Australian Open, il punto sui padroni di casa: il demone Alex, la generazione dei rimpianti, la crisi a livello femminile

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Australian Open, il punto sui padroni di casa: il demone Alex, la generazione dei rimpianti, la crisi a livello femminile

Il tennis australiano si presenta all’evento più atteso dell’anno senza Nick Kyrgios: la grande speranza è dunque rappresentata da Alex De Minaur, che però fino ad ora ha raccolto solo delusioni coi big del tennis mondiale. A livello femminile nessuna giocatrice tra le prime 100 del mondo

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Rod Laver Arena by night - Australian Open 2022 (foto Twitter @AustralianOpen)
 

Domenica 14 Gennaio- in quel di Melbourne- prenderà il via il primo slam stagionale, l’Australian Open: un tennista di casa non vince il torneo addirittura dal 1976, quando Marc Edmondson trionfò in finale sul connazionale John Newcombe. Edmondson, all’epoca numero 212 del ranking mondiale, resta ancora oggi il giocatore con la classifica più bassa ad aver mai vinto un major: altro mondo, altri tempi, tempi in cui l’Australian Open veniva in qualche modo snobbato dai principali protagonisti del tennis mondiale per via di una trasferta scomoda e di una diversa collocazione in calendario rispetto a quella attuale (l’evento per molti anni si è svolto a Dicembre, nascosto in una specie di sgabuzzino del tour). A livello femminile Ashleigh Barty nel 2022 aveva invece interrotto un digiuno simile a quello degli uomini, mettendo fine ad un incantesimo che durava dal 1978 (e dal trionfo di Chris O’Neil) battendo in finale Danielle Collins: quella partita fu anche l’ultima della carriera di Barty, che un paio di mesi dopo annunciò a sorpresa- da numero 1 del mondo e all’età di 25 anni- il ritiro dal tennis professionistico.

IL DEMONE- Nell’elenco dei principali favoriti dell’edizione del 2024 non ci sono giocatrici o giocatori di casa, anche se la vittoria di Alex De Minaur (soprannominato “Demon”, il diavoletto) con (un acciaccato) Novak Djokovic nel corso della United Cup di Perth ha in qualche modo riacceso i sogni australiani: Alex (attuale numero 12 del ranking ATP) ha guidato la sua nazionale a due finali consecutive di Coppa Davis ed è oltretutto reduce dalla miglior stagione della carriera (best ranking numero 11), nel corso della quale ha vinto il prestigioso ATP 500 di Acapulco e ha raggiunto la prima finale a livello 1000 della vita, perdendola nettamente a Toronto con Jannik Sinner. De Minaur, che a Melbourne non è mai andato oltre gli ottavi di finali (in due occasioni, nel 2022 e nel 2023), sembra però rappresentare un problema completamente innocuo per i big del tennis mondiale, che quando lo affrontano lo battono puntualmente e con grande margine: la sensazione è che si ritrovi di fronte ad un muro e che non abbia le armi e la potenza necessarie per impensierire i grandi nomi (un paio di vittorie con Medvedev- a fronte in ogni caso di 6 sconfitte- rappresentano il fiore all’occhiello del curriculum del demone). Il suo, oltretutto, è un tennis leggero e molto dispendioso, probabilmente più adatto al tennis veloce del 2 su 3 che alle maratone degli Slam, dove in effetti non ha mai superato gli ottavi di finale, nemmeno sull’amata erba (superficie che esalta le sue caratteristiche: rapidità, buona attitudine all’attacco in controtempo, grande fase difensiva) di Wimbledon.

LA GENERAZIONE DEI RIMPIANTI- Nemmeno quest’anno Bernard Tomic (classe 1992), Nick Kyrgios (classe 1995) nè Thanasi Kokkinakis (1996) vinceranno l’Australian Open: una generazione baciata da un talento cristallino- destinata in teoria a dominare la top10 del tennis mondiale- che non è mai riuscita a esplodere definitivamente. Nick, intendiamoci, si è tolto più di una soddisfazione, mantenendo una parte delle promesse e ad esempio un paio d’anni fa ha sfiorato il titolo slam a Wimbledon (sconfitta in finale con Djokovic) ma adesso non ha più un ranking ATP, sta recuperando da un infortunio al ginocchio e non giocherà il torneo: nel 2023 ha disputato un solo match ufficiale e in questo momento si sta dedicando allo spettacolo, alle polemiche e alla sua serenità emotiva. Tomic, un braccio più unico che raro (impugnatura del dritto d’altri tempi, piedi immobili, ma una capacità unica e innata di mettere la palla in ogni angolo del campo) e attuale numero 289 del mondo, non si è mai ufficialmente ritirato dal tennis professionistico ma ci ha proprio rinunciato, che forse è anche peggio: si diverte (forse) in giro per il mondo, tra challenger minori e tornei ITF. Kokkinakis invece è il numero 65 del ranking ATP, ma gli infortuni gli hanno rovinato una sicura carriera di vertice: tra un problema fisico e l’altro ha trovato una sua stabilità a cavallo tra il mondo ATP e quello dei Challenger e ogni tanto i lampi del suo dritto ci ricordano che cosa sarebbe potuto essere. Quello di Thanasi è a conti fatti il rimpianto meno appariscente ma probabilmente il più solido.

