I sette re di Roma: Rafael Nadal

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I sette re di Roma: Rafael Nadal

Nella settimana in cui si sarebbero dovuti giocare gli Internazionali d’Italia, un articolo per ognuno dei sette migliori giocatori della storia del torneo. Oggi è il turno del più forte di tutti al Foro: Rafael Nadal

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Rafael Nadal - trofeo Roma 2019
 

Dall’10 al 17 maggio, se non fosse intervenuto il coronavirus a complicare tutto, si sarebbero giocati gli Internazionali BNL d’Italia. Per lenire un po’ la nostalgia, e sperando che il torneo possa essere recuperato quest’anno, abbiamo preparato una serie di articoli sui Sette Re di Roma da pubblicare fino a domenica, il giorno in cui si sarebbe disputata la finale. Abbiamo selezionato i sette tennisti che più degli altri hanno contribuito a scrivere la storia di questo torneo in Era Open.

Partiremo dal più recente per andare indietro nel tempo: oggi tocca a Rafael Nadal, il giocatore più vincente della storia del tornei con nove titoli.


Il titolo nobiliare è lo stesso per ognuno di loro, ma non tutti i re di Roma di questo appuntamento giornaliero nella settimana orfana degli Internazionali d’Italia hanno lo stesso peso. Se abbiamo visto che Novak Djokovic ha tutto il diritto di reclamare la corona di viceré assoluto, possiamo allora affermare, con una nota di spirito che si accorda con i nove trionfi, che Rafael Nadal ha portato il “re maggiore” fuori dall’ambito musicale. Il dominio di Rafa sulla terra battuta è tale che, quando si vuole instaurare una discussione sui più forti su quella superficie, diventa d’obbligo la premessa “a parte Nadal”. Il Masters 1000 nostrano non fa eccezione.

 

Rafa sfonda il muro della top 100 nell’aprile 2003, ancora sedicenne, dopo aver perso agli ottavi di Monte Carlo contro Guillermo Coria. Una frattura da stress alla caviglia rimediata al torneo di Estoril nel 2004 lo tiene lontano dai campi fino a luglio, rimandando la prima apparizione al Foro Italico al 2005. L’esordio nella capitale, da n. 7 del mondo, è il migliore possibile: alza la coppa dopo una finale di 5 ore e 14 minuti, battendo Coria 7-6 al quinto set, parziale in cui risale dallo zerotrè pesante. Né la stanchezza accumulata durante le due ore e mezzo di semifinale contro David Ferrer, né le vesciche alla mano sinistra e nemmeno il passante argentino di rovescio in mezza volata nel tie-break hanno potuto fermare la corsa di Nadal. Grande impresa, tutti d’accordo, ma ci si domanda se saprà farsi valere anche al Roland Garros. Beata ingenuità.

Quando arriva il momento dell’edizione 2006 degli Internazionali, Rafa non è solo il secondo giocatore più forte del mondo, ma non perde sulla terra battuta dall’aprile dell’anno precedente. Sta vivendo il suo ultimo mese da teenager e nel mirino ha il record di Guillermo Vilas (53 incontri consecutivi vinti sul rosso) che può eguagliare bissando il titolo. All’ultimo atto trova Roger Federer, l’incontrastato sovrano del ranking che però ha perso quattro delle cinque sfide con il maiorchino. Uno scontro di stelle per cinque ore di tensione altissima ed emozioni al massimo: al quinto set, Federer ha due match point quando Rafa serve nel dodicesimo gioco. Quel 15-40 svanisce nel dritto impreciso e a Roger non basta neanche il vantaggio di 5-3 nel tie-break. Nadal prosegue così la striscia vincente che si fermerà solo l’anno dopo a quota 81, la più lunga di sempre su una singola superficie. Ma, soprattutto, non è insensato argomentare che quel match condizionerà pesantemente gli head to head con lo svizzero nei dieci anni a venire.

La terza affermazione di fila arriva con una finale – ora la si gioca al meglio dei tre set – che è una passeggiata di salute ai danni di Fernando Gonzalez, ma è stato l’incontro del giorno prima a far spellare le mani degli spettatori: per oltre tre ore e mezza, Nikolay Davydenko ha sventrato la metà campo spagnola con i suoi anticipi micidiali, costringendo Rafa a recuperi impossibili. Impossibili per chiunque altro. Sette anni più tardi, il russo avrà la consolazione, tutt’altro che magra, di chiudere la carriera in vantaggio 6-5 negli scontri diretti.

