Che giornata! Se lo è stata per le cinque medaglie olimpiche, due d’oro, conquistate dallo sport italiano, beh… anche per il mondo del tennis sarà giornata memorabile, da ricordare per chissà quanto.
Tre n.1 di altrettanti tabelloni sono saltati. Novak Djokovic in lacrime dopo il 7-6, 7-6 subito dal redivivo del Potro (in lacrime anche lui) che nessuno si aspettava più a questi livelli.
Ben 41 i suoi dritti vincenti secondo statistiche argentine – anche se quel 41 sono per l’appunto anche i colpi vincenti attribuiti dalle statistiche olimpiche, spesso fallaci… soprattutto sui campi laterali – che però mi parlano di due soli rovesci vincenti. Mah… avrei voluto tenerle io quelle statistiche, se non fossi stato a rincorrere i Fognini, Errani e Vinci, prima di Paire (prossimo avversario di Fognini ma domani; mentre oggi giocano Lorenzi contro Bautista Agut, il doppio Fognini-Seppi contro Bellucci-Sa. Forse Sara Errani contro la Strycova – sostituta all’ultimo minuto di Karolina Pliskova – è quella degli azzurri che ha più chances di vincere).
E allora mi chiedo come mai un tennista intelligente come Novak non sia riuscito a giocargli più da quella parte. E perché si sia esposto a ben due passanti lungolinea di dritto (peraltro assolutamente straordinari) anche nel tiebreak del secondo set, quando avrebbe ormai dovuto rendersi conto che l’argentino era in quella che gli americani chiamano “the zone”. Gli sarebbe riuscito qualunque cosa, ma forse non passanti così belli anche con il rovescio bimane e quel polso martoriato.
Abbiamo finalmente rivisto il del Potro che vinse lo US open 2009, però ho avuto l’impressione che Djokovic, che pure non ha giocato male (se non tatticamente), non fosse il miglior Djokovic. Cioè quello del 2015 più che quello del 2016, per intendersi.
Dei n.1 si è salvata soltanto Serena Williams, 6-4 6-2 alla Gavrilova (leggi l’attenta cronaca di Raffaello Esposito). Hanno infatti perso, e per la prima volta alle Olimpiadi le sorelle Williams – vedi la “flash” scritta da Luca Badissera in cooperazione con Raoul Ruberti, battute dalle ceche Safarova-Strycova – e alla Vinci è scappata una frase nel corso della mia intervista audio: “Questa è una bella notizia!” prima di aggiungere debitamente “ma ora guai a sottovalutare la Xu e la Zheng” anche se le nostre due ragazze facevano un po’ fatica a inquadrare le due cinesi e gli eventuali loro precedenti. Hanno perso anche i francesi Herbert-Mahut, battuti dai colombiani Cabal-Farah, in un giorno in cui sono stati eliminati anche i favoriti n.2 Murray-Murray, così come nel tabellone femminile erano già “saltate” ieri le favorite n.2 Mladenovic-Garcia, con il curioso episodio della Garcia costretta a vestirsi con l’abito bianco della Mladenovic, ma – leggi articolo dedicato – indossandolo alla rovescia, il dietro davanti, perché altrimenti non sarebbe riuscito a metterlo.
Se nel doppio maschile hanno perso, oltre alla uno e alla due, anche la quattro, Tsonga e Monfils (che disastro per la Francia in queste 24 ore!), in quello femminile c’è stato – salvo che per le prime due coppie -un maggior rispetto dell gerarchie. E tuttavia, soprattutto con l’uscita di scena dello spauracchio costituito dalle due Williams, le chances di medaglia di Errani-Vinci sono improvvisamente cresciute …di una spanna. Sì, perché le ho viste giocare proprio bene, e come si deduce dall’intervista esclusiva di Ubitennis, sembra essere rinata anche la fiducia e quel gran rapporto che pareva essersi incrinato. “Un anno e mezzo di lontananza non è bastato ad affievolire il nostro affiatamento”. Per carità, la strada non è lunga ma lunghissima. Già le cinesi e poi ancora più le ceche Safarova e Strycova sono clienti da prendere con le molle. Ma le nostre sono state capaci di vincere 5 Slam e questi campi lenti sembrano favorire notevolmente il tennis da fondocampo di Sara Errani che, in tempi recenti era risultata l’anello debole della coppia.
