ATP Finals: e se Rafa Nadal fosse ora il favorito del torneo? Quest’anno o mai più. Con Tsitsipas quasi 2 set da fenomeno

Editoriali del Direttore

ATP Finals: e se Rafa Nadal fosse ora il favorito del torneo? Quest’anno o mai più. Con Tsitsipas quasi 2 set da fenomeno

Sarebbe una gran bella storia. Le sei premesse negative d’inizio torneo. Ora, non ci fosse Medvedev (e pure Thiem), con il duo Djokovic-Zverev in difficoltà, Maiorca può sognare

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Rafa Nadal - Bercy 2020 (via Twitter, @RolexPMasters)
 

Non avevo visto Nadal giocare indoor e soprattutto servire così bene come ha fatto per un set e mezzo contro Tsitsipas da tempo immemorabile. Da quando? Beh, se ho detto immemorabile… Però, però… prendendomi l’insolito gusto masochista di smentire me stesso in realtà non è affatto passato poi così tanto. Un anno fa in questa stessa settimana di novembre, sotto i tetti della Caja Magica, Rafa Nadal giocò e servì da fenomeno, in barba a tutti coloro che sostenevano che il Nadal indoor valeva la metà del Nadal “rosso”, il re della terra battuta. Meno sì, la metà no. Ci vogliamo mettere d’accordo su un 10% in meno?

Nella Caja Magica per quello strano e rivoluzionato format per un evento che aveva mantenuto il nome Coppa Davis (by Piqué) pur assomigliandogli assai poco se non per la fantastica atmosfera creata dal pubblico di casa e le migliaia bandiere giallo rosse – quanta differenza con la triste penombra dell’02 Arena l’assordante silenzio di quest’addio londinese alle ATP Finals – Rafa vinse otto incontri senza perdere un set, cinque singolari e tre doppi. Fu un Rafa brutal, fenomenal, bestial. Ventotto vittorie consecutive in Coppa Davis dopo la sconfitta al suo esordio contro il ceco Jiri Novak nel 2004: 28 a 1!

Rafa servì davvero sempre in quei giorni davvero magici della Caja (più scatola brutta che magica in tutt’onestà, lo dico augurandomi che Ion Tiriac non mi legga…) come ha fatto ieri sera nel primo set e fino al 4-5 del secondo set. Fin lì ha aveva concesso la miseria di cinque punti a uno Tsitsipas impotente alla risposta e appena uno nel secondo. Fino al momento dell’inatteso e quasi incomprensiblie black-out che è costato a Rafa due break di fila, il primo coinciso la perdita del secondo set quando ha commesso sul secondo set point l’unico suo doppio fallo del match e il secondo subito dopo aver breakkato Tsitsipas all’avvio del set decisivo.

A Madrid un anno fa avevo visto Rafa – che bello quando si poteva ancora vedere e scrivere di tennis dal vivo, quanta nostalgia! – dominare Khachanov 6-3 7-6, Gojo 6-4 6-3, Schwartzman 6-1 6-2, Evans 6-4 6-0, Shapovalov 6-3 7-6 (anche se nella finale Spagna-Canada il canadese giocò un secondo set fantastico e per un soffio non lo vinse). Insomma un pochino tutti quanti non abbiamo fatto che sottolineare un elenco di aspetti piuttosto negativi nel presentare il ritorno di Rafa alle finali ATP, quasi a voler smentire i bookmakers che lo consideravano secondo favorito alle spalle di Djokovic (il serbo pagato a 2,50, Rafa a 5) sebbene Medvedev (a 6) e Zverev (a 8) avessero fatto meglio di lui a Bercy:

  • a) Nadal non vince un torneo indoor dal 2005 quando batté Ljubicic a Madrid;
  • b) non ha mai vinto il Masters ATP di fine anno in 10 presenze;
  • c) ha giocato soltanto due finali all’02 Arena e molto datate (2010 e 2013);
  • d) le ha perse entrambe;
  • e) non ha più raggiunto le semifinali a Londra dal 2015;
  • f) a Parigi è stato trascinato al terzo set da Lopez e Carreno Busta per poi perdere da Zverev (6-4 7-5) senza sembrare in forma irresistibile.

Ai sei punti di quest’elenco a Londra si è aggiunto martedì il settimo: la sconfitta, sebbene più che dignitosa al termine di una gran bella partita, nel secondo match del round con Dominic Thiem. Ma martedì pomeriggio Rafa aveva detto: “Sono contento di come ho giocato, è difficile dirlo di solito dopo una sconfitta, ma avverto delle buone sensazioni… Ho giocato molto meglio oggi che non domenica quando avevo battuto Rublev 6-3 6-4…”.

Rafa aveva capito quel che non tutti avevano capito. E ieri sera, dopo aver centrato la sesta semifinale in 10 ATP Finals – mica male non è vero? – ha dichiarato, mostrandosi felice e soddisfatto da tutti i pori: “Fino a quel momento in cui, sul 4-5 sono calato improvvisamente con il servizio, ho giocato davvero molto bene”. E poi: Ho giocato con la giusta intensità, la giusta determinazione. Sono andato a rete, ho usato lo slice, qualche volta sono rimasto in difesa. Il match ha avuto un po’ di tutto, una buona varietà, a mio modo di vedere è più interessante di quando le partite sono sempre uguali“.

