Paolo Lorenzi: “Il salario minimo per i tennisti è un grandissimo passo in avanti; la nuova Coppa Davis non ha ancora un’identità” [ESCLUSIVA]

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Paolo Lorenzi: “Il salario minimo per i tennisti è un grandissimo passo in avanti; la nuova Coppa Davis non ha ancora un’identità” [ESCLUSIVA]

L’ex numero uno d’Italia, oggi telecronista e organizzatore FITP, ha parlato di Sinner (“Djokovic permettendo, può vincere già in Australia”), Berrettini (“Non mi stupirei se lo rivedessimo top ten”), gestione delle aspettative (“L’obiettivo deve sempre essere migliorarsi”)

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Villanuova sul Clisi è un piccolo Comune, uno dei 25 della Provincia di Brescia che appartengono alla Comunità montana della Vallesabbia. Negli ultimi anni vi si è sviluppata una promettente realtà, il Milanino Sporting Club. I suoi campi sono calcati quotidianamente dalle allieve e dagli allievi di Simon Flood, Maestro inglese che ha deciso di fare del Circolo il suo progetto tennistico.

È qui che abbiamo avuto la possibilità di incontrare Paolo Lorenzi.

Nato a Roma e vissuto a Siena, Lorenzi ha smesso di fare il tennista professionista nel 2021, allo US Open, torneo dello slam che più di tutti gli aveva portato soddisfazioni (ricordiamo su tutti questo terzo turno col miglior Andy Murray).

Oggi, nella doppia veste di organizzatore di tornei (è stato Direttore di Firenze e Vicedirettore di Roma, fra gli altri) e di apprezzato telecronista per Sky Sport, dice di “non avere rimpianti. La vita da tennista mi manca relativamente. Ovviamente, l’adrenalina che si provava scendendo in campo nei grandi tornei è ineguagliabile, ma sono contento della mia vita dopo il tennis. Mi piacerebbe continuare a fare entrambe le cose, l’organizzatore e il telecronista. È affascinante potere seguire i tornei dall’interno, e non come giocatore, soprattutto ora che ne vengono organizzati molti e di prestigio in Italia; e mi piace anche commentare giocatori contro cui, spesso, ho giocato. Prima di scendere in campo, passavo molto tempo a studiare i miei avversari. Oggi, mi piace continuare a farlo e poter trasmettere la mia passione: spero di essere apprezzato, per questo.”

Dopo una fase da consulente della Federazione, Lorenzi ha accantonato, invece, il ruolo dell’allenatore, ma “mai dire mai. Ho intrapreso altre strade, soprattutto per mancanza di tempo, ma mi è sempre piaciuto stare in campo e mi piacerebbe farlo ancora, in futuro.”

Paolo è stato numero uno d’Italia nel 2016, anno in cui ha vinto il suo primo e unico titolo sul circuito maggiore (Kitzbuhel); quelli challenger invece sono 21, record assoluto. L’Italia del tennis che ha vissuto Lorenzi, in ogni caso, era differente da quella di adesso sotto molti punti di vista. Non c’erano i Sinner, i Berrettini, i Musetti. Una sorta di lunga età di mezzo, che proseguiva ormai dagli anni Ottanta, da quando la parabola dell’Italia di Santiago era definitivamente tramontata. Per Lorenzi “è sempre molto difficile fare comparazioni con epoche diverse…ma il giocatore più forte è quello che vince di più. Se Sinner sarà in grado di vincere più di Panatta e di Pietrangeli, allora sarà l’italiano più forte di sempre.”

La vittoria della Coppa Davis di fine 2023 ha aperto, per l’Italia del tennis, scenari che sino a qualche anno fa erano fantascientifici: il 2024, lo sappiamo, è iniziato col successo in Australia di Jannik Sinner, primo Slam azzurro in quasi 48 anni. L’altoatesino è ad oggi lo sportivo italiano di maggior successo, e punta a rimanere tale nei prossimi anni. Il tennis tutto sta perseguendo peraltro una clamorosa rimonta, in Italia, nei confronti degli altri sport, arrivando ad insidiare, in questi giorni, il primato del pallone.

La nuova Coppa Davis, tuttavia – quella che Piqué voleva trasformare in una sorta di Coppa del Mondo del tennis – “non ha ancora un’identità. Un campionato del mondo non si disputa ogni anno. Credo che nei prossimi mesi l’ITF se ne uscirà con qualcosa di diverso.”

Nonostante alcune recenti difficoltà, Lorenzi è fiducioso anche sul resto del movimento italiano: “Non sappiamo dove può arrivare Berrettini senza problemi fisici. Quando stava bene giocava in maniera impressionante: non mi stupirei se lo rivedessimo fra i primi dieci. Anche Musetti ha le qualità per diventare top ten, sia fisiche sia tecniche. Non è paragonabile a Sinner, perché sono due giocatori completamente diversi, anche caratterialmente. Certo, deve adattarsi alle superfici veloci, ma sulla terra può già fare grandi cose. E non scordiamoci di Arnaldi e di Sonego.”

Paolo è entrato in top 100 a ventisette anni, e ha vinto il suo primo titolo a trentacinque. Sa cosa vuol dire doversi costruire una carriera fra challenger e tornei minori. Per questo, “il progetto Baseline è un grandissimo passo in avanti per i giocatori”. Voluto dalla presidenza ATP di Gaudenzi, Baseline, il progetto in vigore dal 2024 che vuole garantire un minimo salariale ai primi 250 giocatori del mondo, garantisce almeno 300 mila dollari ai primi 100 giocatori del mondo, 175mila per i giocatori fra il numero 101 e il numero 175 e 75mila per i restanti 75. “Avere la sicurezza di un tot da spendere per il team e per i viaggi è fondamentale: si può organizzare la stagione in modo diverso. Il problema del tennis è sempre stato che non giocando non si avevano entrate. Questo progetto porta grandi vantaggi.”

La storia di Lorenzi, fatta di fatica, talento e professionalità, è un’ispirazione per molti giovani tennisti. “If you can meet with Triumph and Disaster / and treat those two impostors just the same: Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina / e trattare allo stesso modo questi due impostori.” Sono le parole di Kipling, lapidariamente affisse all’entrata del Center Court di Wimbledon. Ma il tennis è uno sport crudele, non è facile riuscire a gestire pressioni e aspettative. “Il rapporto con la vittoria e con la sconfitta è il problema più difficile. L’obiettivo scendendo in campo deve sempre essere quello di vincere, ma la cosa che conta davvero è il miglioramento. Moltissimi giocatori, anche quelli più forti, dopo una vittoria o una sconfitta tornavano ad allenarsi, a volte anche lo stesso giorno. Io stesso non riuscivo a dormire quando perdevo. Ma l’obiettivo deve essere guardare al progetto a lungo termine, puntare a diventare la migliore versione di noi stessi.”

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