Hanno certo più chances di andare avanti loro che, almeno sulla carta, Seppi e Fognini, vittoriosi sui modesti ucraini Marchenko e Molchanov in due set (in rimonta il primo nel quale sono stati sotto di due break). Adesso dovranno affrontare non solo i due avversari, Bellucci e Sa, ma tutta una “torcida” entusiasta come nessuna. Quella stessa che ha dato loro grande mano per far fuori i fratelli Murray campioni di Davis.
Quando Andy è passato dalla zona mista, subito dopo il doppio perduto, ha parlato quasi sempre il fratello Jamie, ma Andy non sembrava così abbattuto: aveva appena perso il doppio ma aveva appena perso anche Djokovic e lui era diventato il favorito n.1 del torneo. Però quando gli hanno chiesto un commento sulla sconfitta di Novak non ha voluto farlo, salvo dire, “ho visto soltanto i punti finali del tiebreak”.
La sconfitta di Djokovic “una delle più pesanti della mia carriera” (non aveva perso al primo turno dal torneo di Brisbane 2009 quando venne sconfitto da Gulbis) – ha confessato il serbo (sulle prime sfuggito alla mixed zone, ma poi ripescato) probabilmente pensando al fatto che anche lui, pur uomo elastico, di caucciù, fra quattro anni a Tokyo potrebbe anche non essere più così competitivo – è chiaramente la notizia del giorno, pur fra tante sorprendenti. Ma lo è al pari della resurrezione di Juan Martin del Potro, se si pensa che non più tardi di tre weekend fa il capitano argentino di Coppa Davis Orsanic non si era sentito di schierarlo in singolare contro l’Italia. Ok, superficie diversa, terra battuta sulla quale il rovescio slice (alla Vinci e alla Estrella Burgos, scusate i confronti) di Juan Martin pareva essere handicap troppo pesante. Beh, anche questa superficie sembra – è – lentissima, ma evidentemente Juan Martin del Potro ha il vantaggio che hanno quei tennisti molto potenti che tirano a tutta randa e la cui palla pesante resta quasi sempre dentro. Ricordate quel che ha detto l’altra sera Roberta Vinci dopo aver perso dalla Schmiedlova?
Comunque anche se i tifosi di Djokovic saranno a lutto, e i fans britannici invece forse in festa (quasi come gli argentini…) pregustando il trionfo finale di Murray, non si può non condividere le parole di un abbattutissimo Djokovic: “Chiaro che sono molto deluso, davvero dispiaciuto, ci tenevo tanto a queste Olimpiadi, ma se c’è uno per il quale sono contento e meritava questa giornata questi è sicuramente Juan Martin, dopo tutti i guai, gli infortuni che ha passato”.
Chi temeva, io compreso, che saremmo stati forse costretti a subire un duopolio Djokovic-Murray più noioso perchè meno vario e variegato del quartetto dei Fab Four, adesso può legittimamente pensare che a) Nadal per quel che si è visto contro Delbonis non è poi messo così male e per Seppi sarà durissima domani, b) ci sembra di aver ritrovato un grande protagonista in un campione e un personaggio certamente positivo come l’argentino. Spero che Juan Martin non fallisca la prova del nove con il portoghese Joao Sousa (tra parentesi il secondo portoghese della storia delle Olimpiadi a vincere un match, dopo Gastao Elias l’altra sera).
È quest’ultima soprattutto, ribadisco fermo restando il dispiacere per la chance persa dall’indiscusso n.1 del mondo Djokovic di succedere a campioni olimpici come Nadal (2008) e Murray (2012) nell’immediato, la notizia più bella della giornata. E pensare che la giornata di Del Potro, mentre a Nadal quasi cadeva vicino un enorme palo sul campo centrale preso di infilata da una bufera, era cominciata nel peggiore dei modi: 40 minuti chiuso in un ascensore che non si sbloccava!
Curioso semmai osservare che si perpetua la tradizione nefasta ai numeri uno del mondo alle Olimpiadi. L’oro non l’hanno mai vinto.