L’Adria Tour di Zara, purtroppo, verrà ricordato soprattutto per la positività al COVID-19 di alcuni dei protagonisti e di altre persone – fortunatamente tutte guarite, la cosa più importante – e per le conseguenti polemiche sulla mancata adozione da parte degli organizzatori dell’evento di maggiori precauzioni al fine di ridurre il rischio di contagio. Ma in quel weekend nella città che fu la capitale del Regno di Dalmazia ai tempi dell’impero austro-ungarico, c’è stato comunque qualcosa di bello da segnalare, tennisticamente parlando. Sebbene si sia trattato solo di un doppio di esibizione, in cui insieme a Borna Coric ha affrontato Novak Djokovic ed Olga Danilovic, a Zara abbiamo infatti rivisto in campo Ana Konjuh.
La 22enne talentuosa giocatrice di Dubrovnik era praticamente ferma da quasi tre anni. Da quando nell’agosto 2017, appena entrata in top 20 e dopo aver raggiunto gli ottavi a Wimbledon il mese prima, il gomito destro – già operato nel 2014 – era tornato a farle male. Da quel momento in poi, un calvario. Nell’anno e mezzo successivo, due operazioni all’articolazione (settembre 2017 e marzo 2018), tentativi di rientro e ulteriori terapie conservative. L’avevamo ritrovata in campo all’inizio del 2019. Tre sconfitte in tre incontri, l’ultimo a Budapest, in febbraio, battuta dalla francese Parmentier. E la speranza di essere guarita che subito svaniva davanti alla triste realtà: il dolore al gomito era tornato. Poco dopo ecco la quarta operazione, ultima speranza di risolvere il problema all’articolazione e tornare a giocare senza dolore. Da allora, sono passati altri sedici mesi.
Proprio qualche settimana prima del rientro in campo (prima di Zara, era scesa in campo anche in un’altra esibizione in Croazia, ad Osijek), Ana era stata intervistata in un paio di occasioni dal sito croato 24sata.hr, rivelando i retroscena della decisione di tornare per l’ennesima volta sotto i ferri. “A febbraio ero andata negli USA per una visita, non era previsto che mi operassi, ma è andata così. Il gomito era tornato a farmi molto male, non sapevo cosa fare. Il medico mi disse che non vedeva nulla, ma che era evidente che non potevo più giocare. Si è messo in contatto con i medici che mi avevano operato in precedenza e mi ha dato un’unica opzione: avrei dovuto operarmi di nuovo e avevo cinque minuti per decidere. Il giorno dopo alle cinque del mattino ero sul tavolo operatorio”.
Ora, tutto sta finalmente procedendo per il meglio. “Se non ci fosse stata la pandemia, probabilmente adesso sarei in giro per tornei. Mi alleno ogni giorno e spero di non avere più problemi con gli infortuni. Il gomito va bene e questa volta ho avuto molto tempo per il recupero e per una riabilitazione ottimale e confido di essere pronta quando inizieranno i tornei”.
A Zara la vincitrice nel 2013 di due Slam juniores in singolare, Australian Open e US Open (“È uno dei sogni che non ho realizzato, avrei voluto vincerli tutti e quattro”), ha giocato con una vistosa protezione al gomito, ma a giudicare da quanto visto – a partire da un paio di dritti sparati addosso a Djokovic a rete – la potenza dei colpi che le valsero l’appellativo di “Baby Serena” quando iniziò a muovere i primi passi nel circuito maggiore pare non avere risentito dello stop. “Mi hanno detto che l’80% delle persone recupera completamente da questa operazione (ricostruzione del legamento collaterale ulnare, ndr). Considerando che nessuno sa esattamente quale sia il mio problema – forse è una questione biomeccanica, forse non sono “fatta” per il tennis – nel mio caso questa percentuale è inferiore. Ma mi sono detta: ‘Dai Ana, questo è l’ultimo tentativo’”.
Un tentativo in cui ripartirà da…zero, dato che attualmente non ha una classifica WTA, considerato che gli ultimi punti erano i tre ottenuti a febbraio dell’anno scorso.
In realtà la tennista dalmata potrebbe sfruttare il ranking protetto di n. 255 (“Non sono stata molto tempestiva nel richiederlo” ha ammesso, ed è difficile darle torto considerato che lo ha fatto a metà luglio 2018, a più di dieci mesi dal primo stop e dopo che si era già sottoposta a due interventi: solo un mese prima era ancora n. 127), ma ha dichiarato che non è sua intenzione farlo subito (“Penso di utilizzarlo per le qualificazioni degli Slam”), dato che vuole iniziare giocando tornei di livello inferiore, per riprendere confidenza con i match. Tornei che non frequenta da un bel po’. “Sì, riparto da zero, è così. Ho dimenticato come sia giocare in questi tornei, perché sono passata velocemente da junior a senior. In tutti i casi, sarà strano”.
