La settimana degli italiani, Wimbledon: Fognini con il rimpianto, ottima Giorgi

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La settimana degli italiani, Wimbledon: Fognini con il rimpianto, ottima Giorgi

I verdetti da Wimbledon sulle condizioni degli italiani: solito Seppi, Fognini spreca. Errani e Vinci in ripresa, Schiavone senza età. Bene Giorgi, delude Knapp

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Eravamo arrivati a Wimbledon senza troppe speranze, sulla scia di mesi davvero avari di soddisfazioni (ancora nessuna finale quest’anno tra gli uomini, una sola semifinale tra le donne da marzo in poi) e con una stagione sull’erba che, a parte Seppi (5 vinte/3 perse) presentava un desolante 0/6 tra uomini e donne. Con questi grigi auspici, se si condivide il motto “ chi si accontenta, gode”, si può dire che questo Wimbledon non sia andato così male, tra sprazzi di grande tennis ritrovati (Fognini contro Lopez e, soprattutto, Giorgi contro Muguruza), ruggiti di Leonesse indomite (Schiavone che sorprende la Sevastova), giocatrici in ripresa di condizione e fiducia (Vinci ed Errani).

Andando a raccontare il cammino dei nostri giocatori, partiamo da Andreas Seppi, miglior nostro giocatore sull’erba, reduce da una campagna pre-Wimbledon sostanzialmente positiva (quarti ad Halle, semi a Nottingham). L’allievo di Max Sartori ha fatto il suo ingresso nel torneo contro un avversario per lui abbastanza agevole, Guillermo Garcia Lopez, trentatreenne spagnolo al 58°posto del ranking, in undici precedenti partecipazioni a Wimbledon per ben cinque volte eliminato al primo turno ed in un’unica occasione (2008) giunto al terzo. Se a ciò si aggiunge che Andreas aveva vinto quattro dei cinque precedenti, ecco che ben si comprende come la vittoria di Seppi sia stata un pizzico sorprendente solo nel netto punteggio col quale è arrivata (6-2 6-4 6-0 in un’ora e trentaquattro minuti). Purtroppo, al secondo turno il giocatore nato a Caldaro (Bolzano) ha affrontato uno dei favoriti della vigilia per la vittoria finale, quel Milos Raonic che, come tutti sappiamo, arriverà sino alla finale: se non nei primi minuti di gara, quando Andreas è arrivato a palla break, non vi è stata gara ed il canadese ha vinto abbastanza facilmente  7-6(5) 6-4 6-2 in poco meno di due ore di gioco (soprattutto sul suo servizio, il numero 7 del mondo ha dominato, grazie a 25 ace ed al 85% di punti vinti con la prima).

Fabio Fognini, per la prima volta non testa di serie in uno Slam dagli Australian Open 2013, nella sua ottava partecipazione a Wimbledon, dove come miglior risultato ha ottenuto due terzi turni (nel 2010 e nel 2014) all’esordio aveva un avversario ostico, l’argentino Federico Delbonis. Non tanto per la scarsa adattabilità del mancino sudamericano all’erba (nessuna vittoria in carriera sui prati nei quattro precedenti tentativi), ma per quello che indicavano i confronti diretti (due su tre vinti da Fabio con molta fatica, l’unico ed ultimo ad appannaggio di Delbonis). Soprattutto, preoccupava il difficile momento della carriera di Fabio, reduce nella vita privata dalla gioia del matrimonio con Flavia Pennetta due settimane fa: non giocava dall’inopinata sconfitta al primo turno del Roland Garros con Granollers, ultima di un trittico che aveva visto anche le deludenti eliminazioni all’esordio a Roma (con Garcia Lopez) ed a Nizza (con Young). Invece Fabio, pur tra alti e bassi, ha portato a casa la vittoria in cinque set col venticinquenne n°38 del mondo: dopo due ore e quarantotto minuti di gioco diluite in due giorni, il ligure ha guadagnato l’accesso al secondo turno col punteggio di 6-4 1-6 6-7(3) 6-2 6-3. Qui lo attendeva Feliciano Lopez in quella che era la rivincita degli ottavi di finale dello scorso US Open, vinti facilmente in tre set dal mancino spagnoloIn sede di pronostico, sembrava una partita abbastanza chiusa per il nostro giocatore, che affrontava un tennista che sull’erba dà meglio di sé: Feliciano sui prati ha in carriera la migliore percentuale di partite vinte rispetto alle altre superfici, 64%, vi ha vinto due tornei (ad Eastbourne nel 2013 e 2014) ed ha raggiunto tre volte i quarti a Wimbledon. Invece, Fognini nei primi due set, sciorinando un tennis magnifico, degno di quello che lo ha fatto essere numero 13 del mondo, ha messo all’angolo l’avversario, conquistando con merito i primi due parziali. Sembrava quasi fatta, ma in pochi minuti la partita ha cambiato volto: Fabio iniziava ad innervosirsi, come ancora non vuole imparare ad evitare di fare; Feliciano, invece traeva forza dall’atmosfera di corrida che si accendeva anche tra campo e spalti. Iniziava così la rimonta di Lopez che prima allungava al quinto set il match, poi lo vinceva dopo 3h08’ di bel gioco ( si conteranno nelle statistiche più vincenti che errori non forzati) col punteggio di 3-6 6-7(5) 6-3 6-3 6-3.

