Bolelli e Fognini, coitus interruptus. Il super tiebreak non mi piace

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Bolelli e Fognini, coitus interruptus. Il super tiebreak non mi piace

Nel calcio, i rigori arrivano soltanto dopo centoventi minuti. Simone Bolelli e Fabio Fognini perdono con tanti rimpianti e in modo piuttosto casuale. Perché?

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Reduce dalle finali WTA di Singapore dove ho visto trionfare alla fine una tennista, la Radwanska, che aveva perso ben due match nel girone eliminatorio, non credo che chi li ha – non è il mio caso – debba strapparsi i capelli per la sconfitta subita da Simone Bolelli e Fabio Fognini (11-9 al Super Tiebreak) nei confronti dell’australiano John Peers e dello… scozzese minore, Jamie Murray, un mancino anomalo che preferisce rispondere da destra. Magari qualche lettore attento può cercare di ricordarmi se ci sia stato  qualche altro grande mancino che preferisse in doppio giocare a destra, a parte il contemporaneo Bob Bryan e il fresco pensionato Michael Llodra (quando giocava con Santoro…). Se non fosse che nel gruppo dei nostri ci sono quei mostri sacri dei gemelli Bryan, mai battuti fin qui, si direbbe – ripensando a Radwanska _ che niente è ancora compromesso e si darebbe ragione a Simone Bolelli che ci ha appena detto: “In ogni partita che dobbiamo giocare abbiamo il 50% di chances di vincere, tutto si decide su un paio di punti”. Chissà se Fabio Fognini, che pure si è espresso in modo simile, la pensa davvero così. A giudicare da come si era ridotto le nocche di una mano, sanguinanti, io credo che al riparo da occhi indiscreti e negli spogliatoi Fabio debba avere mollato un pugno o più d’uno. Su un tavolo, al muro? Non lo so. Non certo a Bolelli, nonostante il masochistico doppio fallo – il primo e l’unico! – commesso sul 5 pari del tiebreak del primo set, perchè Simone non presentava alcun segno di ecchimosi e lesioni.

Scherzo ovviamente – lo preciso perché non sempre in casa Fognini si è colto in passato il mio sense of humour – ma che Fabio fosse furibondo alla fine del match che nel supertiebreak sembrava quasi essersi risolto a favore degli azzurri avanti 7-6 e con due servizi a disposizione di Fabio, è indubbio. E, al di là del fatto che lui ha un carattere più impulsivo e sanguigno di Simone che sembra uno che non si incavola mai (scrivo sembra, ma magari dentro nel suo intimo si incavola eccome…ma non lo dà a vedere), Fabio ne aveva ben donde. Tutti e due hanno imprecato alla sfiga per quel colpo un po’ steccato di John Peers rimbalzato a un metro dalla riga di fondo e che ha consentito poi a Murray di chiudere una facile volèe, ma per onestà intellettuale occorre anche dire che sul 7 pari, probabilmente innervosito dal punto precedente, Fognini ha sbagliato un rovescio abbastanza gratuito che non avrebbe dovuto sbagliare. Facile a dirsi stando seduti belli comodi nella magnifica O2 Arena, invece che sul campo ad incavolarsi per un colpo fortunato di un avversario, fatto sta che due minibreak di fila in un Super-Tiebreak si finiscono per pagare salato. Ed è quello che è successo. I nostri sono finiti sotto 11-9 al terzo e con mille rimpianti.