Siamo andati a controllare e in effetti per Ana sarà veramente strano, perché da quasi sei anni non frequenta i tornei ITF di livello inferiore. A parte infatti il match di primo turno a Trnava, in Slovacchia, nel gennaio dello scorso anno, nell’ultimo tentativo di rientro purtroppo andato male (dove perse 7-6 6-4 dalla n. 153 Martincova, non proprio un sorteggio favorevole per un primo turno ITF), l’ultimo ITF da 25.000$ disputato fu quello di Clemont-Ferrand nel settembre 2014, quando aveva diciassette anni.
In questi ultimi tre anni la vita di Ana è stata ben diversa da quella a cui era abituata, da juniores prima e professionista poi. Tra riposo e riabilitazione, tanto il tempo passato a casa davanti alla TV, a guardare serie TV (“Le adoro. Ho iniziato a guardare “La casa di carta” ma non ho finito. Mi sono dovuta dare una calmata, ero capace di rimanere a guardare puntate fino alle prime ore del mattino…”) e anche altri sport. “Sono diventata un’appassionata di NFL. Passo un paio di mesi all’anno negli USA e mi sono appassionata di questo sport. Eravamo a Cincinnati, vai in un ristorante e tutti ne parlano, guardano i match… Per chi faccio il tifo? Per i San Francisco 49ers, San Francisco è una città che adoro”.
Un’altra curiosità collegata alla nazione nordamericana è il fatto che abbia dichiarato che il suo migliore amico nel tour non è un connazionale, come di solito capita, ma proprio un tennista statunitense, Frances Tiafoe. “Quella dichiarazione devo cambiarla. Il mio amico più caro è Borna Coric. Devo dirlo, perché si è arrabbiato con me quando ho detto che era Tiafoe… Quindi con l’occasione mi scuso con Borna. Tra l’altro, anche Frances si era arrabbiato con me: quando gli avevano tifato contro, o meglio per Borna, quando avevano giocato contro in Coppa Davis a Zara. Non è stato facile…”.
In passato l’allieva di coach Antonio Veic, suo connazionale ed ex n. 119 del mondo, aveva più volte dichiarato – l’ultima solo lo scorso anno – che pensava di smettere presto con la carriera agonistica. “Sì, all’inizio della carriera avevo detto che era mia intenzione giocare fino ai 26 anni e poi crearmi una famiglia, diventare mamma. A causa di questi infortuni i piani sono cambiati. Giocherò probabilmente fino ai 30. Ma potrei ritirarmi prima se raggiungessi quello che vorrei…”. E cosa vuole Ana Konjuh? “Vincere un torneo del Grande Slam, è il sogno di tutti quelli che giocano a tennis. Ed è questo il momento per sperarci, considerato che ci sono tenniste che periodicamente riescono a fare salto e ad ottenere il grande risultato. Basta guardare chi sono le ragazze che hanno conquistato gli ultimi Slam, sono tutte della mia generazione”.
I dati le danno assolutamente ragione: degli ultimi sei Slam solo uno (Wimbledon 2019, Simona Halep) è stato vinto da una giocatrice della generazione precedente. Gli altri sono stati appannaggio, nell’ordine, di Naomi Osaka, coetanea di Ana, di Ashleigh Barty, un anno in più della croata, e di Bianca Andreescu e Sofia Kenin, rispettivamente più giovani di diciassette e dieci mesi.
E magari lo Slam in cui trionfare potrebbe essere quello che ama di più, Wimbledon. “È particolare. Sarà per l’erba, sarà perché siamo tutti vestiti di bianco… Comunque tutti i giocatori vorrebbero giocare una volta nella vita sul Centrale di Wimbledon”. Ma nel breve termine c’è un altro obiettivo a cui la tennista croata tiene in modo particolare: la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo. Ci aveva messo una pietra sopra, ma il rinvio dei Giochi di un anno a causa della pandemia le offre ora una nuova possibilità. “Credo sia il sogno di ogni tennista partecipare alle Olimpiadi. Sono stata a Rio 2016 e la partecipazione ai Giochi è un qualcosa di unico. Spero, se sarò in salute, di poter risalire nel ranking in modo da qualificarmi per Tokyo”.
L’ultima domanda è – purtroppo – doverosa: e se il rientro non dovesse andare secondo i piani? Mesi fa la giovane croata aveva infatti fatto capire che se ci fossero stati dei nuovi problemi, avrebbe potuto veramente decidere di appendere la racchetta al chiodo. Ma il tempo ha stemperato dubbi e preoccupazioni, ed ha anche dato ad Ana la forza e l’energia per ripartire e non pensare più ad arrendersi. “Era una cosa detta a caldo. Se dovesse capitare ancora qualcosa, ritornerei ancora. Ho ancora tante motivazioni”.