Umago Stories 3: 2020 inception, quando un torneo di tennis diventa... un sogno

Racconti

Umago Stories 3: 2020 inception, quando un torneo di tennis diventa… un sogno

L’ATP 250 di Umago quest’anno non si è giocato né si giocherà, vittima della pandemia di COVID-19. Eppure il nostro inviato lo ha giocato comunque. Come in un sogno ad occhi aperti

Pubblicato

il

Il campo centrale di Umago
 

L’assenza dei Championships è stata e resterà straziante, ma è anche stata abbondantemente celebrata tra ricordi, analisi e torneo virtuale. È giunto allora il tempo di occuparci di un’altra perdita, quella che ora ci sta affliggendo quasi nella stessa misura, nel tentativo di esorcizzarla anche per poter guardare con rinnovata speranza ai prossimi appuntamenti. A beneficio dei più distratti e insensibili, l’evento in questione è l’ATP 250 di Umago, la cittadina dell’Istria a circa 35,9 km dall’Italia che in quest’anno originariamente olimpico avrebbe aperto le porte al tennis mondiale a partire dal 20 luglio. Il 15 maggio, però, arriva la notizia che tutti cominciavano a temere: l’edizione del 2020 è cancellata. Oppure no?


Fare l’inviato a un torneo quando non c’è il torneo può sembrare piuttosto semplice a livello teorico, ma nella pratica ci sono alcuni ostacoli da superare, primo fra tutti l’ammasso di cianfrusaglie in quello che sarebbe l’ingresso al Goran Ivanisevic Stadium riservato a giudici di linea e raccattapalle: una mano per farti largo e una per controllare sullo smartphone se il codice penale croato ha previsto una fattispecie per quello che stai facendo. Che, peraltro, è solo essere in anticipo di un paio di giorni. Un anno e due giorni, per i fanatici della precisione.

Nessuna speranza di un rinvio a settembre sulla strada aperta dal Roland Garros per un evento che deve tenersi in piena estate, con i bagnanti che alle 17.30 si trasformano magicamente in spettatori. Voci che odi vicine ti inducono ad allontanarti: non sei riuscito a raggiungere il campo per lasciare l’impronta di un tuo piede sul manto, ma il tuo avvocato potrà eventualmente sostenere la desistenza volontaria.

 

Arrivato da poche ore, ti sei già reso conto delle prevedibili difficoltà che quest’anno dovrà affrontare chi vive di turismo estivo, le cui aspettative non possono perciò essere improntate all’ottimismo e, se la scenografia che ti circonda è quella della festa, la musica che l’accompagna è suonata in chiave minore. C’è allora chi cerca di allontanare gli inevitabili timori con qualche battuta dal retrogusto aspro, come la scritta sulla lavagna all’ingresso della trattoria in cui ti imbatti percorrendo la strada in salita verso la tua meta: mangia o patiremo entrambi la fame.

Risotto amaro

Per compensare la sensazione amara che ha prontamente sostituito l’iniziale sorriso di fronte a quell’insegna, decidi che assumerai senza indugio e in sol colpo la dose giornaliera massima di zuccheri liberi che l’OMS raccomanda di non superare. Arrampicandoti faticosamente per le poche decine di metri che ancora ti separano dal negozio della tua fornaia preferita, non fai subito caso al ragazzone che incroci. Dopo alcuni secondi, ti si accende una luce: possibile che fosse Matteo Berrettini, quello? Quando ti giri, è già sparito dietro chissà quale angolo.

Il sillogismo “Berrettini non è mai venuto a Umago quando il torneo si è disputato, quest’anno non si gioca, quindi dev’essere lui” ti suona un po’ forzato, ma ti lanci comunque all’inseguimento cercando di pensare a una domanda abbastanza intelligente da giustificare l’aver importunato un giocatore che passeggia per i fatti suoi lontano da impegni ufficiali. Lo raggiungi e ti fermi a fissarlo. Lo facevi più alto. Con i capelli un po’ meno biondi. Anche l’accento, quando ti chiede cosa tu abbia da guardare, non è giusto. Peccato, avevi la domanda perfetta, ma di sicuro non la sprechi con questo imitatore dal talento discutibile che ti costringe a ripercorrere parte di quell’infinita salita – un’inclinazione sconosciuta ai tuoi luoghi d’origine, profondamente innaturale e ferocemente contraria alla tua genetica pianeggiante.

