WTA, diario di un decennio: il 2017 - Pagina 5 di 5

Al femminile

WTA, diario di un decennio: il 2017

Ottava puntata dedicata agli anni ’10 in WTA: l’ultimo Slam di Serena Williams e l’avvento della nuova generazione con i successi di Jelena Ostapenko, Garbiñe Muguruza e Sloane Stephens. E altro ancora

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Le partecipanti alle WTA Finals 2017
 

Il primo di agosto 2017 avevo pubblicato un articolo che ricordava come nelle US Open Series stessero per rientrare a tempo pieno diverse giocatrici importanti, che per ragioni diverse erano mancate. Titolo: “Estate di grandi ritorni”. Per l’immagine principale avevo scelto una fotografia di Sloane Stephens e Madison Keys. E proprio loro due sarebbero state, qualche settimana dopo, le finaliste degli US Open.

Sia Stephens che Keys avevano dovuto saltare per problemi fisici i primi mesi della stagione; ma finalmente, dopo i periodi difficili, era arrivato il momento di tornare protagoniste. Keys era rientrata a Indian Wells dopo un intervento chirurgico al polso, ma qualcosa era andato storto e si era dovuta operare nuovamente subito dopo il Roland Garros; quindi era da poco che poteva giocare libera dal dolore.

D’altra parte Stephens aveva a lungo atteso la definitiva guarigione da una frattura da stress al piede, che le aveva fatto perdere i primi sei mesi del 2017. Era rientrata a Wimbledon e stava per affrontare i tornei americani completamente guarita.

All’inizio di agosto entrambe sono alla ricerca della migliore condizione, ma rispetto alla maggior parte delle avversarie hanno un vantaggio: sono fresche, senza avere sulle spalle il peso di tutti i logoranti mesi di tornei affrontati dalla concorrenza.

Durante le US Open Series alternano ottime prestazioni a fasi di calo. Keys vince a Stanford, ma poi perde un rocambolesco match contro Muguruza al terzo turno di Cincinnati. Stephens non vince alcun torneo, ma raggiunge la semifinale a Toronto e a Cincinnati. Nel loro processo di crescita, saranno nella forma migliore a New York.

US Open 2017
Agli US Open, a conferma della fluidità delle gerarchie, la maggior parte delle Top 10 si perde per strada. Nei quarti sono ancora presenti solo la numero 1 Pliskova e la 9 Venus Williams. Ma poi Pliskova si ferma di fronte a una aggressiva Vandeweghe e quindi Venus è l’unica Top 10 presente in semifinale.

Il secondo Slam stagionale sul cemento, vede significative similitudini con il primo Major sul duro. A Melbourne 3 finaliste su 4 erano statunitensi. A New York 4 su 4 semifinaliste sono giocatrici di casa: per il tennis USA è un vero trionfo. In confronto al quartetto australiano, Venus e Vandeweghe confermano la loro presenza, mentre Keys e Stephens sostituiscono Lucic-Baroni e Serena.

Nella semifinale tra Keys e Vandeweghe più che a un match si assiste a uno One-woman show. Keys è in giornata di grazia e offre una prestazione impressionante. A distanza di tempo la ricordo ancora come una delle migliori performance tennistiche del decennio. 6-1, 6-2 in 68 minuti, un saldo vincenti/errori non forzati di +16 (25/9) e zero palle break concesse in tutto il match. Per Madison però c’è una nota preoccupante: il Medical Time Out chiamato nel secondo set per un problema alla gamba destra.

La semifinale tra Williams e Stephens è invece equilibratissima. Dopo due set a specchio, tutto si decide negli ultimi game del terzo set. Venus sembra avere trovato lo spunto decisivo, e arriva a due punti dalla vittoria. Ma dal 4-5 30-30 terzo set Sloane cambia marcia: vince uno scambio eccezionale e da questo momento conquista 10 punti su 11 che spostano a suo favore gli equilibri, sino al 6-1, 0-6, 7-5. In finale agli US Open arrivano le due americane più giovani.

