Come anticipato in chiusura della scorsa puntata, l’8 settembre 2003 si chiude definitivamente il lungo e frammentato regno di Andre Agassi. A spodestarlo per l’ultima volta è lo spagnolo Juan Carlos Ferrero, che ha sconfitto proprio lo statunitense nella semifinale degli US Open per poi essere a sua volta battuto in finale da Andy Roddick. Pur deluso dalla netta sconfitta, “Mosquito” diventa il 21esimo leader del ranking ATP ma l’incombere della stagione indoor e la vicinanza in classifica dello stesso Roddick suonano come pericolosi campanelli d’allarme per la conservazione del trono. Invece, nonostante abbia ottenuto la maggior parte dei suoi successi sulla terra rossa (Roma, due volte Monte Carlo e il Roland Garros), Ferrero dimostra di eccellere anche sul duro e conquista la finale a Bangkok (sconfitto da Taylor Dent) e la vittoria nel Masters Series di Madrid, dove regola in finale il cileno Nicolas Massu.
Gli ottimi risultati vengono però vanificati a Parigi Bercy, laddove il ceco Jiri Novak ottiene la sua unica vittoria in carriera contro un numero 1 (a fronte di sette sconfitte) chiudendo dopo sole otto settimane l’esperienza di Ferrero sul tetto del mondo. L’iberico fa registrare un bilancio di 11 incontri vinti e 3 persi (oltre a Dent e Novak, il primo a batterlo era stato l’argentino Calleri in Davis) e consegna il bastone del comando a Roddick, a cui basta la semifinale parigina (persa in due tie-break con Henman) per rilevarne il posto e giocare la Masters Cup di fine stagione da leader ATP.
Ventunenne del Nebraska, Andy Roddick è il favorito del Masters che si disputa al West Side Tennis Club di Houston ma si complica la vita nel girone perdendo da Rainer Schuttler in tre set e così in semifinale deve vedersela con il campione di Wimbledon, Roger Federer. Lo svizzero, n°3 del mondo, ha dovuto annullare due match-point ad Agassi nella fase a round robin e si è classificato primo nel suo gruppo anche in virtù delle nette vittorie su Nalbandian (la prima in carriera) e Ferrero, al quale di fatto ha tolto ogni possibilità di riprendersi la corona e chiudere la stagione da re. Pur avendo un bilancio negativo (1-4), Roddick ha battuto Federer nell’ultimo confronto diretto agli Open del Canada e pensa di potersi ripetere ma il tie-break del primo set diventa lo spartiacque di un match che ripropone lo splendido stato di forma dell’elvetico: 7-6 6-2 e Federer chiuderà la settimana texana battendo di nuovo (ma stavolta molto più facilmente) Agassi e proponendosi come alternativa credibile a Roddick, sesto statunitense a chiudere l’anno in cima al ranking dopo Connors, McEnroe, Courier, Sampras e Agassi.
Il 2004 dell’americano inizia in Qatar e inizia male. A Doha, Roddick perde al secondo turno con lo svedese Jonas Bjorkman e arriva a Melbourne con più dubbi che certezze. Nel primo Slam stagionale, lui e Federer sono ai poli opposti del tabellone ma è il redivivo Marat Safin a impedire che si affrontino in finale, come logica vorrebbe. Dopo quasi tre stagioni da Top-10, nel 2003 il russo ha giocato poco e male ed è precipitato fino alla posizione n°86 in classifica ma il suo talento – pur non affiancato dalla dovuta continuità – è fuori discussione e agli Australian Open lotta come un leone fin dal primo turno, vince tre partite al quinto set (Todd Martin, Roddick nei quarti e Agassi in semifinale) e conquista la finale dove Roger Federer gioca sapendo già che l’indomani diventerà il 23esimo padrone del vapore.
Safin, provato dalle battaglie dei giorni precedenti, resiste per tutto il primo set ma finisce per perderlo al tie-break e con quello anche ogni – peraltro minima – speranza di prendersi il titolo. Il 2 febbraio 2004, dunque, diventa una pietra angolare nella storia di questo sport perché è il primo di 1293 giorni consecutivi trascorsi sul trono da Roger Federer, come nessuno ha fatto in passato e fino ai giorni nostri. In un momento in cui i bimani sembrano poter monopolizzare il circuito, almeno nelle alte sfere, Federer rinnova la tradizione dei sovrani con il rovescio a una mano, l’ultimo dei quali è stato il brasiliano Gustavo Kuerten.