Stremato, decreti che lo sforzo appena compiuto ti dispenserà dall’osservare strettamente quella che, dopotutto, è solo una (forte) raccomandazione e ti gusterai uno strudel al papavero, una come-si-chiama alle noci e un… Sgomento. A dispetto del cartello radno vrijeme sulla porta che indica l’apertura continuata 6-20, il panificio è chiuso. E non solo oggi, ti spiegano nel negozio accanto alludendo agli effetti del COVID-19 mentre cercano di venderti un materassino da spiaggia. Compri le anelate paste dall’altra parte della strada dove solitamente sono altrettante buone, ma ormai non hanno più lo stesso sapore.

“Ricordo quando qui c’era la sala stampa e adesso è tutta campagna”

Nel giorno che sarebbe destinato alla compilazione del tabellone, la location del torneo – il complesso Stella Maris – è deserta. Sui campi, non solo mancano i tennisti che si allenano, ma non ci sono nemmeno le reti e parti delle righe hanno vinto la resistenza dei chiodi. Prendi posto sul Grand Stand dove non ci sarà l’irrinunciabile briefing delle hostess ogni giorno alle 16. Inizi a pensare che questa situazione non sia reale, bensì una sorta di Matrix però al contrario, dove il mondo immaginario fa schifo. Se le pandemie sono roba da film, la spiegazione più logica è che questo sia un sogno – un incubo dall’apparente durata di alcuni mesi da cui fuggire per tornare al più presto alla realtà.

Come ci si desta da questa sconcertante illusione? Leonardo di Caprio e soci, viaggiatori dei sogni nel film Inception, insegnano: una sensazione di caduta ti sveglia. Nulla di più facile. Tornato all’appartamento, piazzi una sedia sul letto in modo che lo schienale coincida con il bordo e ti ci siedi con cautela. Giri la testa e sbirci da sopra la spalla: è parecchio alto. D’un tratto, non ti sembra tutta questa grande idea. Ti convinci che dovrebbe funzionare anche girando la sedia per ricadere sul letto – così, per essere più tranquilli. Cerchi di alzarti, ma perdi l’equilibrio: stump!

Domenica mattina, entrando allo Stella Maris armato di laptop e di tutto l’equipaggiamento da inviato previdente, rimpiangi i vecchi tempi (fino a cinque anni fa) con i tre turni delle qualificazioni che occupavano l’intero weekend e i lunedì che già proponevano un programma corposo. Adesso, invece, tabellone cadetto dimezzato, sabato libero e lunedì scarno. La tua missione odierna, oltre a dare un’occhiata a un paio di italiani impegnati nel primo turno di “quali”, è venire a capo di un dubbio che ti tormenta da un buon paio di anni, dalla prima volta che hai visto giocare Matthias Bachinger – evento che ti avrebbe lasciato indifferente se non fosse che avevi già impresso nella mente Peter Gojowczyk per la sua entusiasmante vittoria in Coppa Davis contro Jo-Wilfried Tsonga.

I due tedeschi si stanno allenando sul campo 4. Quello che deve guadagnarsi l’accesso al main draw indossa il cappellino, l’altro no: il gioco “trova le differenze” finisce qui. Entrambi nati negli anni ’80 a Monaco di Baviera (e ivi residenti), alti 188 cm, Bachinger e Gojowczyk vantano cognomi di nove lettere (ma goiovcik è più facile da pronunciare), hanno iniziato a giocare a tennis nello stesso anno e non sono particolarmente a loro agio sulla terra battuta – non che sia una sorpresa con quei colpi. Già, i colpi. Perché le cose che hanno in comune “sono tante che quasi spaventa”, ma i colpi… quelli sono pressoché identici. Il dritto soprattutto, ma anche il rovescio bimane e il servizio sembrano portati dallo stesso tennista.

