Diokovic ha provato a creare un minimo di suspense per un match che non poteva averne e ha ceduto per primo il servizio nel terzo game del primo set… però il bluff non poteva reggere. Djokovic su una superficie come quella di Londra è troppo più forte. Così ha dato ragione a chi riteneva che la sua sesta vittoria in sei match contro Schwartzman non potesse essere messa in discussione dall’argentino all’esordio in un Masters di fine anno. Il Peque non poteva neppure sognare un esordio simile a quello di Dimitrov e Tsitsipas che hanno trionfato subito nelle Finals, né l’argentino può confidare sul ricordo di un Djokovic che al suo esordio nelle Finals del 2007 perse tutti e tre gli incontri del round robin… e poi è diventato quel che è diventato. Schwartzman non sarà mai Djokovic, anche se è spiacevole affermarlo.
Djokovic ha vinto 6-3 6-2 in un’ora e 18 minuti, quattro break, due per set, senza aver bisogno di impegnarsi proprio a fondo. Lo scorso anno avrei scritto che chi aveva comprato il biglietto era stato mal ripagato dallo spettacolo. Ma questa volta il pubblico non c’era e semmai sono quelli che hanno acquistato i diritti tv a temere di averli pagati eccessivamente dopo queste prime due giornate di ATP finals… se non fosse che il torneo è lungo e anche se le prime partite non sono state altamente spettacolari non è detto che le prossime e in particolare le ultime non le riscattino.
Il meglio del pomeriggio è venuto, forse, dall’intervista postmatch di Djokovic il quale, sollecitato ancora da Cindy Shmerler del New York Times sulla stessa domanda posta e riproposta alla noia a tutti– e cioè quale fosse la distanza ideale per un match di tennis, negli Slam e nella finale del Masters di fine anno, due su tre o tre su cinque? – ha detto esattamente il contrario di quel che aveva detto il giorno prima Nadal. Nadal è per i 3 su 5, Nole per i 2 su tre. Zverev per i 3 su 5, Medvedev per i 2 su 3.
Nadal aveva raccontato come la decisione di far giocare le finali dei Masters 1000 al meglio dei tre set anziché dei cinque come erano stati fino al 2006, era in parte probabilmente dipesa dai suoi cinque set giocati in due finali consecutive intorno alle cinque ore a Roma nel 2005 e nel 2006 contro Coria (5h e 14m) e Federer (5h e 10 m)… e dovendo giocare già la settimana dopo ad Amburgo non era nelle condizioni di farlo. Ma Rafa aveva poi detto: “Per i Masters 1000 back to back aveva senso cambiare, ma per gli Slam no. Sono assolutamente contrario. Abbiamo un giorno di riposo fra un match e l’altro. Le partite al quinto fanno la differenza e poi fanno parte della storia del nostro sport. Devi essere più forte mentalmente, più forte fisicamente, restare solido a lungo per due settimane, penso davvero che si dovrebbero conservare i 3 set su 5”.
Se all’epoca in cui (2007) Djokovic non aveva forse ancora voce in capitolo – come abbiamo visto giocò sì il suo primo Masters di fine anno a Shanghai 2007 ma non vinse una partita – oggi che è il n.1 del mondo la voce ce l’ha e certo si capisce anche perché abbia formato la PTPA e a suo tempo da presidente dei giocatori …dimenticasse di sentire il parere di Nadal e Federer che non facevano più parte del board. Se i giocatori più influenti hanno idee opposte su più argomenti, diverse filosofie, non possono stare insieme.
Ieri Djokovic ha detto: “Sarei per i due set su tre dappertutto, anche se gli Slam storicamente sono sempre stati 3 su 5. Non so se le cose potranno cambiare. Ma io penso che ci sono già abbastanza tornei, abbastanza match tutto l’anno. Abbiamo la stagione più lunga di tutti gli sport, dall’1 gennaio a fine novembre. Letteralmente ogni settimana c’è un torneo da qualche parte. Non vedo perché si debbano mantenere i 3 su 5 anche se è sempre stato così e c’è la tradizione. Ma sento che l’attenzione dei fan più giovani regge per solo per poco tempo. Quindi se vogliamo migliorare il prodotto tennis, per così dire, bisogna adattarlo alle nuove generazioni in termini commerciali e di marketing. Purtroppo c’è stata data una statistica un po’ scioccante: la ricerca e lo studio fatto dicevano che l’età media degli appassionati di tennis nel mondo era di 61 anni (qui però Djokovic si rifà a uno studio che non dice esattamente questo, lo abbiamo scritto quando anche Patrick Mouratoglou per lanciare il suo Tennis Ultimate show disse le stesse cose).
