede a qualunque adolescente che si trova su un campo da tennis, anche Landaluce ha perso per un attimo quella spensieratezza. Dopo il primo set vinto contro Munar, si è reso conto di quello che sarebbe potuto essere e lì la tensione, la paura di non cogliere la ghiotta occasione riservatagli anche in quanto giocatore della scuderia IMG (che possiede il Miami Open) è diventata ingombrante. Sarebbe stato anormale il contrario. “È stata una battaglia con me stesso. Dopo aver vinto il primo set ero molto nervoso, mi sentivo fuori dal mio corpo, ero come un fantasma. Andare in bagno prima del terzo set mi ha fatto bene. Tendo a parlare a me stesso ad alta voce, a mandarmi messaggi positivi. Questa volta c’è voluto un po’ di tempo perché funzionasse“.

Davanti a sé Martin ha ancora tante tappe da raggiungere e superare per diventare il giocatore forte e vincente che il suo talento ha promesso di dare al mondo del tennis già da qualche anno. La prima vittoria tra i grandi – a maggior ragione se ottenuta in un ‘mille’ – è già però una pietra miliare non da poco. Ci dice che questo ragazzone alto 1 metro e 91 è arrivato: non è più un giovane dalle belle speranze, è abbastanza maturo per pretendere da lui un percorso di crescita graduale e continuo fatto di risultati. Non tanto a livello ATP per ora, ma nei Challenger.

Fretta, personalità e paragoni ingombranti. Il circuito Challenger per costruire il futuro

Landaluce ha già frequentato il circuito secondario lo scorso anno ma senza ottenere granché. Era troppo presto e probabilmente l’entusiasmo post vittoria allo US Open Junior si è tramutato in foga e fretta di bruciare le tappe. A discolpa di Martin e del suo team (di certo non composto da sprovveduti visto che il manager è lo stesso di Alcaraz, Albert Molina), bisogna dire che l’introduzione dell’“Accelerator Programme” da parte di ATP e ITF sembrava calzare a pennello per il giovane madrileno, offrendogli l’accesso a ben otto tornei Challenger: una forte tentazione a cui era difficile resistere. A volte, però, accelerare i tempi non è l’opzione corretta. E così da gennaio a luglio dello scorso anno, Martin ha raccolto sette sconfitte e una sola vittoria nel circuito in questione.

Ora chi lo affianca potrà rivendicare quelle scelte affermando che le sconfitte sono stati fondamentali per la sua crescita. Può essere, ma il rischio di perderlo per strada, scalfendo una partita alla volta la sua fiducia, c’era. E infatti l’exploit in Florida è arrivato a poca distanza dal successo in un torneo ITF di categoria M25 in Portogallo (a cui è seguita poi la prima semifinale Challenger a Tenerife). Tutto bene quel che finisce bene. Di sicuro Landaluce ha dimostrato di avere grande personalità. E forse non è un caso che la sua prima vittoria nel circuito maggiore sia arrivata poche settimane dopo l’esplosione a Rio del suo coetaneo Joao Fonseca. Il brasiliano, che è succeduto proprio allo spagnolo nell’albo d’oro dello US Open Junior, è diventato il primo 2006 a vincere tra i grandi, ma Martin ha prontamente risposto con la prima affermazione targata 2006 in un ‘mille’. Un’altra Next Gen (senza dimenticare Mensik e Prizmic) si sta affacciando ai grandi palcoscenici.  

Un’altra certezza è che Landaluce non sia il nuovo Alcaraz. Ok la nazionalità e passi anche la comune predilezione per le superfici rapide, ma per il resto è difficile trovare somiglianze. Sebbene il suo gioco sia relativamente completo, Martin non ha e probabilmente non avrà mai la varietà di soluzioni di cui dispone Carlos. In più, dall’alto dei suoi 191 centimetri (che possono ancora aumentare), il madrileno non può avere la stessa agilità (si muove comunque piuttosto bene) ed esplosività del connazionale. D’altra parte, l’altezza è supportata da un fisico già importante e così il classe 2006 può puntare su un tennis fatto di colpi sempre pesanti da fondocampo. Per questi motivi, se proprio si deve azzardare un paragone sarebbe più giusto confrontarlo a Zverev. E se da un lato raggiungere quel livello sarebbe già fonte di enormi soddisfazioni, dall’altro – in termini del tutto teorici – Landaluce potrà magari compiere quel passo in più che fin qui il tedesco non è ancora riuscito a fare. La Spagna spera: con un altro top oltre ad Alcaraz, l’eredità di Nadal sarebbe certamente meno pesante da sostenere.

Tornando alla stretta attualità, il prossimo esame non scolastico di Landaluce si chiama Shelton: una partita che promette di farsi vedere tante altre volte. A prescindere da come finirà, lo spagnolo dovrà poi rituffarsi nei Challenger per consolidare gli ultimi progressi. Solo a quel punto potremo avere le idee più chiare sul suo futuro.

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