Lo scorso anno- proprio a Melbourne- perse un match assurdo e crudele con Andy Murray, il migliore del torneo e in generale tra i migliori della stagione.

GLI ALTRI- A livello maschile la pattuglia australiana dei giocatori tra i primi 100 del ranking è una pattuglia numerosa, composta in totale- oltre a De Minaur- da altri sette giocatori: non si intravedono né campioni né guizzi all’orizzonte ma i soldati aussie sono soldati del mestiere. Alexei Popyrin (24 anni, numero 40 del mondo) ha un tennis discontinuo ma divertente, un gran servizio, colpi a rimbalzo un po’ artiginali e qualche difficoltà di troppo negli spostamenti. Nel corso del 2023 ha alzato la sua asticella personale, arrampicandosi fino al numero 39 (best ranking) grazie al secondo titolo della carriera (Umago, in finale su Wawrinka) e ai primi quarti in un torneo 1000 (Cincinnati, eliminato da Hurkacz) anche se il suo nome sarà impresso probabilmente per sempre nella nostra memoria grazie al primo singolare della finale di Coppa Davis, perso (o per meglio dire regalato) con Matteo Arnaldi. A Melbourne ha raggiunto per tre volte il terzo turno (2019, 2020, 2023).

Max Purcell (25 anni, numero 45) lo scorso anno ha letteralmente scalato la classifica grazie ad un trionfo dietro l’altro a livello challenger, rivitalizzando una carriera che ormai sembrava orientata inesorabilmente verso il doppio. I quarti di finale raggiunti a Cincinnati partendo dalle qualificazioni l’hanno proiettato tra i primi 50 del mondo anche se nel finale del 2023 ha frenato in maniera evidente, pagando (tutte insieme) le fatiche dei primi mesi dell’anno.

Completano il quadro dei top100 australiani Jordan Thompson (29 anni, numero 55, talento mediocre al servizio però di un tennis tutto sommato brillante), Aleksandar Vukic (27 anni, numero 62), il già citato Kokkinakis (27 anni, numero 65), Christopher O’Connell (29 anni, numero 68) e Rinky Hijikata (22 anni, numero 71).

La scuola australiana, ammesso si possa parlare ancora di ‘scuole’ nel contesto della globalizzazione tennistica del 2024 (caratterizzata dalle ‘Academy’ che attirano giovanissimi giocatori da tutto il mondo, con l’obiettivo di costruirli, con lo stampino, in laboratorio), continua in ogni caso a produrre tennisti complessivamente divertenti, che di base fuggono dai peggiori canoni moderni: tennisti nella maggior parte dei casi brillanti, al netto del talento (non necessariamente così puro), dotati di colpi (spesso piatti) stilisticamente riconoscibili, di un buon servizio e di un gioco piuttosto propositivo. Non è un caso che la maggior parte dei giocatori citati in precedenza riesca a cavarsela senza troppi problemi anche in doppio. L’uomo che ha contribuito a forgiare questa generazione di top100 è stato ovviamente Lleyton Hewitt, capitano di Coppa Davis ma soprattutto mentore e punto di riferimento di questi giovani uomini.

Le wild card casalinghe per l’Australian Open sono state assegnate a James Duckworth (31 anni, numero 116), Marc Polmans (26 anni, numero 150), Adam Walton (24 anni, numero 176), Jason Kubler (30 anni, numero 102) e James McCabe (20 anni, numero 272).

INCUBO WTA- La situazione in campo femminile è invece sportivamente drammatica: l’Australia- per farla breve- non ha nessuna tennista tra le prime 100 giocatrici del mondo. Gli organizzatori si sono dovuti affidare completamente alle wild card o, come nel caso della 30enne Ajla Tomljanovic (miglior risultato all’Australian Open: secondo turno), al meccanismo del ranking protetto. Tomljanovic, ex numero 32 del mondo- ha infatti saltato quasi completamente la stagione 2023 a causa di un infortunio, sprofondando al di fuori della top600 della classifica WTA.

Le wild card “locali” sono state invece assegnate a Kimberly Birrell (25 anni, numero 115), Olivia Gadecki (21 anni numero 124), Taylah Preston (18 anni, numero 208) e infine alla ex numero 20 del ranking Daria Saville (fu Gavrilova, 29 anni e attualmente 209 al mondo). Saville ha raggiunto in due circostanze il quarto turno del torneo di Melbourne, nel 2016 e nel 2017. L’aspetto più surreale di questa vicenda è rappresentato dal fatto che l’attuale numero 1 australiana, la 34enne Arina Rodionova (origini russe, naturalizzata australiana da una decina d’anni), non abbia ricevuto la wild card per il tabellone principale del primo slam stagionale e sarà invece costretta a disputare le qualificazioni.

Rodionova, che su Twitter ha risposto in modo piuttosto piccato alla decisione di ‘Tennis Australia’ (“Non posso dire di essere sorpresa… Ma non vedo l’ora di scendere in campo per le quali, sarà bellissimo conquistare il main draw solo grazie alle mie forze”), nel corso della prima settimana del 2024- con un tempismo perfetto, quasi a sottolineare l’assurda scelta degli organizzatori- ha raggiunto gli ottavi di finale nel WTA 500 di Brisbane, sconfiggendo Martina Trevisan e Sofia Kenin (campionessa proprio a Melbourne nel 2020).

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