I dubbi su Djokovic e sul suo cammino verso Parigi. E se Nole avesse calcolato tutto?

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I dubbi su Djokovic e sul suo cammino verso Parigi. E se Nole avesse calcolato tutto?

Le prestazioni un po’ sotto tono di Novak Djokovic in queste ultime settimane hanno messo in dubbio il suo ruolo di grande favorito al Roland Garros, l’unico Slam che manca al suo palmarès. Ma potrebbe anche essere che Djoker ne abbia pensata un’altra delle sue per portare finalmente a casa la Coppa dei Moschettieri

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Andando a ritroso cronologicamente: la sconfitta contro Murray nella finale degli Internazionali d’Italia, la prima sulla terra rossa contro lo scozzese, le due faticose vittorie ottenute in precedenza contro Nadal e Nishikori, il 6-0 subito da Bellucci nel primo set nel match di esordio nel torneo romano, un nervosismo di fondo che si porta dietro da Madrid nonostante la vittoria nella capitale iberica, la sconfitta all’esordio con Vesely a Montecarlo. E, soprattutto, delle prestazioni al di sotto dello standard – elevatissimo – a cui ci aveva abituato. Sono questi gli indizi che per molti costituirebbero la prova dell’enorme pressione che Novak Djokovic si porta dentro con l’avvicinarsi dell’unico torneo del Grande Slam che manca alla sua bacheca: il Roland Garros. Secondo questa interpretazione, sarebbe proprio questa pressione che starebbe influenzando negativamente le sue prestazioni in campo.

Chi sposa questa linea di pensiero la supporta attraverso il confronto con le marce di avvicinamento di Nole a Porte d’Auteuil in quelli che, sinora, sono stati i “migliori anni” della sua vita tennistica, il 2015 e il 2011. In entrambe le stagioni il tennista serbo giunse infatti a Parigi senza aver provato la sensazione della sconfitta sul mattone tritato.
Doveroso ricordare comunque, se entriamo nel dettaglio, che non è che tutto sia filato liscio in quelle occasioni.
Lo scorso anno Djokovic arrivò a Parigi dopo le vittorie di Montecarlo e Roma, avendo saltato Madrid. Al Foro Italico non fu però tutto facile: i primi tre match li vinse al terzo (guarda caso, rimontando un set a Bellucci al secondo turno), per poi alzare il livello a partire dalle semifinali e superare abbastanza agevolmente Federer in finale. In precedenza a Montecarlo aveva dominato fino alla finale, dove però dovette lottare tre set per avere la meglio su Berdych.
Nel 2011 al Roland Garros ci arrivò da imbattuto in stagione, non solo sulla terra. Ma Murray a Roma in semifinale arrivò a servire per il match prima di arrendersi 7-6 al terzo e la settimana prima a Madrid, prima di battere Nadal in finale, il serbo dovette rimontare un set in semifinale a – guarda un po’ chi c’è sempre di mezzo – Bellucci e fu costretto al terzo set da Ferrer nei quarti. Novak saltò invece Montecarlo perché preferì vincere sulla terra di casa, a Belgrado.

A parte la considerazione che per come è andata a finire in terra di Francia le altre volte, dal punto di vista scaramantico forse è meglio aver perso a Roma, si può notare come, tutto sommato, le precedenti campagne romane del n. 1 del mondo non siano state molto diverse da quella di quest’anno.
Vero è che nel 2011 e nel 2015 a Roma vinse e arrivò a Parigi senza che nessuno lo avesse battuto sulla terra rossa e – soprattutto per i sostenitori della suddetta tesi, ma non solo – questo dal punto di vista mentale potrebbe fare qualche differenza. Per lui e per gli altri.

Se però andiamo ad analizzare altri numeri delle due fantastiche stagioni del belgradese, scopriamo che ce ne sono alcuni che, forse, sono indizi di qualcosa di diverso.
Osservando questi numeri e confrontandoli con quelli di questo maggio 2016, sembrerebbe che Djokovic, proprio perché le volte precedenti a Parigi non è finita come sperava,  abbia deciso di cambiare qualcosa – forse a livello di preparazione, chissà – con l’obiettivo di arrivare al top nella seconda settimana del Roland Garros. Mettendo in conto il rischio di non essere brillante nei Masters 1000 appena conclusi. Un approccio che, appunto, sembrerebbe aver adottato già in altre occasioni.

Da quali numeri si deduce un tale ragionamento? Da quelli antecedenti l’unico Major che offre un percorso di avvicinamento simile a quello parigino, gli US Open. Anche prima di New York, infatti, si giocano due Masters 1000 sulla stessa superficie dello Slam immediatamente successivo.
Lo scorso anno, infatti, Novak arrivò a New York con risultati peggiori di quelli ottenuti quest’anno prima di Parigi, dato che in entrambi i “1000” delle settimane precedenti fu sconfitto in finale.
Prima a Montreal, dove nei quarti di finale fu costretto anche ad annullare due match point a Gulbis nel secondo set, fu sconfitto da Murray, poi a Cincinnati si arrese a Federer. Anche in Ohio il belgradese rischiò parecchio prima di raggiungere la finale, visto che in semifinale Dolgopolov arrivò a due punti dal match nel tie-break del secondo set.
Ci sono similitudini con il cammino romano della scorsa settimana, e anche nell’agosto scorso ci fu chi disse – forse gli stessi di oggi – che la sconfitta a Cincy contro il fuoriclasse di Basilea avrebbe incrinato le sicurezze di Djokovic alla vigilia dello Slam americano.
Il confronto con il 2011 vede similitudini persino maggiori se ci limitiamo a guardare gli esiti finali: vittoria a Montreal (battendo in finale Mardy Fish), sconfitta in finale a Cincinnati (per ritiro, mentre era in svantaggio 4-6 0-3)  contro Murray.

Nei suoi romanzi gialli Agatha Christie diceva che due indizi sono una coincidenza e che ne servono tre per fare una prova. Novak di US Open ne ha vinti “solo” due e di conseguenza il ragionamento si ferma per forza qui.
Attenzione però: il terzo indizio che fa la prova potrebbe proprio essere il Roland Garros che inizia domenica…

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