Il quarto successo arriva nel 2009. Per la prima volta a Roma da n. 1 del mondo, posizione che occupa dall’agosto del 2008, non trova alcuna resistenza fino all’ultimo atto dove Djokovic riesce a tenergli testa, invano, almeno per il primo set. L’anno seguente è quello della semifinale con Ernests Gulbis. Il talento di Riga dal dritto ancora “normale” lo fa soffrire, è il solo a strappargli un set, ma in finale a battere David Ferrer ci va ancora il fenomeno di Manacor che, tra l’altro, vincerà i tre successivi Slam. Tra l’altro. Percorso netto nel 2012 (finale con Nole) e, dopo aver nuovamente rischiato con Gulbis ora in versione albatros, ecco un’altra coppa nell’anno dei cinque Masters 1000, il 2013, con vittoria agevole su Federer: a quanti titoli siamo arrivati? Sette, è il momento di prendersi una pausa.

Avanti veloce fino al 2018, allora, quando Fabio Fognini gli strappa un set ai quarti, Novak si arrende in due ma in una contesa di livello stellare e Sascha Zverev sale 3-1 nel parziale decisivo; la domenica – con un aiuto dal cielo – è però ancora bottino di Rafa. La stagione terraiola 2019 è da incubo: un toro scarico sbarca in Italia senza aver conquistato un torneo sul rosso. Anzi, a ben contare, si è già depositata una buona dose di polvere sull’ultimo trofeo messo in bacheca – quello del Masters 1000 canadese di agosto. Invece, sono di nuovo vacanze romane per il nostro, almeno fino alla finale con Djokovic che ha appena vinto Madrid, ma dopo due mesi di appannamento totale. L’opportunità per Nole di pareggiare i conti con quell’ottava sfida al Foro sfuma in tre set. Una battaglia che non può essere memorabile, ma che proietta lo spagnolo verso il dodicesimo trionfo al Roland Garros.

Nove titoli su quindici partecipazioni, undici semifinali disputate e vinte. Con questi numeri, vale la pena di ricordare i quattro che si sono messi di traverso con successo sulla strada di Rafa: Ferrero, tre volte Djokovic, il Wawrinka pronto ad apparecchiarsi la vittoria a Parigi con quei pantaloncini e Dominic Thiem. Questa avrebbe dovuto essere la settimana dell’assalto alla doppia cifra già raggiunta a Parigi, Monte Carlo e Barcellona. Se è pressoché impossibile prevedere quanto dovremo aspettare per assistervi, non lo è certamente ipotizzare che in terra italica, dopo l’estate o fra un anno, sarà ancora Nadal l’uomo da battere per conquistare un posto fra i Re.


I sette re di Roma

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Flash

Match fixing, in Belgio riprende il processo alla rete criminale internazionale: sospetti su centinaia di match

Sull’Equipe le cifre impressionanti che risulterebbero dalle indagini degli inquirenti: complessivamente oltre otto milioni di euro

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Sull’Equipe di lunedì 21 marzo Alban Traquet è ritornato sulla vicenda dei match truccati e del processo all’organizzazione che avrebbe gestito scommesse e pagamenti. Una rete che vede accusato principale in un processo in corso in Belgio Grigor Sargsyan, detto “il Maestro”, personaggio a capo di una rete criminale armena che avrebbe approfittato delle falle del circuito internazionale per avvicinare e corrompere giocatori francesi e non.

Una piaga che si è propagata al di sotto dei radar e dei media (la maggior parte di questi tornei non sono ripresi dalla televisione) e grazie anche all’anonimato dei gradi più bassi del tennis professionistico. L’inchiesta avrebbe permesso di identificare, secondo l’accusa, 376 incontri sospetti tra il febbraio e il 2014 e il giugno del 2018, in una rete di corruttela che implicherebbe 182 giocatori di più paesi (alcune audizioni hanno avuto luogo in Belgio, in Francia, in Germania, in Slovacchia, Bulgaria e Stati Uniti) e l’apertura di 1671 conti per l’organizzazione criminale.

Presente all’apertura del processo, il 17 marzo presso il tribunale di Audenarde, in Belgio, Sargsyan, che ha scontato 8 mesi di carcerazione preventiva dopo l’arresto, continua a negare i fatti attribuitigli. Interrogato all’uscita del Palazzo di Giustizia, ha rotto brevemente il silenzio dichiarando: “i miei demoni per i soldi facili sono morti e sepolti. Mi rimetto alla giustizia”. La ripresa del dibattito è prevista per il giorno 24 marzo.

 

La vicenda ha avuto inizio nel 2015 dopo un segnale dato da più operatori all’interno della Commissione per i giochi d’azzardo, in Belgio. Gli attori principali sono tennisti dai bassissimi guadagni, in generale sotto la duecentesima posizione del ranking.