E pensare che la scheda dell’ATP bolla come “sconosciuto” il rovescio di Bachi: è un po’ come sapere la data di nascita di Mike Bryan ma ignorare quella di Bob, il suo gemello. Ecco allora la tua missione: scoprire se c’è un motivo dietro a quella che, almeno ai tuoi occhi, è molto più di una semplice somiglianza. Già parecchio tempo fa, però, un tuo ben più esperto collega ti aveva vagamente sconsigliato di porre quella domanda (“che non ti venga in mente di chiedere a Bachinger quella stupidaggine”) e scegli di attenerti a quell’indicazione di massima. Ottima decisione, per una volta. Lo domanderai a Gojowczyk.

La settimana del Croatia Open 2020 procede senza particolari scossoni, con il favorito Ilvio “nei dintorni di Djokovic” Vidovich che si avvia a mettere le mani sull’ennesimo trofeo. Ma, tranne che per l’intrusione di un diciottenne italiano, rispetta i valori del ranking anche l’altro torneo, quello mainstream, dove i giornalisti tornano a fare i giornalisti e a impugnare le racchette sono i tennisti di professione. Sebbene i colori azzurri risplendano durante i quarti di finale, il tuo spirito indie ti spinge in un’altra direzione. Nel 2019 si era ritirato poco prima della compilazione del tabellone, ma quest’anno Marton Fucsovics è tornato a Umago.

Ti sembra proprio l’occasione propizia per ricordargli l’episodio dello scorso anno a Roma, quando una chiamata all’apparenza stupefacente dell’arbitro Moscarella mise fine a un match che la tensione di Basilashvili avrebbe anche potuto riaprire a favore di Marton. Vuoi domandare a Fucsovics se per quella chiamata abbia poi sospettato un motivo diverso dalla personale interpretazione del segno dopo il tristemente noto pep talk di Moscarella a Pedro Sousa in quel di Firenze, specificatamente nella parte in cui avrebbe voluto finire al più presto per il troppo caldo (26° gradi, ma vabbè). La ritieni una domanda innocente; dopotutto, non potrà andare peggio di com’è finita con Gojowczyk. Oppure sì?

Lo spettacolo pirotecnico di domenica sera festeggia il trionfo di Matteo Berrettini al “250” di Umago. Certo, era la prima testa di serie e l’unico top ten in tabellone, ma pensando a com’era iniziata… Il Berretto nazionale, in vacanza nel Paese natio della fidanzata Ajla, fa tappa a Umago per salutare l’amico Lorenzo Sonego impegnato nel torneo. Proprio in quelle ore, si libera un posto nel tabellone. “Senti Matteo” lo approccia con eccessiva confidenza uno del team di Lawrence Frankopan, il direttore della manifestazione. “Sai che Thiem ci aveva chiesto una wild card durante l’interruzione per pioggia mentre era sotto 4-6 4-6 1-5 al primo turno di Wimbledon, no? Beh, con la scusa che poi è arrivato in fondo al torneo, ha rinunciato per prendersi un’altra settimana di riposo”. “Addirittura due settimane senza giocare?” chiede Matteo con enfasi esagerata. L’altro lo ignora e prosegue: “Prendi tu il suo posto”. Ma no, voglio andare a vedere i laghi di Plitvice – vacci pure, tanto giochi il primo match giovedì – eppoi non ho neanche le racchette – te le presto io, sono uguali alle tue – su questo avrei qualche dubbio – dai, c’è anche Santopadre con te…

Il nostro si convince, rientra martedì sera dalla gita ai laghi, mercoledì si allena con le sue racchette giunte tramite corriere (si scorge una punta di delusione sul viso di quello dell’organizzazione) e vince quattro durissimi incontri in quattro giorni restando in campo complessivamente quasi undici ore. “Mi fanno un po’ malino le caviglie” dirà al termine della spettacolare finale vinta contro Jannik Sinner.

Con il naso puntato in direzione dei fuochi d’artificio mentre cerchi di non sporcarti eccessivamente di salsa tzatziki azzannando il falafel acquistato da quello che dalle tue parti sarebbe un piadinaro ambulante, cammini a un paio di metri dal bordo della laguna che delimita il lato nord dell’impianto. Un metro. Qualche centimetro. Cadi in acqua.

