Carlos Moya:"Abbiamo avuto i nostri dubbi sul fatto che Nadal sarebbe mai andato in Australia"

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Carlos Moya:”Abbiamo avuto i nostri dubbi sul fatto che Nadal sarebbe mai andato in Australia”

Sugli allenamenti con Fils in Kuwait: “Rafa è arrivato lì pensando che non sarebbe stato competitivo e se ne va convinto che forse lo sarà”. La paura più grande: “Assimilare i carichi di lavoro di una partita”

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Carlos Moya e Rafa Nadal - Roland Garros 2018 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

È passato quasi un anno dall’ultimo match di Rafael Nadal. Era l’Australian Open e il tennista maiorchino si arrese al secondo turno allo statunitense Mackenzie McDonald. Da quel momento arrivarono prima l’intervento allo psoas poi i problemi all’anca. Per il tennista spagnolo è stato necessario un lungo periodo di riabilitazione. L’obiettivo di Nadal era ritornare a giocare e, infatti, qualche giorno fa è arrivato l’annuncio ufficiale che lo rivedremo in campo nell’ATP 250 di Brisbane.

Per essere pronto alla trasferta australiana Nadal si è allenato in Kuwait in compagnia di Arthur Fils. Della bontà degli allenamenti e delle difficoltà del rientro ne ha parlato Carlos Moya, allenatore del campione maiorchino, in un’intervista rilasciata al sito ufficiale dell’ATP.

Un percorso di recupero che non è stato facile sin dall’intervento chirurgico: “Ha subito un’operazione più complicata di quanto inizialmente previsto. Una volta che si è trovato sotto i ferri e hanno visto la situazione hanno capito che era un intervento più delicato di quanto si pensasse inizialmente.”

Intervento che non è stato facile da superare ma che rappresentava l’unica via da seguiore: “I tempi di recupero sono stati più lunghi del previsto. È anche vero che se non si fosse sottoposto all’intervento chirurgico sarebbe ancora più difficile recuperare. È sempre stato chiaro che voleva tornare e voleva che il suo addio fosse sul campo da gioco.”

Dopo l’intervento Moya ha rivisto Nadal ad estate inoltrata per iniziare quelli che potevano definirsi i primi passi verso il ritorno in campo: “A fine agosto, abbiamo iniziato ad allenarci. Niente di impegnativo. Due giorni alla settimana, venti minuti circa. Una progressione molto lenta.  Gli inizi furono duri, ci sono momenti difficili perché le cose non miglioravano, ma siamo stati sempre tranquilli grazie al costante contatto medico per garantire che l’evoluzione fosse del tutto normale.”

Processo lungo ma che ha reso il tennista maiorchino pronto a tornare in campo: A poco a poco abbiamo aumentato il carico e aumentato l’intensità, sempre con scadenze ben stabilite che rispettavamo. A volte abbiamo dovuto fare un passo indietro, riposarci un po’, rallentare, ma fa parte del processo per un infortunio di questa gravità e a questo punto della carriera in cui non ha più 20 anni. I problemi ora sono stati risolti ed è praticamente pronto per andare in Australia”

Un processo che non era scontato avesse un lieto fine: “Entrare in sala operatoria è l’ultima speranza a cui aggrapparsi, e lo dico per esperienza, per provare a tornare e chiudere la carriera in campo. Conosci quei rischi. Quando vedi che la progressione è molto lenta… non sai se è più lenta del previsto o no perché è la prima volta che ti trovi in una situazione come questa. Non è stato tutto rose e fiori, tutt’altro. È stata una strada piuttosto tortuosa, con molte curve.”

Una collaborazione quella tra Moya e Nadal che dura da diversi anni ma che in questi ultimi mesi ha vissuto i momenti più tormentati: “Anche altre volte ci sono state situazioni complicate, ma ora vedi che le cartucce stanno per finire. La vita sportiva di un atleta d’élite ha la sua data di scadenza e lui si sta avvicinando ad essa”.  Data di scadenza che in certi momenti entrambi pensavano fosse già stata superata: “Tutti noi abbiamo avuto i nostri dubbi sul fatto che sarebbe mai andato in Australia, e lui è stato il primo. Li ho avuti maggiormente in una certa parte del processo. Avevo la sensazione che potesse essere la fine, senza avere la possibilità di giocare di nuovo. È stato il momento più complicato che ho vissuto con lui.”

Un rientro che porta con sé le difficoltà mentali relative a quanto Nadal pretenderà da sé stesso, soprattutto pensando al suo passato. “Non sarà facile” asserisce Moya. Quando entra in campo è un animale competitivo. Gran parte del mio lavoro e di quello della squadra è stato fermarlo, in termini di carico di allenamento, in termini di ore di lavoro, intensità.”

Lavoro che però ha dato i suoi frutti come testimoniato dall’esito degli allenamenti in Kuwait: “Lui è qui per dare tutto. Sa che in questo momento non è ancora al suo livello migliore, ma che piano piano lo acquisirà. In questi giorni in Kuwait ci siamo allenati con Fils, e la verità è che è stato molto bello, molto meglio di quanto si potesse aspettare. Rafa è arrivato lì pensando che non sarebbe stato competitivo, che non sarebbe stato all’altezza, e se ne va convinto che forse lo sarà.” 

Nadal non gioca con continuità da più di un anno e mezzo, la paura quindi è tanta: “La cosa che mi fa più paura è l’assimilare i carichi di una partita. Rafa passerà dagli allenamenti, che sono stati molto buoni, alle gare. Ed è impossibile avere le stesse condizioni in allenamento e in partita. Giocare al meglio dei cinque set, vincere, riposare, tornare in campo due giorni dopo. Questo è il dubbio che ho in questo momento, soprattutto per uno Slam. Ma abbiamo tempo. Se domani iniziasse l’Australian Open sarebbe un vero spavento. Manca ancora un mese, prima un torneo a Brisbane, un allenamento impegnativo. Penso che tutto questo lo metterà nelle condizioni di poterlo sopportare. Ma in questo momento è questa la mia paura.”

Nadal utilizzerà il ranking protetto. Questo gli permetterà di non avere problemi nell’ingresso nei tabelloni ma sin dai primi turni potranno arrivare ostacoli impegnatavi: “I sorteggi giocheranno un ruolo importante nel ritorno, soprattutto perché vogliamo che lui faccia più partite possibili. Non ho mai pensato che Rafa avesse bisogno di ritmo perché è troppo bravo per quello, ma ora la situazione è diversa. Ci interessa che giochi, che possa vincerli per completare quel livello.”

Trattandosi ancora dell’inizio della stagione è complicato identificare quale possa essere l’obiettivo sebbene il Roland Garros rimanga il torneo nel cuore dello spagnolo: “Mancano sei mesi, dobbiamo vedere come ci arriverà, dobbiamo vedere le partite che ha giocato, il suo livello, la sua competitività. Ci sono molte incognite che il tempo chiarirà, ma è chiaro che il Roland Garros è un torneo di cui è molto entusiasta, come l’intera stagione sulla terra battuta, che è il suo periodo dell’anno preferito.”

Sull’addio Moya è chiaro nel fatto che sarà difficile e che non ha senso fare previsioni: “Lasciare uno sport che fai da tutta la vita, che ti prende con quell’adrenalina speciale, è molto complicato. Non vuole chiudere la porta. Se tutto va bene e regge, perché non continuare? Ci sono troppe incognite in questo momento per dire dove saremo tra un anno. Tutto può succedere”

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