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Trasloco in vista per il combined di Miami?
Potrebbe essere arrivata la resa dei conti per il Miami Open: se l’udienza prevista per dicembre non darà il via libera ai lavori di ammodernamento di Crandon Park, il torneo potrebbe fare le valigie e spostarsi in altra sede

Questa fine di 2015 potrebbe rivelare un’amara sorpresa per l’ormai storico torneo combined di Miami. Il 9 dicembre prossimo, infatti, la International Players Championships, società del gruppo IMG che detiene i diritti del Miami Open, vedrà discussa dalla Terza Corte d’Appello di Miami la propria richiesta di ribaltare la sentenza di primo grado che per il momento consente a Bruce Matheson, discendente della famiglia originariamente proprietaria di Key Biscayne, di impedire qualunque cambiamento alla struttura attuale del Crandon Park Tennis Center.
Questa sentenza d’appello potrebbe rappresentare una tappa fondamentale nella lunghissima diatriba legale che ormai da anni vede Matheson opporsi all’ampliamento delle strutture che ogni primavera ospitano il tradizionale torneo di Miami. L’IMG, infatti, attraverso il direttore del torneo Adam Barrett, ha fatto sapere che una decisione contraria potrebbe spingere la multinazionale americana a prendere in considerazione altre sedi, nonostante un contratto in essere con Crandon Park che scadrà solo nel 2023. “A noi piace molto Miami, e proveremo a rimanere qui il più a lungo possibile – ha dichiarato Barrett al Miami Herald – ma si tratta di una semplice questione di domanda ed offerta, e gli ostacoli che stiamo affrontando ora potrebbero rivelarsi troppo duri da superare. Ogni giorno che lasciamo passare senza migliorare i nostri impianti è un giorno che tornei concorrenti utilizzano per distanziarsi sempre più da noi. Abbiamo il supporto della comunità locale, il progetto di riammodernamento è già stato approvato e sarà interamente finanziato con fondi privati, ciononostante non possiamo dare il via ai lavori, ed abbiamo già ricevuto l’interessamento di altre sedi”.
Infatti, se Barrett ha fermamente smentito di aver iniziato a cercare soluzioni alternative a Crandon Park (d’altra parte, con un contratto in essere, non sarebbe molto saggio ammetterlo), non ha però fatto mistero di essere stato contattato da altri tornei interessati allo status di Miami: la qualifica contemporanea di ATP Masters 1000 e WTA Premier Mandatory garantisce (nei limiti del possibile, ovviamente) la presenza di tutti i migliori tennisti al mondo, con un campo di partecipazione all’altezza (se non superiore) a quella dei tornei dello Slam. Senza confermare né smentire eventuali discussioni, Barrett ha fatto i nomi di alcuni impianti di assoluto livello mondiale che potrebbero tranquillamente ospitare un torneo di questo tipo: Orlando, Dubai, Doha, Beijing, Shanghai e Singapore.
Tutte queste città sono al momento punti fissi del calendario tennistico, con la sola eccezione di Orlando, dove però la federazione americana USTA sta costruendo il proprio nuovo centro tecnico federale, che da Flushing Meadows si trasferirà in una struttura faraonica dotata di oltre 100 campi da tennis in cemento e terra battuta e che occuperà una superficie di 25 ettari. Orlando è poi anche l’unica città tra quelle citate che si trovi negli Stati Uniti, ed è abbastanza facile prevedere che la USTA non lascerà nulla di intentato per evitare che questo prestigioso torneo, dal 1985 costituisce un punto di riferimento del calendario tennistico internazionale, lasci gli USA come già quelli di San Jose e Los Angeles.
In uno scenario di questo tipo, l’alternativa più indolore potrebbe essere quella di una promozione del torneo di Rio de Janeiro nella “massima serie” (almeno per quanto riguarda l’ATP). Nella città carioca si disputa già un ATP 500 sulla terra battuta, ma è già quasi pronto l’Olympic Tennis Center di Barra, che il prossimo agosto ospiterà i Giochi Olimpici. L’impianto sarà dotato di uno stadio permanente da 10.000 posti più altri 13 campi (sette per le competizioni più sei per gli allenamenti), due dei quali saranno dotati di tribune temporanee da 5.000 e 3.000 posti. In questa sede si potrebbe tranquillamente disputare un combined come il Miami Open, che in questo modo rimarrebbe nel continente americano (anche se non negli Stati Uniti) e conserverebbe il suo status di manifestazione tennistica più importante per l’America Latina.