La vita di chi bazzica i tornei Challenger o Futures costa cara (alberghi, trasporti, pranzi) e non è granché redditizia. In queste condizioni può essere forte la tentazione di perdere un set o un game in cambio di qualche centinaia o migliaia di euro. Il pubblico ministero belga nelle sue conclusioni evoca “un esercito di soldati facilmente avvicinabili proprio per motivi di premi bassi e alti costi di partecipazione ai tornei”.

Tra questi soldati deboli ci sarebbero parecchi giocatori francesi. Alcuni sono già stati puniti come Mick Lescure e Jules Okala, sospesi a vita da dicembre. La testimonianza di uno di questi, interrogato nell’ambito dell’inchiesta francese sullo stesso argomento, ben figura nel dossier battezzato “Oryan”.

Il giocatore in questione ha spiegato di aver partecipato a dei match truccati su richiesta del “Maestro”, e che sarebbe ugualmente servito come intermediario tra Sargsyan e altri giocatori, servigio per il quale avrebbe ricevuto una somma di denaro. Avrebbe infine riconosciuto di avere ugualmente truccato dei match di doppio all’insaputa del suo compagno di squadra.

Ha poi raccontato dei pagamenti In banconote alla Gare du Nord a Parigi, all’aeroporto di Roissy o a Forest, a sud di Bruxelles. Ha parlato dei messaggi attraverso Telegram, dei codici utilizzati e delle tariffe: 400 euro per un game perduto in ogni set per il singolare, 2.000 euro per un match di doppio perduto in due set.

Gli inquirenti hanno analizzato minuziosamente le entrate sospette sul suo conto, e hanno trovato 40.000 euro da aprile 2016 a giugno 2018, soldi provenienti da 9 conti correnti diversi.

Il Parquet Federal ha concluso che più di 560000 euro “sporchi” sono stati redistribuiti ai giocatori coinvolti, in cambio dei loro favori “racchetta in mano”. Se la combine per qualche motivo non poteva essere effettuata, il giocatore implicato dichiarava forfait, annullando così la scommessa. In totale più di 8 milioni di euro sono transitati tra giugno 2016 e il marzo 2018 su un conto numerico utilizzato dell’accusato numero 2 nel dossier belga, Andranik M. , presunto responsabile finanziario della rete criminale.

Secondo le conclusioni dell’inchiesta Sargsyan utilizzava diversi metodi per evitare di essere smascherato. Tra marzo e agosto 2017 avrebbe utilizzato 18 numeri di telefono e 8 cellulari diversi, consegnando ai giocatori con cui comunicava diverse schede SIM.

Si sono costituite parte civile la ITF, l’ITIA (International Tennis Integrity Agency) e la FFT. “E’ un grosso affare, dentro il quale si possono trovare parecchie prove; ben organizzato e con tantissimo denaro circolante” – commenta il rappresentante dell’ITIA – “la punta di un iceberg, dalla quale si ha una buona vista d’assieme del fenomeno”.

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ATP

Insider Expeditions sceglie i fratelli McEnroe come icone per un viaggio in Tanzania

I fratelli McEnroe ambasciatori del tennis in Tanzania: la storia

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John McEnroe - Commissioner Eurosport

Un progetto di integrazione tra sport e conoscenza dei territori sarà attuato da Insider Expeditions nel prossimo dicembre. L’azienda, leader nell’organizzazione di viaggi internazionali per lavoro o divertimento, ha annunciato una partnership con John e Patrick McEnroe per portare queste due leggende del tennis in Tanzania. In collaborazione con il governo, i fratelli McEnroe saranno accompagnati da ben 120 appassionati di tennis durante uno speciale viaggio di otto giorni che includerà l’inaugurazione di un nuovo campo da tennis nella pianura di Serengeti.

“Siamo entusiasti di dare il benvenuto a John e Patrick McEnroe e ai loro ospiti in Tanzania per questo evento speciale di dicembre 2023”, ha affermato Samia Suluhu Hassan, la presidente della Tanzania. “Il nostro paese – prosegue – continua a crescere grazie a sforzi come questo, tesi a mettere in evidenza i territori e le tipicità locali. L’aggiunta di un elemento speciale come il tennis ci aiuterà anche nel diffondere altre discipline sportive oltre al calcio. Serve dare nuove possibilità ai giovani, fornire loro testimonianze di altri stili di vita . E’ il calcio a farla da padrone in quelle fasce d’età, ma ovviamente l’esperienza di queste leggende potrebbe aiutarci tantissimo a far crescere uno sport come il tennis”.