La prima cosa che vedi appena riapri occhi è il lampadario della tua stanza in affitto. La testa ti duole, ma già intuisci i prodromi di un altro dolore, meno tangibile eppure più profondo. Spietati, gli indizi suggeriscono che le emozioni della settimana umaghese hanno preso vita solo nel tuo cervello commosso – nel senso di commozione encefalica. Ma potrebbe non essere così semplice. Nel film di Christopher Nolan, i protagonisti capivano di trovarsi ancora in un sogno se l’oggetto personale che portavano sempre con sé – il totem – violava le leggi della fisica. Non sei stato previdente e non hai scelto il tuo totem, quindi, per quanto ne sai, potresti essere solamente “risalito” da un sogno-dentro-a-un-sogno al livello superiore e non essere ancora sveglio.

Un suono di passi agili ti distoglie dalle tue matrioske oniriche. Si avvicinano. Tenuta da tennis, borsone sulle spalle e un elegante segno diacritico sulla c, Ajla Tomljanović ti guarda perplessa: “Smetti di fare lo scemo lì per terra e andiamo in campo a tirare due palle”. A cosa serve un totem quando la realtà ti si presenta inequivocabile…

Continua a leggere
Commenti

Flash

Match fixing, in Belgio riprende il processo alla rete criminale internazionale: sospetti su centinaia di match

Sull’Equipe le cifre impressionanti che risulterebbero dalle indagini degli inquirenti: complessivamente oltre otto milioni di euro

Pubblicato

il

Sull’Equipe di lunedì 21 marzo Alban Traquet è ritornato sulla vicenda dei match truccati e del processo all’organizzazione che avrebbe gestito scommesse e pagamenti. Una rete che vede accusato principale in un processo in corso in Belgio Grigor Sargsyan, detto “il Maestro”, personaggio a capo di una rete criminale armena che avrebbe approfittato delle falle del circuito internazionale per avvicinare e corrompere giocatori francesi e non.

Una piaga che si è propagata al di sotto dei radar e dei media (la maggior parte di questi tornei non sono ripresi dalla televisione) e grazie anche all’anonimato dei gradi più bassi del tennis professionistico. L’inchiesta avrebbe permesso di identificare, secondo l’accusa, 376 incontri sospetti tra il febbraio e il 2014 e il giugno del 2018, in una rete di corruttela che implicherebbe 182 giocatori di più paesi (alcune audizioni hanno avuto luogo in Belgio, in Francia, in Germania, in Slovacchia, Bulgaria e Stati Uniti) e l’apertura di 1671 conti per l’organizzazione criminale.

Presente all’apertura del processo, il 17 marzo presso il tribunale di Audenarde, in Belgio, Sargsyan, che ha scontato 8 mesi di carcerazione preventiva dopo l’arresto, continua a negare i fatti attribuitigli. Interrogato all’uscita del Palazzo di Giustizia, ha rotto brevemente il silenzio dichiarando: “i miei demoni per i soldi facili sono morti e sepolti. Mi rimetto alla giustizia”. La ripresa del dibattito è prevista per il giorno 24 marzo.

 

La vicenda ha avuto inizio nel 2015 dopo un segnale dato da più operatori all’interno della Commissione per i giochi d’azzardo, in Belgio. Gli attori principali sono tennisti dai bassissimi guadagni, in generale sotto la duecentesima posizione del ranking.

La vita di chi bazzica i tornei Challenger o Futures costa cara (alberghi, trasporti, pranzi) e non è granché redditizia. In queste condizioni può essere forte la tentazione di perdere un set o un game in cambio di qualche centinaia o migliaia di euro. Il pubblico ministero belga nelle sue conclusioni evoca “un esercito di soldati facilmente avvicinabili proprio per motivi di premi bassi e alti costi di partecipazione ai tornei”.

Tra questi soldati deboli ci sarebbero parecchi giocatori francesi. Alcuni sono già stati puniti come Mick Lescure e Jules Okala, sospesi a vita da dicembre. La testimonianza di uno di questi, interrogato nell’ambito dell’inchiesta francese sullo stesso argomento, ben figura nel dossier battezzato “Oryan”.

Il giocatore in questione ha spiegato di aver partecipato a dei match truccati su richiesta del “Maestro”, e che sarebbe ugualmente servito come intermediario tra Sargsyan e altri giocatori, servigio per il quale avrebbe ricevuto una somma di denaro. Avrebbe infine riconosciuto di avere ugualmente truccato dei match di doppio all’insaputa del suo compagno di squadra.