Ma un’eventuale messa in discussione della data di Miami potrebbe dare il “la” ad una più completa riorganizzazione del calendario tennistico, già ipotizzata più volte dopo l’anno olimpico del 2016.
Si è già parlato diverse volte del desiderio di Madrid e Roma di avere un combined di 10 giorni con tabelloni a 96 giocatori e giocatrici, sulla falsariga di quanto già accade ad Indian Wells e Miami, e questa evoluzione avverrebbe nell’ottica di aumentare il numero di tornei di questo tipo e di distribuirli in maniera più equa nel corso della stagione: i due che ci sono adesso, infatti, si disputano consecutivamente, e da più parti si inizia a dubitare della necessità di dedicare di fatto l’intero mese di marzo del calendario a due soli tornei negli Stati Uniti, una realtà nella quale il tennis negli ultimi anni ha faticato molto dal punto di vista organizzativo (se si escludono i capisaldi Indian Wells e Flushing Meadows). Sono stati soprattutto i giocatori di classifica intorno alla centesima posizione, capitanati dal solito Stakhovski, a lamentarsi di un calendario così costruito, che costringe a chi non riesce ad entrare in tabellone (o qualificarsi) per Indian Wells a rimanere quasi due settimane negli USA sulle spese e con poche possibilità di giocare in attesa che inizi Miami.
Potrebbe quindi non essere un’ipotesi inverosimile quella di uno spostamento del combined di Miami ad altra data, oltre che ad altra sede, per bilanciare il calendario e lasciare al solo Indian Wells (che con i numeri che riesce a produrre e le migliorie che introduce ogni anno è ormai intoccabilmente in una categoria a sè stante) il ruolo di mega-combined di marzo.
Se così dovesse essere, non è difficile pensare ad un possibile combined in Asia durante la stagione autunnale, attualmente così bistrattata da appassionati ed addetti ai lavori, e giocata senza troppa voglia da una bella fetta di giocatori. La probabile riconferma delle ATP Finals a Londra fino almeno al 2018 (anche se senza lo sponsor storico Barclays) rimuove una pedina che l’ATP avrebbe potuto decidere di collocare in Asia, per sfruttare la grande crescita economica di quell’area del mondo, soprattutto della Cina. Anche se Stacey Allaster, la principale artefice della “WTAsia” (così è stata soprannominata la sterzata verso Oriente messa in atto dall’associazione giocatrici), non è più il Direttore Esecutivo del tennis in gonnella, ed il nuovo CEO Steve Simon sembra avere un’atteggiamento molto più tiepido nei confronti delle “tigri asiatiche”, non crediamo sarebbe troppo difficile per l’ATP convincere le ragazze ad approvare un calendario di questo tipo con un mega-combined in Cina in ottobre.
Un terzo mega-combined, come detto, potrebbe essere uno tra Madrid e Roma, che da un po’ di tempo non se le mandano a dire da questo punto di vista. A questo proposito credo sia interessante riprendere una considerazione fatta dal giovane ma molto bravo ed arguto collaboratore del New York Times Ben Rothenberg a proposito di questi due tornei: “Se riuscissero a fondersi, Madrid e Roma darebbero vita al miglior torneo del mondo. Madrid ha un grande impianto con ottime infrastrutture ed un’organizzazione molto efficiente, tutte cose che a Roma lasciano molto a desiderare. In Italia invece c’è la tradizione, il fascino di una sede impareggiabile ed il grande entusiasmo della gente, tutti punti deboli del torneo madrileno”. Osservazione certamente condivisibile, ma totalmente teorica, perché geografia, politica e fortissime contrapposizioni personali tra Ion Tirac, patron del Mutua Madrilena Open, e la FIT, “padrona” degli Internazionali, rendono una fusione tra queste due realtà meno probabile di un game perfetto (quattro ace) di Sara Errani.
Forse però ci siamo fatti prendere la mano lasciando correre la fantasia a briglie sciolte: perché se i nuovi mega-combined dovessero essere quattro (uno a stagione, indicativamente), quale sarebbe il quarto, dando per scontati Indian Wells, uno fra Madrid e Roma ed uno in Cina? Un’affascinante promozione di Halle per un torneo sull’erba? Un torneo in Brasile o in India per provare a piantare radici nei “BRIC”?