Quindi sì, dobbiamo cambiare qualcosa secondo me. Ovviamente siamo uno sport che è stato molto legato alla tradizione, cosa che rispetto e quindi non bisogna dimenticarlo, ma allo stesso tempo non abbiamo sperimentato troppo quali cambi fare, sia esso il punteggio, meno set o altro, un diverso calendario, un sistema diverso di punteggio. Non abbiamo davvero approfondito tutto questo. Ogni volta che qualcuno accenna a qualcosa del genere sento che non c’è molto sostegno, non c’è una grande voglia di capire quale sarebbe la strategia migliore per attrarre maggiormente i più giovani al nostro sport”.
Zverev è stato tranchant: “Cambiare i 3 su 5? Mai! Perché? Perché è la storia del tennis. Non cambi la storia del tennis così. Hai cambiato la storia della Coppa Davis e non ha funzionato molto, non vi pare? È la storia del tennis che richiede anche un aspetto fisico. Abbiamo un giorno di riposo durante gli Slam, e lavoriamo per quegli appuntamenti, andiamo in palestra per quello, lo facciamo per quello. I tre set su cinque dovrebbero restare per sempre!”.
Quando la stessa domanda è stata riproposta a Daniil Medvedev, il russo si è quasi messo a ridere. “Ho visto che Nadal e Djokovic hanno risposto esattamente l’opposto! Quindi sono in difficoltà… io mi trovo meglio a giocare sui 2 su 3, quindi sceglierei quelli per le mie caratteristiche, anche se non credo che molti sarebbero d’accordo…”.
Ma che delusione anche il match Medvedev-Zverev! Hanno perso entrambi il servizio nei primi due game, ma giocando entrambi così male che non ci credevo, anche se erano 21 punti pari sul 2 pari e 40 pari. Zverev con sette doppi falli nonostante servisse seconde indegne, 14 km/h più piano del solito in media col bel risultato di fare soltanto il 20% di punti con la “seconda”, non era chiaramente nelle condizioni psicologiche adatte per giocare questa partita. “Se gioco ancora così non vinco una partita” ha detto Sascha visibilmente deluso e giunto in conferenza stampa in grande ritardo rispetto a quanto aveva annunciato. Avrei voluto essere lì per capire il perché.
Certamente anche il comunicato dell’ATP – per quanto neutro ma per l’appunto uscito in questi giorni dopo che l’influente New York Times e Sport Illustrated avevano sottolineato la necessità di un qualche pronunciamento – deve avergli fatto fischiare le orecchie. E non credo che Zverev l’abbia digerito bene. Che sia quella la ragione del ritardo? Chi credeva che davvero lui potesse continuare a sorridere sotto la maschera dopo tutto quel che gli è successo si sbagliava.
Ho scritto dopo tutto quel che gli è successo e non dopo tutto quel che ha combinato, perché certe cose non lo so, soprattutto nei confronti delle sue relazioni con le due ragazze russe. Però del party assai poco distanziato a Montecarlo in pieno Covid c’erano le foto e dopo quanto dichiarato durante l’improvvido Adria Tour… E della dichiarazione della febbre a 37 e mezzo dopo aver perso con Sinner vogliamo parlare? Sapeva francamente tanto di scusa per giustificare la sconfitta. Al Roland Garros non hanno certo gradito perché pareva una implicita accusa all’organizzazione che avrebbe dovuto misurargli la temperatura e probabilmente lo aveva fatto. Quando poi a Colonia, sempre contro Sinner e nel primo set, l’ho visto più di una volta prendersela con le chiamate elettroniche… beh, ho pensato: ‘Questo è fuori di testa come lo era John McEnroe che inveiva contro il Ciclope, la prima macchina elettronica gridando: “Quella macchina ce l’ha con me!”‘.
