Grazie, Jannik

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Grazie, Jannik

Meglio di qualunque record, titolo o vittoria, la più grande impresa di Jannik Sinner è quella di essere riuscito, con la solita semplicità, a unire un intero Paese

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Jannik Sinner - ATP Finals 2023 (foto: X @rolandgarros)
 

Tutte le volte che si avvicinava al microfono doveva sempre aspettare dieci, venti, anche trenta secondi prima di parlare. E appena iniziava doveva fermarsi dopo pochissimi istanti. Non perché non avesse qualcosa da dire, anzi, ma perché proprio non lo lasciavano esprimersi.

Quello che ha combinato Jannik Sinner nell’ultima settimana della stagione ATP è qualcosa di cui, forse, nemmeno lui si rende conto. Dico forse perché nessun ragazzo normale di 22 anni, come può essere il sottoscritto, riuscirebbe a mettere insieme con lucidità tutti i pezzi di un puzzle azzurrissimo, come il colore caratteristico delle Nitto ATP Finals 2023 e come la tinta della maglia più famosa della Nazionale italiana. Ma è evidente che Jannik, per quanto continui a definirsi così, sia ormai tutto tranne che un ragazzo normale.

Per Torino, per il Piemonte, per un Paese intero Sinner è stato ciò che, prima di lui, era quasi sempre stato soltanto la Nazionale di calcio. “Of course calcio is calcio” – parafrasando le parole di Novak Djokovic durante la conferenza stampa al termine della finale vinta contro Jannik, tuttavia la passione che ha suscitato il tennis in questi giorni torinesi è qualcosa che non si è quasi mai visto in Italia.

Certo non lo hanno mai visto le nuove generazioni, ma l’emozione della prima volta è stata fortissima. Bisogna in qualche modo sentirsi privilegiati, come si è spesso definito Jannik in questi giorni, per aver potuto assistere – chi dal vivo, chi da casa – ad un simile spettacolo. Di quelli che ti inondano di adrenalina, ti fanno sorridere spontaneamente. Di quelli, insomma, che vorresti non finissero mai.

Ma Sinner non ha perso? Sì, ha perso 6-3 6-3. E allora?

E allora pazienza. Potrei raccontarvi che si è arreso di fronte al giocatore più forte della storia del tennis, a colui che ha vinto più Slam di tutti, più ATP Finals di tutti, più Masters 1000 di tutti, a colui che più di tutti è stato e sarà numero uno del mondo. Si è fermato dinanzi ad un giocatore il cui allenatore, con una nonchalance pazzesca (quasi spaventosa per chi avrebbe dovuto e dovrà ancora affrontarlo), ha pubblicamente detto che “non appena è andato in semifinale, sapeva avrebbe vinto il torneo“.

Gli altri tre semifinalisti, per inciso, erano il n.2, il n.3 e il n.4 del mondo. Il n.2 e il n.4, battuti con disarmante consapevolezza dei propri mezzi, sono due dei giocatori che verosimilmente porteranno in alto il tennis in un futuro lontano seppur già molto prossimo, un’era che profuma tanto di presente. Un presente che, tuttavia, continua ad essere dominato da un extraterrestre che a 36 anni ha vinto quattro dei cinque tornei più importanti della stagione, andando probabilmente ad un solo dritto al volo da vincere pure il quinto.

Novak Djokovic (sinistra) e Jannik Sinner (destra) – ATP Finals 2023 (foto: X @atptour)

L’omaggio allo sconfitto

Questa però non è la sede adatta per parlare del vincitore, bensì per incoronare lo sconfitto. Una celebrazione che avviene raramente, specie in uno sport così brutale come il tennis in cui vince solo una persona su 28, 56, 96 o 128 e dove perdere è la normalità (o dovrebbe esserlo, almeno, evidentemente qualcuno non è stato avvertito). Talvolta, tuttavia, si riesce ad assumere la capacità di perdere emozionando. Ed emozionandosi.

Gli ultimi dieci giorni di vita di Jannik Sinner sono stati ricchi di emozioni. Lo ha raccontato lui stesso: “non avevo mai sentito prima un boato come quello che ho percepito uscendo per la prima volta dal tunnel del Pala Alpitour, all’ingresso in campo prima del match contro Tsitsipas. È stata una sensazione straordinariaha ammesso l’altoatesino nella sua conferenza post finale.