Siamo davvero nel fantatennis. Ma quello che non è fantascienza è l’appello del 9 dicembre che potrebbe dirci tante cose sul futuro del torneo di Miami, che se all’inizio del decennio era come numeri e prestigio abbastanza vicino al proprio “cugino” californiano Indian Wells, sta perdendo terreno con velocità preoccupante, anche a causa delle sue carenze logistiche strutturali di cui abbiamo trattato diverse volte: una location con una sola strada d’accesso, grande traffico (anche se la barriera per il pagamento del pedaggio all’inizio del ponte per l’isola di Key Biscayne è stata totalmente automatizzata a fine 2014, favorendo notevolmente il flusso dei veicoli) e scarsa disponibilità di alberghi a prezzi ragionevoli, a causa soprattutto della ormai perenne concomitanza con ULTRA, il festival della musica techno che si tiene a Miami immancabilmente durante l’Open. Il declino in termini di prestigio del torneo è chiaramente sintetizzata da questo fatto: nel 2015 nessun giornalista americano (a parte la stampa locale di Miami) è stato inviato al Miami Open per coprire l’evento.
Una vittoria dell’IMG in appello darebbe una indispensabile boccata d’ossigeno alle sorti del torneo, anche Matheson sicuramente non si darebbe per vinto e potrebbe inventarsi qualche altra causa, oltre a quella che ha già intentato e perso (ma ha presentato appello) per contestare il linguaggio della domanda del referendum votato dai residenti (che si sono espressi a favore dell’espansione del Crandon Park Tennis Center), a suo modo di vedere molto generica e fuorviante. Dalla sua parte il milionario americano ha sicuramente, oltre ad una notevolissima disponibilità economica, il tempo. Quel tempo che per il Miami Open in Florida sta quasi per scadere.
ATP
Roland Garros: Kokkinakis vince la maratona con Wawrinka, Tsitsipas avanza sul velluto [VIDEO]
Una splendida partita tra l’australiano e l’elvetico vede Thanasi vittorioso dopo oltre 4 ore e mezza. Serve molto meno a Stefanos Tsitsipas per travolgere Carballes Baena

T. Kokkinakis b. S. Wawrinka 3-6 7-5 6-3 6-7(4) 6-3
Il cuore non basta. Stan Wawrinka perde un’emozionante maratona con Thanasi Kokkinakis (4 ore e 38 minuti), in una partita che avrebbe potuto significare per lui terzo turno, ma uno start disastroso di quinto set, dopo aver dato prova di una condizione fisica per certi versi inaspettata nei parziali precedenti, gli è costata la pelle. Per l’australiano, invece, finalmente un duello vinto alla distanza, pur con un gran “braccino” nel finale, dopo la beffa nello Slam di casa contro Andy Murray, e l’opportunità di giocarsi un ulteriore step in avanti con Khachanov o Albot.
L’equilibrio è il tratto distintivo dei primi giochi dell’incontro. Entrambi apprezzano scambiare da fondo e il match attraversa dunque una fase iniziale di studio. L’elvetico pare molto centrato e sembra aver recuperato dalle fatiche del debutto contro Ramos, limitando al minimo gli errori gratuiti e spostandosi agilmente sul rosso del Simonne-Mathieu. La partita scivola così sul sottile filo dell’equilibrio fino al 3-3, con i due tennisti attenti a non concedere nulla in battuta, ma è proprio negli ultimi tre giochi che Stan opera lo strappo decisivo. Tre games di fila e un break ottenuto grazie a un sanguinoso doppio fallo finale di Kokkinakis.
Ringalluzzito e forte del vantaggio di un set, Wawrinka comincia con il piede giusto anche nel secondo. Avrebbe infatti una palla break per mettere subito il naso avanti e, pur non sfruttandola, ha un’altra chance nel quinto game, quella buona per trovarsi avanti di un parziale e di un break, complice un altro doppio fallo decisivo del rivale. Sotto 4-2, Kokkinakis però reagisce, anche approfittando di un piccolo passaggio a vuoto dello svizzero e recupera il break di margine. Rimonta completata nel dodicesimo gioco quando, con un altro break, Thanasi evita addirittura il tie-break, non sbagliando più una palla e pareggiando i conti. 7-5 per lui e un set pari.