Ha poi raccontato dei pagamenti In banconote alla Gare du Nord a Parigi, all’aeroporto di Roissy o a Forest, a sud di Bruxelles. Ha parlato dei messaggi attraverso Telegram, dei codici utilizzati e delle tariffe: 400 euro per un game perduto in ogni set per il singolare, 2.000 euro per un match di doppio perduto in due set.

Gli inquirenti hanno analizzato minuziosamente le entrate sospette sul suo conto, e hanno trovato 40.000 euro da aprile 2016 a giugno 2018, soldi provenienti da 9 conti correnti diversi.

Il Parquet Federal ha concluso che più di 560000 euro “sporchi” sono stati redistribuiti ai giocatori coinvolti, in cambio dei loro favori “racchetta in mano”. Se la combine per qualche motivo non poteva essere effettuata, il giocatore implicato dichiarava forfait, annullando così la scommessa. In totale più di 8 milioni di euro sono transitati tra giugno 2016 e il marzo 2018 su un conto numerico utilizzato dell’accusato numero 2 nel dossier belga, Andranik M. , presunto responsabile finanziario della rete criminale.

Secondo le conclusioni dell’inchiesta Sargsyan utilizzava diversi metodi per evitare di essere smascherato. Tra marzo e agosto 2017 avrebbe utilizzato 18 numeri di telefono e 8 cellulari diversi, consegnando ai giocatori con cui comunicava diverse schede SIM.

Si sono costituite parte civile la ITF, l’ITIA (International Tennis Integrity Agency) e la FFT. “E’ un grosso affare, dentro il quale si possono trovare parecchie prove; ben organizzato e con tantissimo denaro circolante” – commenta il rappresentante dell’ITIA – “la punta di un iceberg, dalla quale si ha una buona vista d’assieme del fenomeno”.

Continua a leggere

ATP

Insider Expeditions sceglie i fratelli McEnroe come icone per un viaggio in Tanzania

I fratelli McEnroe ambasciatori del tennis in Tanzania: la storia

Pubblicato

il

John McEnroe - Commissioner Eurosport

Un progetto di integrazione tra sport e conoscenza dei territori sarà attuato da Insider Expeditions nel prossimo dicembre. L’azienda, leader nell’organizzazione di viaggi internazionali per lavoro o divertimento, ha annunciato una partnership con John e Patrick McEnroe per portare queste due leggende del tennis in Tanzania. In collaborazione con il governo, i fratelli McEnroe saranno accompagnati da ben 120 appassionati di tennis durante uno speciale viaggio di otto giorni che includerà l’inaugurazione di un nuovo campo da tennis nella pianura di Serengeti.

“Siamo entusiasti di dare il benvenuto a John e Patrick McEnroe e ai loro ospiti in Tanzania per questo evento speciale di dicembre 2023”, ha affermato Samia Suluhu Hassan, la presidente della Tanzania. “Il nostro paese – prosegue – continua a crescere grazie a sforzi come questo, tesi a mettere in evidenza i territori e le tipicità locali. L’aggiunta di un elemento speciale come il tennis ci aiuterà anche nel diffondere altre discipline sportive oltre al calcio. Serve dare nuove possibilità ai giovani, fornire loro testimonianze di altri stili di vita . E’ il calcio a farla da padrone in quelle fasce d’età, ma ovviamente l’esperienza di queste leggende potrebbe aiutarci tantissimo a far crescere uno sport come il tennis”.

John McEnroe si dice entusiasta dell’iniziativa: “Io e la mia famiglia non vediamo l’ora di fare un viaggio molto emozionante in Tanzania, dove avremo la possibilità di far consocere il tennis ai giovani, probabilmente per la loro prima volta”.

 

Il viaggio di lusso includerà una partita di tennis tra i fratelli McEnroe nel mezzo del Serengeti, una delle destinazioni più iconiche dell’Africa. L’itinerario comprende i migliori parchi nazionali della Tanzania tra cui il cratere di Ngorongoro e il Serengeti che ospitano numerosi uccelli e rettili.

Fauna selvatica impareggiabile, culture locali e paesaggi mozzafiato si uniscono per produrre quella che viene spesso descritta come la vacanza da sogno. Realizzare questo percorso accanto a leggende del tennis arricchirà l’esperienza in maniera esponenziale.