Stephens b. Keys 6-3, 6-0 US Open, Finale
Purtroppo la finale è una non-partita. Sessanta minuti esatti in cui Keys rimane in corsa fino al 2 pari primo set, poi subisce un parziale di 10 game a 1 che toglie qualsiasi pathos al confronto. Madison è in difficoltà psicologica di fronte allo stress della finale, e forse sul suo rendimento incide anche il problema alla gamba affiorato due giorni prima. Fatto sta che la giocatrice che ha annichilito Vandeweghe in semifinale è sparita, e in campo c’è la sua ombra.

Dall’altra parte Stephens conferma di essere una atleta da finale, con 5 successi su 5 raggiunti fra il 2015 e il 2017. Sloane è scesa in campo con un piano tattico chiaro: giocare potente e profondo al centro. Potente e profondo per non dare troppo tempo a Keys di caricare i colpi; al centro per non dare angoli all’avversaria, e quindi renderle più difficile trovare le aperture per vincenti rapidi. E tutto le riesce regalando pochissimo: appena 6 gli errori gratuiti complessivi, a fronte di 10 vincenti.

E così Stephens conquista il primo Slam in carriera, vincendo un torneo in cui è stata ammessa grazie al ranking protetto (per chi torna da un infortunio), visto che al momento di definire l’entry list era ancora fuori dalle prime 300 della classifica. In attesa della premiazione Sloane e Madison offrono la stessa scena accaduta due anni prima con Pennetta e Vinci: due amiche sedute una accanto all’altra, che aspettano conversando l’inizio del cerimoniale.

Quindi dopo il successo della 35enne Serena, gli altri tre Slam del 2017 sono vinti da giocatrici ben più giovani: di 20 anni (Ostapenko), 23 anni (Muguruza) e 24 (Stephens). A causa dei pochi tornei affrontati in stagione, Sloane non avrà i punti sufficienti per partecipare alle WTA Finals, che sono l’ultimo grande obiettivo stagionale.

Caroline Garcia a Wuhan e Pechino
Come sempre nella fase conclusiva della stagione tutte le giocatrici a ridosso dei primi otto posti vanno alla caccia dei punti necessari per essere ammesse al Masters. Quello che riesce a Caroline Garcia in Cina, è forse il più clamoroso recupero degli ultimi anni. Tra settembre e ottobre infila una serie di 11 vittorie consecuitve che le permettono di vincere il Premier 5 di Wuhan (in finale su Barty) e il Premier Mandatory di Pechino (in finale su Halep).

Dal 2014, anno in cui si è cominciato a giocare a Wuhan, Garcia è l’unica a riuscire nella doppia vittoria in Cina. In questo modo guadagna 1900 punti WTA determinanti per salire all’ottavo posto, l’ultimo utile per essere ammessa alle Finals. A essere superata in extremis è Johanna Konta, che per il secondo anno consecutivo perde proprio negli ultimi giorni utili la possibilità di giocare a Singapore. L’anno precedente, il sorpasso sul filo di lana era riuscito a Kuznetsova con il successo a Mosca.

Wozniacki a Singapore
Alle Finals non è in gioco solo il titolo di “Maestra”, ma anche il numero 1 del ranking di fine anno. Chi prenderà il posto di Angelique Kerber? Dopo un avvio in cui concludono in testa ai rispettivi gironi Garcia e Pliskova, alla distanza emerge l’esperienza.

In finale arrivano Wozniacki e Venus Williams, che non prendeva parte al Masters dal 2009. Il torneo lo vince Caroline: dopo le due finali Slam perse a Flushing Meadows (2009 e 2014) riesce finalmente a vincere un titolo significativo. Non è ancora uno Slam, ma è comunque un passo avanti rispetto ai Premier Mandatory già vinti in carriera.

Il numero 1 del mondo lo conquista invece Simona Halep: con 6175 punti sopravanza di un soffio Muguruza (6135 punti) e Wozniacki (6015). A conferma del grande equilibrio stagionale, le prime tre posizioni sono vicinissime, e la quota di punti che permette di chiudere al comando è la più bassa di tutti gli anni ’10.

Le puntate precedenti:

WTA, diario di un decennio: il 2010
WTA, diario di un decennio: il 2011
WTA, diario di un decennio: il 2012
WTA, diario di un decennio: il 2013
WTA, diario di un decennio: il 2014
WTA, diario di un decennio: il 2015
WTA, diario di un decennio: il 2016

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