L’inerzia pare essersi spostata dalla parte di campo del n° 108 al mondo, che nel terzo sale subito sul 3-0 pesante – nonostante il singolo break – e non lascia più nulla al caso. Quello stesso break verrà infatti condotto fino in fondo dall’originario di Adelaide (6-3), per un vantaggio meritato di due set a uno a mettere spalle al muro il campione del Roland Garros 2015. Quest’ultimo, tuttavia, sembra avere ancora qualcosa da offrire – anche fisicamente – e combatte punto a punto nei primi games del quarto. Il problema vero per lui è la mancanza di concretezza nei punti chiave, come quando non capitalizza ben 5 palle break nel secondo game e altre quattro nel sesto. Si procede dunque senza scossoni fino al tie-break, e qui Kokkinakis inciampa a più riprese, commettendo tre errori gratuiti nei primi tre punti e non riprendendosi più (7-4 finale). Per la resa dei conti, serve dunque il quinto set.
I decibel del tifo pendono, e lo si percepisce dalle esultanze, decisamente dalla parte di Wawrinka, ma quest’ultimo, a differenza per esempio di quanto accaduto ieri sera a Monfils, non approfitta al massimo dell’ulteriore spinta del pubblico, incappando in un primo game di servizio disastroso, ceduto ai vantaggi e condito da due doppi falli. Un macigno nella testa di Stan, incapace per qualche minuto di riprendersi dal 3-0 iniziale e falloso come mai prima nel match. Un altro break, addirittura a -0, metterà una pesante pietra sulle sue speranze di approdare al terzo turno, per la gioia di Kokkinakis che, senza strafare e, anzi, lasciando per strada uno dei due break, conquista sfinito il terzo turno al quinto match point, con annessa esultanza gettandosi a terra.
S. Ofner b. [24] S. Korda 6-3 7-6(1) 6-4
Fabio Fognini conosce il suo avversario di terzo turno. Sarà l’austriaco Sebastian Ofner, uscito vittorioso da un match dominato contro la testa di serie n° 24, ovvero Sebastian Korda. Sembrava che quest’ultimo avesse ritrovato delle buone sensazioni essendosi sbarazzato all’esordio di McDonald, e invece si era trattato di un fuoco di paglia. Lo statunitense, dopo aver perso il primo set per 6-3, ha tenuto testa al rivale solo nel secondo, ma nel tie-break che ne è scaturito è stato dominato dall’avversario, racimolando solo un punto (7-1). Korda non aveva comunque concretizzato, suo malgrado, la chance di servire per il parziale sul 5-4. Nel terzo, invece, un solo break, nel nono game, ha definitivamente indirizzato l’incontro verso il più in basso in classifica dei due Sebastian, che eguaglia così il suo migliore risultato in uno Slam, ovvero il terzo turno di Wimbledon 2017, quando fu estromesso da Zverev.
D. Schwartzman b. N. Borges 7-6(3) 6-4 6-3
El Peque approda al terzo turno del Roland Garros, e non era così scontato visti i suoi recenti (non) risultati. Ma la rimonta al primo turno ai danni di Zapata Miralles potrebbe avergli ridato l’ispirazione, anche se serviranno altri match per constatarlo. Intanto, però, l’argentino si è aggiudicato piuttosto agevolmente il match con Nuno Borges, e per avanzare ancora dovrà però battere la testa di serie n° 5 Stefanos Tsitsipas.
[5] S. Tsitsipas b. R. Carballes Baena 6-3 7-6(4) 6-2 (Emmanuel Marian)
È bastata una prestazione perlopiù altalenante a Stefanos Tsitsipas per staccare il pass utile a garantirgli il viaggio al terzo turno del Roland Garros. In fase di analisi pre-match la questione era subito apparsa piuttosto chiara: Roberto Carballes Baena, il trentenne terraiolo canario avversario odierno del quinto favorito in gara, non sembrava avere armi nella propria faretra per metterlo in difficoltà. Troppo evidente la differenza di cilindrata; troppo più pesanti i colpi del greco; troppo leggero il servizio dello spagnolo, che in effetti mai è riuscito a prendere in mano il gioco perlomeno con i colpi d’inizio scambio. E in effetti è finita tre a zero in due ore e venti minuti, ma il tempo utile a portare a casa l’obbligatorio successo sarebbe potuto, ma anche dovuto, essere inferiore alle due ore, se Tsitsipas non fosse incappato in una di quelle orette horror che tante energie preziose gli hanno sottratto negli anni, specialmente negli esigenti Major.