Vabbè, torno alla partita che mi ha deluso quasi quanto Zverev. Quando Medvedev ha registrato un po’ i suoi colpi, dimenticando la tensione che forse aveva all’inizio ricordando che lo scorso anno non aveva vinto neppure una partita del round robin, ha fatto un altro break a Zverev, ha tenuto tre servizi di fila a zero e uno a 15, e per Zverev in quello stato è stata notte fonda. Tanto che l’unico momento da ricordare poi è stato sul 4-3 30 pari quando Medvedev, vedendo Zverev cinque metri dietro la riga di fondocampo, ha servito dal sotto, Zverev è arrivato sulla insolita smorzata, si è ritrovato giocoforza a rete, ha fatto una prima volee, poi una seconda, ma non una terza. È stato il colpo del k.o. per il tedesco, anche se sul 3-5 è riuscito orgogliosamente a tenere il servizio.
A me ha sorpreso quanto ha detto Medvedev già sul campo prendendo in contropiede un po’ tutti (ma ripetendolo poi in conferenza stampa): “È stato un match di intensità straordinaria, uno dei più alti di sempre…”. Mah, che dire? Né al duo Bertolucci-Pero, né al sottoscritto è parso che fosse così. Però è vero che a volte guardare il tennis in tv inganna. Ho sentito per esempio dire a Volandri che il campo è più lento di quello di Parigi, e invece Zverev ha detto il contrario quando gli ho chiesto – This one is slower or faster? E lui: “Molto più veloce e le palle non sono molto controllabili su questa superfice”.
La stessa cosa aveva detto Rublev. E anche Berrettini. Però è vero che vedendo certi scambi prolungati di Medvedev-Zverev nei primi game poteva sembrare che, considerate anche le caratteristiche dei due tennisti, il campo fosse lento come sostiene Volandri che pure un po’ di tennis l’ha giocato e visto. Ripeto, la tv appiattisce e inganna. Nessun giudice è affidabile sulla velocità di un campo come chi ci gioca sopra.
Per me, che considero Djokovic favorito del suo gruppo anche se non mi ha convinto appieno con Schwartzman (14 errori gratuiti di Nole in 17 game contro un avversario che non poteva metterlo in grandi difficoltà sono troppi), questo fra Medvedev e Zverev poteva considerarsi un mezzo spareggio. E questo potrebbe giustificare la tensione dei primi game. E i tanti errori. Ho visto tanti Masters maschili e femminili per sapere che perfino vincere due partite nel round robin non garantisce il passaggio alle semifinali e, sia pure un numero inferiore di volte, che due sconfitte nei primi due incontri non significano eliminazione sicura (in quello femminile di Singapore quando c’era Flavia Pennetta nel 2015 il torneo fu vinto da Radwanska che aveva perso le prime due partite, e una proprio con Flavia).
Intanto però i primi quattro della classifica mondiale hanno vinto tutti. E tre di loro, Djokovic, Nadal e Medvedev in due soli set, mentre Thiem ha perso un set per strada con Tsitsipas. A volte sono dettagli che contano. Chi perde fra Tsitsipas e Rublev stasera, può quasi preparare le valigie. Mentre chi vince potrà sperare di battere uno fra Nadal o Thiem alle prese oggi nel loro primo duello in un torneo indoor. Nel caso in cui Nadal battesse Thiem in due set sarebbe automaticamente qualificato per le semifinali, stessa cosa nel caso in cui Rafa battesse Dominic in tre set e Rublev vincesse a sua volta contro Tsitsipas. Inversamente, se Thiem battesse Nadal e Tsitsipas superasse Rublev, Dominic staccherebbe il biglietto per le semi in anticipo. Mentre il primo match potrebbe decretare il primato nel girone, nel secondo ci sarà in ballo la speranza di giocarsela fino alla fine.
Se non vi foste orizzontati in questi astrusi rompicapo, consultate un ragioniere oppure andate a vedere l’articolo che riassume orari, quote dei bookmakers, precedenti incontri diretti e di tutto di più.