Per quanto si sia capito, fin da quel pomeriggio londinese del 2001 in cui ha sconfitto in cinque set Pete Sampras sul centrale di Wimbledon, che Federer ha le stimmate del fuoriclasse, nessuno può ragionevolmente prevedere ciò che invece succede dal momento del suo insediamento nella stanza del potere del tennis maschile. Nel suo primo anno di regno, lo svizzero perde un pugno di incontri ma non mancano i dolori. Il primo a causargli un dispiacere è Tim Henman, che lo elimina nei quarti a Rotterdam; dopo aver vinto a Dubai e Indian Wells, Federer assaggia per la prima volta le sgradevoli rotazioni di un giovane spagnolo mancino che lo batte senza appello al secondo turno di Miami: è Rafael Nadal e, con lui, Roger edificherà una delle rivalità più esaltanti nella storia del gioco.
Sia pur asceso al trono, il re mostra ancora qualche lato di debolezza e, sulla terra rossa, cade vittima di due specialisti già campioni del Roland Garros: Albert Costa (a Roma) e Gustavo Kuerten, proprio a Parigi. Il triplice 6-4 subìto dal brasiliano fa già calare qualche ombra sulle potenzialità dell’elvetico, il cui gioco sembra decisamente più adatto alle superfici rapide. Il progetto-Federer però è ancora in costruzione, soprattutto sul piano della consapevolezza, e riceve lusinghiere risposte dall’erba di Halle e Wimbledon (dove si conferma campione), dal vittorioso blitz a Gstaad (a cui Federer non rinuncia, nonostante le fatiche londinesi, per onorare una promessa fatta qualche anno prima, quando proprio gli organizzatori del torneo gli diedero la wild-card che lo fece debuttare nel circuito maggiore) e infine dal successo nel Masters Series di Toronto.
L’intensa attività, che mal si addice a chi deve gestire il potere, lo rende tuttavia vulnerabile sia a Cincinnati che all’appuntamento olimpico di Atene. In Ohio a batterlo subito è Dominik Hrbaty, che completa così il suo poker di scalpi eccellenti (dopo Kafelnikov, Agassi e Safin) e chiuderà la carriera con un bilancio positivo (4-3) nei confronti con i numeri 1. In Grecia invece, torneo a cui Federer tiene particolarmente, il secondo turno gli propone un diciottenne ceco di belle speranze che, nella sorpresa generale, lo batte 4-6 7-5 7-5: si tratta di Tomas Berdych e siamo solo alla prima di 26 sfide dirette tra i due.
Appena una settimana dopo la delusione olimpica, Federer si presenta agli US Open in veste di favorito e inizia il suo lustro newyorchese senza sconfitte soffrendo solo nei quarti contro Agassi (e il vento) e infliggendo, unico nella storia del torneo e secondo in assoluto in uno slam, al finalista (Lleyton Hewitt) ben due 6-0 nell’atto conclusivo. Sulla scia della vittoria statunitense, Roger domina anche a Bangkok e si riconferma campione alla Masters Cup di Houston, manifestazione in cui batte di nuovo Hewitt sia nel gruppo di round robin che in finale. L’elvetico chiude il 2004 in cima al ranking e con un record di 74-6, che sembra già ragguardevole, ma nella stagione che segue farà ancora meglio, iniziando a far credere di poter essere veramente lui il migliore di sempre.
Eppure, anche se perderà solo 4 delle 85 partite disputate, tre di queste saranno particolarmente significative. La prima è la semifinale degli Australian Open, dove difende il titolo e dove non capitalizza un match-point contro Marat Safin per poi perdere 9-7 al quinto. La seconda è ancora una semifinale, quella del Roland Garros che lo vede soccombere in quattro set al tennista che monopolizzerà la terra parigina per i tre lustri a venire, ovvero Rafael Nadal. Infine, la finale della Masters Cup a Shanghai in cui, non al meglio della condizione, si fa rimontare un vantaggio di due set dall’argentino David Nalbandian che vince così il trofeo più prestigioso di una carriera che, pur al netto di una finale Slam (persa a Wimbledon contro Hewitt) e di un best-ranking da numero 3 del mondo, non ne ha eguagliato il talento.