Vinto con relativo agio il primo set grazie a due break al terzo e al nono game, entrambi sigillati da altrettanti erroracci con il dritto dello spagnolo, e salvata l’unica situazione di pericolo al servizio nel quarto gioco per merito di un passantone di rovescio, Tsitsipas si è ingarbugliato in una seconda frazione colma di sbavature, che pure si era più volte messa bene. Il finalista dell’edizione 2021 ha preso a litigare con il dritto (cinque non forzati con il fondamentale nei soli primi tre giochi del set) ridando speranze a un avversario sin lì sballottato alquanto. Per due volte avanti con i break ottenuti nel quarto e nel sesto game, Stefanos si è fatto riprendere altrettante volte. Simbolico per delineare lo stato di concentrazione del greco il gioco numero cinque, dal 15-30 con Tsitsi in battuta: lob difensivo di Carballes Baena in atterraggio nei pressi della riga; Tsitsipas passeggia all’indietro con l’atteggiamento di chi ritiene che la palla uscirà di cinque metri; palla che invece pizzica la riga. Il favoritissimo la chiama fuori, ostentando la sicurezza tipica di chi non è affatto convinto delle proprie ragioni, ma Louise Hengzell, giudice di sedia convenuta sul posto, conferma la chiamata. 15-40, quota per il doppio fallo successivo stracciata in lavagna: contro break. Nel nono gioco, per scialacquare il successivo vantaggio subito guadagnato, il greco ha preso a sparacchiare dalla parte destra, rimettendo dentro la partita Carballes, attore non protagonista sostanzialmente inerte.
Nel tie break, per sua fortuna, Tsitsipas ha cambiato passo e ritrovato il senno, comandando con piglio finalmente adeguato alla situazione e prolungando l’inerzia sino in fondo al set successivo, il terzo, dominato senza angosce. Pur gravato da una mole evitabile di errori marchiani, il greco ha finito per non rischiare granché, ma dovrà lustrare l’arsenale, se vorrà far strada al Bois-de-Boulogne. Carballes era sprovvisto di antidoto, ma già Vesely al primo turno aveva scoperchiato il vaso. Il prossimo round, contro Diego Schwartzman o Nuno Borges, potrebbe rivelarsi un’altra tappa di passaggio, ma nel corso della seconda settimana qualcuno, e molto presto, andrà a vedere le carte.
ATP
Roland Garros, Fognini si gode la vittoria: “Il mio tennis gira bene. Obiettivo seconda settimana” [VIDEO]
Dopo il successo su Kubler il tabellone offre una grande opportunità a Fabio che però non vuole sottovalutare Ofner: “A questo punto chiunque affronti, gioca bene”

Sono passati meno di due mesi dall’infortunio accusato da Fabio Fognini nel match contro Cecchinato nel 250 dell’Estoril. Tutto sembrava andare male al ligure che si apprestava a lasciare la top 100 per la prima volta in quattordici anni. La stagione sul rosso, quella che lo ha portato a vincere un Masters 1000 e a raggiungere i quarti in uno Slam, era appesa a un filo pronto a spezzarsi definitivamente quando Fabio ha iniziato ad allenarsi al Foro italico: il suo fisico non dava risposte positive e l’azzurro era sul punto di rinunciare alla wild card riservatagli. Quando, però, nello sport si combinano talento e forza di volontà, le cose possono cambiare molto rapidamente e così oggi Fabio è al terzo turno del Roland Garros senza aver perso nemmeno un set (cosa che gli era successa solo altre quattro volte) e il tabellone lo ha ripagato con un abbinamento tutt’altro che sfavorevole. Sarà infatti il qualificato Ofner (n. 118) il suo prossimo avversario.