John McEnroe si dice entusiasta dell’iniziativa: “Io e la mia famiglia non vediamo l’ora di fare un viaggio molto emozionante in Tanzania, dove avremo la possibilità di far consocere il tennis ai giovani, probabilmente per la loro prima volta”.

 

Il viaggio di lusso includerà una partita di tennis tra i fratelli McEnroe nel mezzo del Serengeti, una delle destinazioni più iconiche dell’Africa. L’itinerario comprende i migliori parchi nazionali della Tanzania tra cui il cratere di Ngorongoro e il Serengeti che ospitano numerosi uccelli e rettili.

Fauna selvatica impareggiabile, culture locali e paesaggi mozzafiato si uniscono per produrre quella che viene spesso descritta come la vacanza da sogno. Realizzare questo percorso accanto a leggende del tennis arricchirà l’esperienza in maniera esponenziale.

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ATP

ATP Rotterdam: Omar Camporese nel 1991 unico italiano vincitore in Olanda, fu il primo titolo del bolognese

Prima di Jannik Sinner, solo il bolognese aveva raggiunto l’ultimo atto. Memorabile la finale vinta contro l’allora n. 3 mondiale Ivan Lendl. L’azzurro rimontò vincendo due tie-break consecutivi con tanto di match point cancellato nel terzo set

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Omar Camporese - Rotterdam 1991

Nella storia del torneo di Rotterdam (qui l’intero albo d’oro), denominato ufficialmente con la dicitura ABN AMRO Open e appartenente alla categoria dei ‘500’, solo un tennista azzurro si era spinto sino all’ultimo atto prima di Jannik Sinnercome abbiamo già ricordato anche sulla nostra pagina Instagram. Si tratta di Omar Camporese, al quale non solo l’impresa nel 1991 riuscì ma addirittura fu enfatizzata dalla conquista del titolo. Per il bolognese, quella in terra olandese fu la seconda finale della carriera a livello ATP; la prima l’aveva disputata un anno prima vicino casa a San Marino perdendola contro l’argentino – nativo di Tandil come Juan Martin Del Potro – Guillermo Perez-Roldan. Successivamente, l’ex n. 18 ATP – suo best ranking – ottenne fino al termine della sua vita di professionista della racchetta – che appese nel 2001- una sola altra finale: nel febbraio del 1992, quando a Milano sconfisse Goran Ivanisevic alzando al cielo meneghino il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera.

All’inizio dell’evento orange, Omar era n. 54 del ranking mondiale: vinse il primo turno in tre parziali contro il tedesco Eric Jelen, a cui invece seguirono due successi senza perdere set ai danni dell’austriaco Alex Antonitsch e del ceco Karel Novacek. Dopodiché fu la volta della grande battaglia in semifinale con l’idolo di casa Paul Haarhuis, che attualmente ricopre il ruolo di Capitano di Coppa Davis dei tulipani, sconfitto al tie-break del terzo.

 

In finale ad attenderlo, c’era il n. 3 del mondo e prima testa di serie del tabellone Ivan Lendl, già vincitore delle sue 8 prove dello Slam: l’ultima nel 1990 in Australia contro Stefan Edberg. Perso il primo set, Camporese vinse il secondo 7 punti a 4 nel sempre dirimente dodicesimo gioco ed infine dopo aver anche cancellato un match point sul 5-4 e servizio; si aggiudicò pure il tie-break finale – ancora per 7-4 – che suggellò il suo primo storico trionfo in carriera sublimato dall’essersi dimostrato superiore nel confronto, valevole per il titolo, con uno dei mostri sacri della storia di questo sport.

Ma soprattutto, quello storico successo italico maturato a Rotterdam 32 anni fa assunse connotati emotivamente ancora più intensi grazie alle voci che accompagnarono le gesta di Camporese nel suo straordinario cammino e che fanno riecheggiare tutt’oggi il ricordo delle emozioni vissute nel cuore di quelli appassionati che ebbero la fortuna di poter assistete all’evento o che l’hanno recuperato successivamente tramite la piattaforma di YouTube – per quei pochi che non l’avessero fatto, potrete rimediare a fine articolo -. Al commento, infatti, di quell’incredibile finale contro il campione ceco in postazione telecronaca, rigorosamente dal vivo sul posto e non da tubo – come si suol dire in gergo giornalistico – per Tele+ c’erano il Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta e il compianto Roberto Lombardi.

(match completo con commento lo trovate nel video in basso)

I followers Instagram di Ubitennis potranno seguire il “Punto di Ubaldo” in un minuto a caldo appena conclusa la finale odierna.
Circa 30 minuti dopo la conclusione, Ubitennis pubblicherà sul sito e sul canale YouTube di Ubitennis un commento più articolato del direttore.

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