Il quarto ko Federer l’ha patito nei quarti a Monte Carlo lasciando sul campo altri tre match-point e facendosi battere da un talentuoso francese di nemmeno 19 anni reduce dalla vittoria nel challenger di Napoli ma che non ha mai battuto un top-10 in carriera e – dopo la vittoria in oggetto – affronterà altre 16 volte un numero 1 e perderà sempre: Richard Gasquet.
Come detto, però, il 2005 di Federer è anche e soprattutto una cavalcata impressionante con undici titoli complessivi tra cui il tris a Wimbledon, il bis a New York, la doppietta negli emirati (Doha-Dubai) e quella ancora più prestigiosa da una costa all’altra degli Stati Uniti (Indian Wells-Miami) oltre ad altri due Masters Series (Amburgo e Cincinnati). Insomma una stagione esaltante e praticamente irripetibile. Come dite? Non irripetibile? In effetti il 2006 sarà ancora migliore, ma questo lo vedremo nella prossima puntata.
TABELLA SCONFITTE N.1 ATP – DICIANNOVESIMA PARTE
2003 | FERRERO, JUAN CARLOS | CALLERI, AGUSTIN | 46 57 16 | DAVIS CUP | C |
2003 | FERRERO, JUAN CARLOS | DENT, TAYLOR | 36 67 | BANGKOK | H |
2003 | FERRERO, JUAN CARLOS | NOVAK, JIRI | 57 57 | PARIGI BERCY | S |
ANNO | NUMERO 1 | AVVERSARIO | SCORE | TORNEO | SUP. |
2003 | RODDICK, ANDY | SCHUETTLER, RAINER | 64 67 67 | MASTERS | H |
2003 | RODDICK, ANDY | FEDERER, ROGER | 67 26 | MASTERS | H |
2004 | RODDICK, ANDY | BJORKMAN, JONAS | 36 46 | DOHA | H |
2004 | RODDICK, ANDY | SAFIN, MARAT | 62 36 57 76 46 | AUSTRALIAN OPEN | H |
2004 | FEDERER, ROGER | HENMAN, TIM | 36 67 | ROTTERDAM | H |
2004 | FEDERER, ROGER | NADAL, RAFAEL | 36 36 | MIAMI | H |
2004 | FEDERER, ROGER | COSTA, ALBERT | 63 36 26 | ROMA | C |
2004 | FEDERER, ROGER | KUERTEN, GUSTAVO | 46 46 46 | ROLAND GARROS | C |
2004 | FEDERER, ROGER | HRBATY, DOMINIK | 61 67 46 | CINCINNATI | H |
2004 | FEDERER, ROGER | BERDYCH, TOMAS | 64 57 57 | OLIMPIADI ATENE | H |
2005 | FEDERER, ROGER | SAFIN, MARAT | 75 46 75 67 79 | AUSTRALIAN OPEN | H |
2005 | FEDERER, ROGER | GASQUET, RICHARD | 76 26 67 | MONTE CARLO | C |
2005 | FEDERER, ROGER | NADAL, RAFAEL | 36 64 46 36 | ROLAND GARROS | C |
2005 | FEDERER, ROGER | NALBANDIAN, DAVID | 76 76 26 16 67 | MASTERS | H |
- Nastase e Newcombe
- Connors
- Borg e ancora Connors
- Bjorn Borg
- Da Borg a McEnroe
- Ivan Lendl
- McEnroe e il duello per la vetta con Lendl
- Le 157 settimane in vetta di Ivan Lendl
- Mats Wilander
- Lendl al tramonto e l’ultima semifinale a Wimbledon
- La prima volta in vetta di Edberg, Becker e Courier
- Sale sul trono Jim Courier
- Il biennio 1993-1994, da Jim Courier a Pete Sampras
- Agassi e Muster interrompono il dominio di Sampras
- La seconda parte del regno di Sampras, Rios re senza corona
- Moya, Rafter, Kafelnikov e Agassi nell’ultima fase del regno di Sampras
- Le 9 settimane di Marat Safin, le 43 di Guga Kuerten
- L’esplosione precoce di Lleyton Hewitt, gli ultimi fuochi di Agassi