Dev’essere una sensazione pazzesca sentire tredici mila persone che gridano all’unisono il tuo nome. Jannik ha fatto venire la pelle d’oca a chi, come me e tanti altri, era a Torino per lavoro e quelle emozioni avrebbe dovuto trasmetterle, trasferirle, dipingerle a chi non c’era. Ha fatto sobbalzare, gioire, disperare e commuovere sconosciuti seduti non soltanto a due passi dalla tribuna stampa, ma anche in qualunque altro settore di uno stadio tutto per lui.

Chissà quanto avrà battuto forte il cuore di chi, magari, ha anche fatto dei sacrifici per comprare un biglietto, sperando di assistere dal vivo ad un incontro del suo tennista preferito. O forse l’ha comprato al figlio, alla mamma, al nonno. Posso garantire che negli ultimi giorni a Torino sono passate dal Pala Alpitour tante generazioni diverse, tutte però con lo stesso, bellissimo fine: mostrare affetto e sostegno incondizionato ad un 22enne che è già un’icona, un riferimento e un esempio. Alcuni si sono anche lasciati trasportare da emozioni forti e genuine, come il piccolo grande Matteo.

Dal campo alla TV, Jannik ragazzo del popolo

Lo straordinario potere che Jannik ha acquisito in questi giorni, più efficace di ogni ace o dritto vincente, è stato quello che pochissimi eletti riescono a impersonare e a sopportare con naturalissima semplicità: unire una Nazione. Per tutta la settimana delle ATP Finals Sinner è davvero stato il ragazzo del popolo, in cui potevano immedesimarsi l’adolescente, l’adulto o l’anziano di turno. È stato l’idolo di chi lo segue da quando aveva ancora i capelli lunghi e di chi lo ha scoperto, appena in tempo, domenica scorsa.

Persone che iniziano a dire “mi piacerebbe provare a giocare a tennis”, milioni di italiani che sono rimasti incollati alla TV durante la finale, rendendo la partita l’evento più seguito in televisione della giornata. 35,9% di share (più della partita della Nazionale italiana di due giorni prima), oltre sei milioni e mezzo di telespettatori tra RAI e SkySport, quasi diciotto milioni per le cinque partite disputate. Numeri da capogiro, che raramente prima della Sinner-mania la racchetta azzurra aveva vissuto. La finale contro Djokovic è stato l’incontro di tennis più visto di sempre in Italia.

I paragoni con i più grandi atleti del passato non vengono scomodati in base ai trionfi di ognuno, che inevitabilmente dovranno essere valutati ed esaminati a carriera finita. I nomi di Alberto Tomba, Valentino Rossi e Federica Pellegrini riecheggiano tra social e giornali perché, nello stesso modo in cui accadeva con loro, anche in questi giorni molto spesso si sentiva “a che ora gioca Sinner?” oppure “dove fanno vedere Sinner?” o ancora “sta vincendo Sinner?”.

Ciò che, a soli 22 anni, lo avvicina già ai più importanti sportivi della storia del nostro paese è la sua capacità di richiamare l’attenzione di chiunque, in qualsiasi fascia d’età. Non importa se alcuni di coloro che hanno guardato la finale non conoscono neanche le regole del tennis, non saprebbero nominare più della metà degli attuali top10 o non hanno mai preso in mano una racchetta in vita loro. Più che conquistare il cuore di esperti e appassionati, in fondo la più grande impresa di uno sportivo non è forse quella di suscitare emozioni in chi, del suo sport, fino a poco prima non sapeva nulla?

“Non ho capito molto, però facevo il tifo per lui” mi ha confessato lunedì mattina mia nonna quasi ottantenne. Fra le migliaia di qualità che devo riconoscerle, certo non posso dire sia una grande intenditrice di tennis. Non credo, a dire il vero, lei avesse mai visto un’intera partita. “Ha perso quel ragazzo, vero?” mi ha poi domandato quasi dispiaciuta, facendomi dubitare che anche domenica abbia assistito a tutto il match.

In un primo momento alla sua domanda ho detto ‘sì’. Poi ripensandoci mi sono chiesto: ma Sinner ha perso davvero? La mia risposta è ‘no’. Sinner ha vinto, Sinner ha stravinto. E noi non potremmo essergli più grati.

Grazie, Jannik.

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