“Lo conosco poco, arriva dai Challenger – ha detto Fabio ai microfoni di Eurosport – so che è stato nei primi 100 ma poi si è fatto male. A questo punto chiunque affronti, gioca bene. Ora voglio semplicemente godermi la vittoria oggi e recuperare l’energia. Da domani penseremo all’austriaco”. Vietato sottovalutare un giocatore che ha già vinto cinque match (l’ultimo con la 24esima testa di serie Korda) tra qualificazioni e tabellone principale, ma è chiaro che l’occasione è ghiotta. L’ultimo ottavo di finale di Fabio al Roland Garros è infatti datato 2019: “Sto bene, il tennis gira bene. Sono di nuovo al terzo turno a Parigi. L’obiettivo è andare nella seconda settimana del mio Slam preferito”. Quando lo ha fatto, il ligure ha sempre regalato spettacolo: nel 2011 l’indimenticabile ed epico match contro Montanes vinto 11-9 al quinto set, nel 2018 un’altra maratona – questa persa – con Cilic e poi nel 2019 un’ottima prestazione contro Zverev. Quest’anno potrebbe essere sfida con Tstitsipas, ma meglio non correre troppo.
Nel frattempo, scenderà sui campi dello Slam parigino anche Flavia Pennetta che insieme a Francesca Schiavone cercherà di difendere il titolo nel doppio delle leggende: “Lei soffre molto a vedermi giocare da casa – ha scherzato Fabio – La prima cosa è sperare che non si faccia male, visto che non gioca da tempo. Poi l’obiettivo suo e di Francesca è semplicemente quello di divertirsi”.
Editoriali del Direttore
Roland Garros: ma Sinner sapeva che nei quarti poteva incontrare Medvedev? Un martedì da leoni, emozioni indicibili, Vavassori, Zeppieri, Monfils
Tutte pernici ieri al Roland Garros. Maratone con rimonte incredibili, battaglie all’ultimo sangue, spettacolo continuo. E il tennis italiano, 3 vittorie su 4, 11 su 15 al primo turno, si è fatto onore

Era solo il primo martedì del Roland Garros 2023, ed è stato un martedì da leoni. Sì, una di quelle giornate – peraltro dopo le tante maratone già seguite domenica e lunedì – che chi le ha vissute non potrà mai dimenticarle. È la forza di questo straordinario sport. Sempre più popolare perfino quando si rischia di essere soffocati dalla troppa folla, dalle troppe code attorno ai campi aperti ai possessori dei cosiddetti biglietti “annexes” o “ground”. Meglio queste code, tuttavia, di quelle che si devono fare ai servizi igienici del Foro Italico…che sono tutto fuorchè igienici. Non mi stancherò mai di sottolinearlo. Prima o poi spero che qualcuno ci metterà mano. Diego Nepi, ci pensi tu?
Giornate di emozioni indescrivibili, anche perché ci vorrebbero ore e ore per raccontarne una minima parte. Sia che fosse un appassionato italiano, o anche un serbo seppure con minor gioia e felicità, quelli che hanno visto e sofferto per 5 ore e 10 minuti l’epica battaglia sul campo 8 fra Vavassori e Kecmanovic, non la dimenticheranno. Papà coach Vavassori, e non solo lui, avrà rischiato l’infarto con i 4 matchpoint annullati al serbo nel terzo set e poi pure con il quinto nel terzo tiebreak consecutivo. La partita – ricordo a chi non avesse letto la cronaca puntuale – si è conclusa soltanto al ventesimo punto del tiebreak finale. E’ stata una delle più incredibili rimonte…almeno fino a quella ancora più pazzesca che ha concluso la nottata ben dopo la mezzanotte…
Sì, alludo a quella vinta da Gael Monfils, il più showman degli showman, e talvolta con eccessi border-line –come ricorderanno tutti coloro che videro quel quarto di finale dell’US open di qualche anno fa che fu vinto da Matteo Berrettini – che alla fine sono costati cari al malcapitato argentino Baez. Già stato vittima di Zverev qui al Roland Garros nel 2022: si era procurato, invano, il matchpoint. Stamattina è rimasto vittima – quando era calata la notte e si era fatto anche molto freddo dopo una giornata invece caldissima come tutte queste prime tre degli Internazionali di Francia – di una atmosfera divenuta per contrasto assolutamente incandescente.