E poi Rafa, quasi ad ammonire chi aveva sottovalutato le sue chances contro il campione in carica (da lui battuto un anno fa al terzo match del girone con il greco già in semifinale) ci ha tenuto a ribadire più volte, la prima ancora sul campo e poi due volte in conferenza stampa: Lo scorso anno vinsi due partite nel round robin, di solito bastano per raggiungere le semifinali…. Come per dire (alla francese come direbbero al Roland Garros per le roi Rafa XIII) “Je ne suis pas un parvenu”. Fosse stato di Prato avrebbe detto: “Non sono mica venuto giù con la piena”.

32 vincenti e solo 13 errori, contro in 23 vincenti e i 29 gratuiti di Tsitsipas, 12 punti colti a rete su 16 discese, è stato un Nadal, salvo che per due game, un grande Nadal. Il sigillo finale, quel rovescio lungolinea sul matchpoint, è da cineteca. Ma tanti altri ne giocati, lungolinea come incrociati strettissimi. Che Nadal abbia – fin da quando l’ho visto per la prima volta sedicenne a Montecarlo battere Albert Costa – un dritto formidabile, pazzesco, unico, lo so io e lo sanno tutti. Che abbia migliorato incredibilmente, anno dopo anno, e anche dopo i 30 anni, il rovescio… è la dimostrazione che i vari Sinner, Musetti e azzurrini devono avere pazienza (e così i loro tifosi) perché non si finisce mai di imparare, nel tennis come nella vita.

Può Rafa vincere adesso questo famigerato Masters che gli è sempre sfuggito? Dopo aver appena sfoggiato francese e… pratese, mi esibirò in un inglese oxfordiano: why not?

Djokovic che era fino all’altro giorno il favorito n.1 – per un motivo o per l’altro – non lo è più, salvo smentite dal campo che potrebbero arrivare già oggi. Contro troppi avversari in questi ultimi tempi non è sembrato davvero in forma, anzi. Che poi il motivo possa essere uno piuttosto che un altro, cambia poco. Fra lui e il suo avversario odierno, Sascha Zverev, non si sa chi dei due ci sia di più con la testa. Entrambi hanno vissuto un’annata ben densa di casini. C’è chi pensa che un campione dovrebbe riuscire a concentrarsi sempre e comunque, qualunque cosa gli accada nella vita privata e professionale, e chi invece la pensa all’opposto.

Comunque sia Thiem e Medvedev a oggi sono sembrati più solidi e in forma sia di Djokovic che di Zverev. Medvedev li ha infatti battuti entrambi e in modo assolutamente convincente. Zverev due volte di seguito. Rafa sabato affronterà proprio Medvedev, il russo che (classe 1996) ha 10 anni meno di lui. Lo ha battuto tre volte su tre in carriera, tutte nel 2019 che pure è stato l’anno migliore del russo: due volte sul cemento all’aperto, in finale all’Open del Canada 6-3 6-0, in finale all’US Open in cinque set al termine di una signora partita (7-5 6-3 5-7 4-6 6-4), la terza nel round robin all’02 Arena 6-7 6-3 7-6, un’altra grande battaglia.

Contro Medvedev Nadal non potrà permettersi il black out che ha avuto con Tsitsipas. Medvedev è più solido del ragazzo greco. E se ho un dubbio riguardo a Nadal dopo averlo visto giocare alla grande ieri per un set e mezzo è proprio quello che ho sempre nutrito per i campioni che non sono più giovani. Le punte di rendimento sono sempre straordinarie, di livelli altissimi e per giocatori meno campioni irraggiungibili. Ma la differenza la fa la continuità di prestazione. E di prestazioni. Cioè all’interno di una stessa partita, come di più partite.

Cito sempre un esempio che mi viene facile: quando Stefan Edberg annunciò all’inizio del ’96, a 30 anni, che quello sarebbe stato il suo ultimo anno, fu capace di battere ancora avversari fortissimi e di dare spettacolo. Ma fu capace anche di perdere da giocatori modestissimi. Il tennista anziano va soggetto a questi sbalzi di rendimento. Ma se è un campione avrà sempre colpi da campione e illuderà i propri tifosi di continuare a poter vincere sempre.

Alla fine di tutte queste eludibili considerazioni è difficile dire chi debba essere considerato favorito, a questo punto. Io che non faccio mai vero tifo, altro che giornalistico per la miglior storia, ma stavolta sono reo confesso: mi piacerebbe – perché lo troverei giusto coronamento di una grande, impressionante carriera – che Rafa Nadal vincesse questo torneo che non ha mai vinto, che è uno dei pochissimi che gli sia sempre sfuggito. Non so, infatti, se avrebbe altre chances in futuro, visto che ha già 34 anni e mezzo.

Per certi versi questa avrebbe l’aria di una buona opportunità, con Federer in pantofole, con Djokovic e Zverev piuttosto frastornati, con Thiem in gran forma ma che l’altro giorno lo ha battuto soltanto di misura, con Medvedev che lui ha sconfitto tre volte su tre. Rafa a questo punto della stagione non è mai stato così fresco e sano come quest’anno. O quest’anno o, forse, mai più. E, da un punto di vista giornalistico, sarebbe anche una bella storia.

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