Ottavo articolo dedicato agli anni ’10 del tennis femminile, che tratterà del 2017. Per la illustrazione dei criteri adottati, rimando alla introduzione del primo articolo, pubblicata martedì 26 novembre.
ANNO 2017
L’uguaglianza al potere
Il 2017 è, fino a oggi, l’anno a cui risale l’ultimo Slam conquistato da Serena Williams. Anzi: a cui risale l’ultimo torneo conquistato, visto che da allora Serena ha raggiunto diverse finali ma non ne ha più vinte.
Williams vince a inizio anno una edizione poco entusiasmante degli Australian Open, e poi si ferma per la gravidanza: starà fuori dal circuito fino a marzo 2018, lasciando campo libero alla concorrenza. Chi prende il suo posto? Risponderei in questo modo: nessuna.
Angelique Kerber, numero uno di fine 2016, non è in grado di ripetersi agli stessi livelli; probabilmente ha chiesto troppo a se stessa. Dopo una stagione in cui ha disputato oltre 80 partite, va incontro a un calo quasi fisiologico e finirà per chiudere l’anno addirittura al numero 21 del ranking.
Anche senza vincere titoli, chi raccoglierà più punti negli Slam del 2017 sarà Venus Williams. Tanto che viene la tentazione di dare una interpretazione quasi psicoanalitica al risultato: senza la presenza della sorella dominante, Venus torna a dare il meglio di sé, sostituendola come figura di riferimento in famiglia e, in parte, anche nel circuito. Con due finali (Australia e Wimbledon) una semifinale (US Open) e un quarto turno (Roland Garros), più la finale al Masters, Venus è di nuovo protagonista ai massimi livelli.
Il 2017 è anche l’anno che vede cinque diverse numero 1: Kerber, Williams, Pliskova, Muguruza, Halep. Numero 1 di fine anno sarà proprio Simona. Ma se analizziamo i numeri scopriamo che la sua leadership, più che l’esito di un progresso personale, è la conseguenza di una redistribuzione dei punti al vertice. Halep infatti dal 2014 al 2019 è la Top 5 più costante di tutte: non scende mai sotto i 5000 punti ma non raggiunge nemmeno mai i 7000. Sarà numero 1 di fine 2017 con la quota punti più bassa del decennio: Simona in sostanza continua con il suo ottimo rendimento medio-alto, e questo basta, nel 2017 e nel 2018, per diventare numero 1. Ecco una tabella che sintetizza la questione:
Ecco perché si può definire il biennio 2017-18 come quello della uguaglianza al potere. Al via di ogni torneo le giocatrici sono tutte molto vicine e i risultati si determinano a causa di differenze minimali. Lo stato di forma delle protagoniste, le superfici e le condizioni di gioco, i sorteggi nei tabelloni, le combinazioni con avversarie più o meno adatte: in una situazione di estremo equilibrio, ciascuno di questi fattori può spostare a favore di una tennista o di un’altra gli esiti di una partita e di un torneo.
L’estremo equilibrio significa anche imprevedibilità. Le vittorie della numero 47 del ranking Jelena Ostapenko al Roland Garros e della numero 83 Sloane Stephens agli US Open, per esempio, confermano questa situazione.
Un quadro del genere produce conseguenze particolari: il fatto che a vincere tornei di massima importanza siano giocatrici poco attese, sconcerta una parte di appassionati e, lasciatemelo dire, anche di media. Mi riferisco a quella parte di osservatori meno esperti (e ci sono anche fra i giornalisti) che di fronte a giocatrici relativamente conosciute sentono mancare i punti di riferimento e si trovano in difficoltà nell’interpretare gli avvenimenti.
Ma c’è anche una parte di appassionati che invece gradisce il nuovo contesto; apprezza che non esistano tornei scontati o già scritti alla vigilia, in cui sempre gli stessi nomi sono protagonisti. Ma qui davvero si entra nel campo dei gusti personali, e stabilire se sia meglio o peggio rispetto alle epoche con figure dominanti non credo avrebbe senso.
a pagina 2: Dagli Australian Open a Charleston