Le occasioni c’erano state, contro la coppia più giovane di queste finali di doppio – la sola a non schierare neppure un trentenne – e sette minibreak nel super-tiebreak dicono che quando sale la tensione crescono anche gli errori. Nel primo set da metà secondo game all’ottavo ci sono stati 20 punti consecutivi per chi serviva. Le palle nuove filavano che è una meraviglia, si batteva molto meglio di quanto si rispondesse. Dei due italiani Fognini rispondeva certamente peggio. Lo ha ammesso lui stesso (se ascoltaste gli audio che mandiamo lo sapreste già… Dovreste approfittarne di più secondo me). Accanto a me, a seguire la partita c’era Gianni Clerici che – come la gran parte di noi cronisti – non è più abituato a seguire i doppi ai quali notoriamente non partecipano più i migliori tennisti del mondo, diversamente da quanto accadeva una volta. Per inciso Fabio Fognini, n.21 del mondo, è il più alto in classifica tra i doppisti in gara, e Simone Bolelli n.58, il secondo più alto in classifica ATP. Il francese Mahut n.71 è l’altro unico top100  Insomma Clerici, rimasto indietro qualche annetto, si stupiva a scoprire il “decisive point”, il receiver’s choice, il Super-Tiebreak. E ne era piuttosto scandalizzato. In effetti, anche se qualcuno definisce l’attuale format del doppio “un prodotto da vendere” forse perché rischiava di non essere più per nulla venduto dacché i top-players l’hanno abbandonato e gli organizzatori dei tornei hanno sulle scatole il doppio perché i doppisti occupano stanze d’albergo, macchine della transportation, costringono a tirar fuori montepremi sostanziosi senza che il doppio “venda biglietti”, è un peccato che il doppio perfino a queste finali mondiali ATP sia ridotto ad una sorta di roulette russa.

Un colpo fortunato, o anche due, e si vince oppure si perde. Un po’ come una partita di calcio che si conclude ai rigori. Ma almeno quelli nel calcio arrivano dopo 120 minuti in cui una squadra di 11 uomini non è riuscita a prevalere sull’altra. Oggi dopo 83 minuti – e molto minor tempo effettivo – si è partiti con il Super-Tiebreak che è durato 17 minuti perchè ha richiesto 20 punti. Ora se io capisco che il doppio nei tornei per una questione di programmazione, di accavallamento con i singolari – soprattutto quando il torneo è combined, uomini e donne insieme – debba essere quasi obbligatoriamente ridotto all’essenziale, invece qui alle World ATP Finals dove si giocano solo due incontri per sessione, pomeridiana e serale, trovo che la necessità di un SuperTiebreak a decidere il terzo set non si giustifichi. Capisco che non sia facile cambiare se tutto l’anno si gioca con il No-Ad, cioè il settimo punto decisivo con la facoltà per chi risponde di scegliere se rispondere da destra o oppure da sinistra (con il duo australo-scozzese che ha deciso di far giocare la risposta una volta a Murray ed un’altra a Peers, mentre invece gli azzurri optano sempre per Fognini… anche quando, come oggi, magari risponde meglio Bolelli o, nei confronti di un servizio mancino che ti butta sull’esterno dovresti pensare se non sarebbe meglio che rispondesse il giocatore che sta a destra…), non sia facile cambiare. Però se non si valorizza qui maggiormente il doppio e lo spettacolo che può offrire, dove allora? Oltretutto sfiga ha voluto – qui davvero si può usare quel sostantivo ormai entrato nel lessico comune anche se non dei più eleganti – che Djokovic abbia dominato in appena 62 minuti Kei Nishikori nell’inguardabile derby Uniqlo. Novak deve stare attento ad umiliare così il giapponese – che era in una condizione quasi impresentabile – perchè come gli ho scherzosamente detto in conferenza stampa rischia di giocarsi lo sponsor! “Spero di poter stare tranquillo per un po’!” ha replicato Novak, cui non manca mai il sense of humour.

Gli spettatori che oggi avevano acquistato il biglietto saranno tornati a casa poco soddisfatti, soprattutto quelli che si erano svegliati tardi e avevano deciso di snobbare il doppio. Buon per chi l’ha visto, se londinese, perché ha vinto il maggiore dei fratelli Murray, però avrebbe potuto esserci un’ora più di spettacolo e soprattutto un verdetto più onesto. Per onesto intendo un verdetto meno casuale, magari favorevole anch’esso a Murray-Peers, però non legato ad un colpo steccato o ad un net (che peraltro nell’occasione non c’è stato). Mi sono dilungato – almeno io, non gli organizzatori – sul doppio perché il primo singolare non c’è stato e il doppio che avrebbe potuto essere più bello ed avvincente è stato… mozzato troppe volte da un regolamento che, soprattutto qui, proprio non mi convince. È stato una sorta di coitus interruptus.

Ciò detto auguro ai nostri di recuperare e vincere i prossimi due incontri, a cominciare dal difficilissimo spareggio con i gemelli Bryan, che oggi hanno perso in due set contro Bopanna/Mergea.

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