Continua a leggere

ATP

ATP Rotterdam: Omar Camporese nel 1991 unico italiano vincitore in Olanda, fu il primo titolo del bolognese

Prima di Jannik Sinner, solo il bolognese aveva raggiunto l’ultimo atto. Memorabile la finale vinta contro l’allora n. 3 mondiale Ivan Lendl. L’azzurro rimontò vincendo due tie-break consecutivi con tanto di match point cancellato nel terzo set

Pubblicato

il

Omar Camporese - Rotterdam 1991

Nella storia del torneo di Rotterdam (qui l’intero albo d’oro), denominato ufficialmente con la dicitura ABN AMRO Open e appartenente alla categoria dei ‘500’, solo un tennista azzurro si era spinto sino all’ultimo atto prima di Jannik Sinnercome abbiamo già ricordato anche sulla nostra pagina Instagram. Si tratta di Omar Camporese, al quale non solo l’impresa nel 1991 riuscì ma addirittura fu enfatizzata dalla conquista del titolo. Per il bolognese, quella in terra olandese fu la seconda finale della carriera a livello ATP; la prima l’aveva disputata un anno prima vicino casa a San Marino perdendola contro l’argentino – nativo di Tandil come Juan Martin Del Potro – Guillermo Perez-Roldan. Successivamente, l’ex n. 18 ATP – suo best ranking – ottenne fino al termine della sua vita di professionista della racchetta – che appese nel 2001- una sola altra finale: nel febbraio del 1992, quando a Milano sconfisse Goran Ivanisevic alzando al cielo meneghino il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera.

All’inizio dell’evento orange, Omar era n. 54 del ranking mondiale: vinse il primo turno in tre parziali contro il tedesco Eric Jelen, a cui invece seguirono due successi senza perdere set ai danni dell’austriaco Alex Antonitsch e del ceco Karel Novacek. Dopodiché fu la volta della grande battaglia in semifinale con l’idolo di casa Paul Haarhuis, che attualmente ricopre il ruolo di Capitano di Coppa Davis dei tulipani, sconfitto al tie-break del terzo.

 

In finale ad attenderlo, c’era il n. 3 del mondo e prima testa di serie del tabellone Ivan Lendl, già vincitore delle sue 8 prove dello Slam: l’ultima nel 1990 in Australia contro Stefan Edberg. Perso il primo set, Camporese vinse il secondo 7 punti a 4 nel sempre dirimente dodicesimo gioco ed infine dopo aver anche cancellato un match point sul 5-4 e servizio; si aggiudicò pure il tie-break finale – ancora per 7-4 – che suggellò il suo primo storico trionfo in carriera sublimato dall’essersi dimostrato superiore nel confronto, valevole per il titolo, con uno dei mostri sacri della storia di questo sport.

Ma soprattutto, quello storico successo italico maturato a Rotterdam 32 anni fa assunse connotati emotivamente ancora più intensi grazie alle voci che accompagnarono le gesta di Camporese nel suo straordinario cammino e che fanno riecheggiare tutt’oggi il ricordo delle emozioni vissute nel cuore di quelli appassionati che ebbero la fortuna di poter assistete all’evento o che l’hanno recuperato successivamente tramite la piattaforma di YouTube – per quei pochi che non l’avessero fatto, potrete rimediare a fine articolo -. Al commento, infatti, di quell’incredibile finale contro il campione ceco in postazione telecronaca, rigorosamente dal vivo sul posto e non da tubo – come si suol dire in gergo giornalistico – per Tele+ c’erano il Direttore di Ubitennis Ubaldo Scanagatta e il compianto Roberto Lombardi.

(match completo con commento lo trovate nel video in basso)

I followers Instagram di Ubitennis potranno seguire il “Punto di Ubaldo” in un minuto a caldo appena conclusa la finale odierna.
Circa 30 minuti dopo la conclusione, Ubitennis pubblicherà sul sito e sul canale YouTube di Ubitennis un commento più articolato del direttore.

Continua a leggere
Advertisement
Advertisement

⚠️ Warning, la newsletter di Ubitennis

Iscriviti a WARNING ⚠️

La nostra newsletter, divertente, arriva ogni venerdì ed è scritta con tanta competenza ed ironia. Privacy Policy.

 

Advertisement
Advertisement
Advertisement
Advertisement