Monfils, in vantaggio due set a uno, aveva perso il quarto set 6-1 e si trovava sotto 4-0 30-40 nel quinto. Insomma aveva fatto un solo game su 11. Non so come abbia fatto, giuro, ma sebbene avesse la testa sott’acqua, è riuscito miracolosamente a risalire la corrente. Certo il pubblico letteralmente impazzito per lui gli ha dato un’incredibile energia. Lui che era rimasto praticamente fermo e senza tennis da un anno per i vari acciacchi fisici. Eppoi mica è più un ragazzino mr Svitolino. Non c’è oggi che spenda più di lui con quel suo tennis da “rematore” di fondocampo eppur anche con quelle incredibili improvvise accelerazioni, cambi di ritmo, dropshots, tutto un repertorio imprevedibile e affascinante.
Ma alla fine, in mezzo al delirio collettivo e nonostante i crampi che sembravano averlo implacabilmente attanagliato, è riuscito ad evitare il supertiebreak nel quale avrebbe probabilmente finito per soccombere. Se non faceva scena, se non recitava come tante altre volte – lui che ha vinto al Roland Garros 11 volte al quinto set su 15 – sembrava non reggersi proprio più in piedi. E invece, ancora una volta, ha finito per vincere 7-5 al quinto. Pazzesco! Non so chi abbia visto i francesi sullo Chatrier…sembravano tutti fuori di testa. Come dicevo partita davvero indescrivibile. 3 ore e 51 minuti di lotta furibonda, tremenda, appassionante. Una meraviglia indimenticabile. Anche se gli argentini preferirebbero dimenticarla.
Quindi dopo i tifosi italiani e serbi, anche gli appassionati francesi e argentini hanno vissuto emozioni grandissime. E che dire allora di quegli altri italiani che hanno seguito per 5 set e 3 ore e 20 minuti Zeppieri e contro quel matto di Bublik? Ci sarà stato anche qualche tifoso kazako no? Io la partita l’ho rivista un po’ su Discovery Plus, che ce la fa vedere tutte. E di cui su Ubitennis ritrovate gli highlights.
Ma vogliamo parlare di quanto successo per 4 ore e un quarto fra il campione di Roma nonché n.2 del mondo Daniil Medvedev e un brasiliano, Thiago Seyboth Wild, che in tre apparizioni al Roland Garros aveva sempre perso al primo turno delle qualificazioni?
Beh, era dai tempi delle tre vittorie di Guga Kuerten a Parigi che la torcida brasileira non godeva così. Sotto di due set a uno, il ragazzo di 23 anni, ex speranza mondiale junior che giocava soltanto il suo secondo Slam dopo quello disputato nel 2020 a New York, ha rimontato e battuto il russo che aveva scalzato Djokovic dalla seconda posizione mondiale. Medvedev grazie all’inatteso trionfo romano su una superficie che non ha mai fatto mistero di non amare _”Meno male che la stagione sulla terra battuta è finita” ma non è che quella sull’erba lo ispiri troppo di più – aveva reso possibile il maligno sorteggio che ha messo nella stessa metà del tabellone i due principali favoriti del torneo, Alcaraz e Djokovic.
I due giocheranno sempre nello stesso giorno, fino a quando dovessero eventualmente scontrarsi. Giocano oggi sul centrale uno dopo l’altro, Alcaraz con il giapponese Taro Daniel, Djokovic in sessione notturna con Fucsovics. Nessuno dei due dovrebbe rischiare di perdere, sebbene il Djokovic di Roma e Montecarlo non sia stato il vero Djokovic. Se giocheranno sempre negli stessi giorni la colpa è di Medvedev.
Non so se Sinner e il suo team guardino i tabelloni, a volte dicono di no, altre volte dicono di sì. Certo la strada verso i quarti di finale, quando teoricamente Sinner n.8 e Medvedev n.2 avrebbero potuto incrociare i loro destini, è oggi ancora lunga.
Jannik dovrà prima liberarsi domani del tedesco Altmaier, n.79 ATP, ma pericoloso quando in giornata con il servizio, poi probabilmente di Dimitrov, quindi di Tiafoe o di Zverev (mi fa più paura il tedesco perché prima o poi ritroverà l’antico splendore: inciso, anche lui come Medveved perse al primo turno a Parigi nel 2017 poco dopo aver trionfato a Roma). Tiafoe sulla terra rossa mi pare più limitato, anche se la personalità per produrre più d’un exploit non gli manca davvero.
Nell’area originalmente presidiata da Medvedev le teste di serie sopravvissute al primo turno sono Nishioka, De Minaur e Coric. Ma ci sono anche due argentini come Cachin (vittorioso su Thiem) e Etcheverry da non sottovalutare. Un altro argentino a Roma ha giocato un brutto scherzo a Sinner.
Però, e non solo i ragazzi vestiti da Carote (e da Lavazza che li ha portati a Parigi dove averli visti a Roma) in onor di Pel di Carota Jannik Sinner – che di Pel di Carota, nomignolo che gli aveva affibbiato il sottoscritto, non aveva mai sentito parlare, tantomeno letto – per Sinner cominciano a sognare cose grandi, nonostante lo choc romano che di nome fa Cerundolo.
Fra i tanti spettatori che non dimenticheranno mai la giornata vissuta ieri a Porte d’Auteuil non vanno dimenticati i tedeschi che hanno visto il loro Hanfmann (quarti di finale a Roma e ottimo protagonista anche a Cagliari) prevalere 6-4 al quinto sull’altro brasiliano Monteiro il quale, rimontati due set era avanti 40-0 sul 4 pari al quinto, ma ha perso il servizio proprio in quel momento.
Insomma, per i brasiliani ieri è stata una giornata di gioie e dolori. Forse conviene affidarsi alla Haddad Maia. Anche i finlandesi, se c’erano (? Non li ho visti), si saranno entusiasmati per il loro Ruusuvuori venuto a capo in 5 set del francese Barrere. Così come i giapponesi – c’erano, c’erano, ne ho visti tanti – per Nishioka che ci ha messo anche lui 5 set per battere Mister Muscolo, l’americano Wolf. Ribadisco: sono state giornate intense, intensissime, indimenticabili, per chi le ha vissute.
Ho accennato alle gioie e ai dolori di tanti Paesi e chissà quante ne ho dimenticati. Anche perché ho trascurato colpevolmente il tennis femminile. Mi sono eccitato quasi soltanto per la vittoria schiacciante della sedicenne (compiuti il 29 aprile) enfant prodige russa (non so come si dice in russo enfant-prodige, e se lo sapessi non potrei scriverlo con la mia tastiera, Gianni Clerici le chiamava tutte Lolita) Mirra Andreeva che ha lasciato soltanto 3 game alla Riske Amritray in un giorno in cui sono saltate diverse teste di serie:Kalinina con Parry, Bouzkova con Wang Xin, la campionessa di due anni fa Krejcikova con l’ucraina Tsurenko, la Azarenka con la Andreescu, la Cirstea con la nostra Paolini, la Rogers con la Martic.
Allora adesso chiudo qui ripetendo quanto ho detto ieri sera a caldo intorno alle 20 sia sull’Instagram di Ubitennis – seguiteci ragazzi, se volete ..uova fresche, siamo solo a 16.000 followers vorrei arrivare almeno a 20.000 per Wimbledon…sbrigatevi! – sia sul rituale video quotidiano di fine giornata: 11 italiani sui 15 in tabellone hanno passato il primo turno. Molti contro pronostico, come le tre vittorie su quattro ottenute questo martedì: Vavassori con Kecmanovic, Zeppieri con Bublik, Paolini con Cirstea. La sola a non compiere il miracolo è stata la campionessa di Rabat, la Bronzetti. Ma chiederle di battere la Jabeur era chiederle troppo.
Oggi 6 azzuri affrontanto il secondo turno. Il mio pronostico l’ho già “azzardato” come faccio sempre su Instagram, peggio per voi se non vi siete ancora iscritti. “Chi non li azzarda i pronostici non li sbaglia”, era solito ripetere Rino Tommasi, spesso con l’aria di rimproverare un po’ l’amico Gianni Clerici che invece non amava sbilanciarsi.
Gianni però quasi tutte le sere veniva da me in sala stampa e mi chiedeva: “Ubaldo, ma Ubitennis le ha già pubblicate le quote degli incontri di domani?”. Stavolta allora lo chiedo io alla redazione. E vediamo se i miei quattro favoriti, sui sei che scendono in campo oggi, hanno quote favorevoli oppure no. Serve per capire se i bookmakers la pensano come il sottoscritto oppure no. Più tardi verifico.