 

Sfortunatamente, neanche il sesto tentativo di Paolo Lorenzi è stato quello buono per ottenere la sua prima vittoria a Wimbledon: sorteggiato contro il qualificato slovacco Lucas Lacko, aveva avuto una piccola mano dalla Dea bendata per provare a sfatare il suo tabù nel torneo di tennis più antico del mondo, poiché il ventottenne slovacco scivolato al centoventitreesimo posto del ranking, in sette partecipazioni ai Championships, era stato eliminato per cinque volte al primo turno. Alla prova del campo, tuttavia, Lacko, che è stato 44 al mondo, ha avuto alla lunga la meglio finendo per vincere 6-4 6-7(5) 7-5 6-3 in due ore e cinquantacinque minuti di partita.

Tra le donne, la nostra miglior giocatrice, Roberta Vinci, ha dato importanti segnali di ripresa, già intravisti nella sfortunata sconfitta di Eastbourne contro la Makarova la settimana precedente. Al primo turno ha sofferto contro una giocatrice insidiosa come Alison Riske, scivolata all’ottantesimo posto del ranking, ma ex 40 del mondo e due volte giunta al terzo turno a Londra. Roberta, dopo essere calata nel secondo set, ha guadagnato l’accesso al secondo turno col punteggio di 6-2 5-7 6-3 dopo due ore e tre minuti di gioco. La tarantina ha avuto minori difficoltà nei trentaduesimi, dove, opposta alla qualificata cinese Ying Ying Duan, n° 123 del ranking, si è imposta 6-3 7-5 in 1h06’, arrivando cosi ad ottenere la seconda vittoria di fila nello stesso torneo, traguardo che non le riusciva da inizio aprile a Stoccarda. Nel terzo turno, la numero 7 al mondo si è dovuta arrendere alla maggiore potenza di Coco Vandeweghe, 24enne newyorkese in ottimo momento di forma (era reduce dalla vittoria di ‘s-Hertogenbosch e dalla semi a Birmingham): Roberta non è riuscita a trovare il modo di mettere in campo il suo miglior tennis ed ha cosi lasciato il passo alla statunitense, la quale ha archiviato il successo col punteggio di 6-3 6-4 dopo 1h07’.

Segnali incoraggianti arrivano anche da Sara Errani: la bolognese, che da sempre ha scarso feeling con l’erba e con Wimbledon (unico Slam dove non sia mai arrivata almeno ai quarti, miglior risultato il terzo turno nel 2012) era reduce da sette sconfitte all’esordio negli ultimi otto tornei disputati. Opposta alla ventunenne romena Patricia Maria Tig, numero 100 del mondo al suo esordio assoluto negli Slam, è riuscita finalmente a sbloccarsi, vincendo con un duplice 6-4 in un’ora e mezza di partita. La stessa sconfitta rimediata al secondo turno contro Alizè Cornet, sebbene rimediata contro una giocatrice dietro di quaranta posizioni e battuta quattro volte su cinque nei precedenti, è giunta combattendo punto a punto, facendo intravedere una ritrovata determinazione da parte della bolognese. Sara ha lasciato il campo sconfitta 6-7 (4) 5-7 dopo due ore diciannove minuti di autentica battaglia, tennistica e nervosa, che hanno lasciato comunque soddisfatta la Errani, come ha dichiarato giustamente nel post-match.

Perde al primo turno, ma offre comunque la prestazione probabilmente migliore del tennis italiano in questo Wimbledon 2016, Camila Giorgi che sul Centrale ha dato vita ad una partita di apprezzabile qualità contro Garbine Muguruza, numero due al mondo reduce dal trionfo al Roland Garros. La marchigiana ha messo in mostra i colpi migliori del suo repertorio, mettendo alle corde una grandissima giocatrice: nulla intacca di tale giudizio la circostanza che poi al turno successivo la spagnola sia stata eliminata dopo una performance molto deludente, perché contro Camila ha invece giocato bene. La Giorgi ha perso una partita nella quale è riuscita a trascinare la maggioranza del pubblico dalla sua parte e che per pochi punti non ha portato a casa, come ha invece fatto la Muguruza, vincitrice con lo score di 6-2 5-7 6-4 dopo due ore e trentatre minuti di piacevolissima partita, che hanno convinto anche il nostro direttore a spendersi in complimenti e speranze per il prosieguo della carriera di Camila.

Incredibile come Francesca Schiavone, la nostra prima vincitrice di Slam, a trentasei anni e con interessantissime qualità di commentatrice tv già iniziate con sempre maggiore frequenza ad essere mostrate su SKY, riesca ancora a togliersi importanti soddisfazioni agonistiche come quella ottenuta in questo Wimbledon. Al primo turno ha difatti sconfitto la ventiseienne lettone Sevastova, numero 66 del ranking WTA che a Maiorca due settimane prima era arrivata in finale sconfiggendo Bouchard e Jankovic. La Leonessa, ribaltando i pronostici, ha vinto, rimontando uno svantaggio di 3-5 nel primo set ed imponendosi con il punteggio di 7-6 (7) 6-4 in un’ora e quarantasette di gioco. Sarebbe stato poi ingiusto pretendere una vittoria da Francesca, che al secondo turno aveva di fronte una delle star attuali del circuito, Simona Halep, 5 del mondo: la Schiavone è uscita dal campo molto meno “umiliata” di quanto il duplice 6-1 in un’ora e cinque minuti che la romena le ha rifilato faccia pensare.

Infine, delude abbastanza Karin Knapp: l’altoatesina che, dopo l’ottimo Roland Garros e la successiva vittoria dell’ITF di Brescia, aveva deciso di saltare a piè pari i tornei di preparazione a Wimbledon per far riposare il ginocchio operato nove mesi fa, ha ceduto senza troppo combattere alla diciottenne croata Ana Konjuh, 103 del mondo alla quale ha ceduto con un duplice 6-3 in 1h07’. Consola parzialmente notare che la tennista croata avrebbe poi avuto match point contro la Radwanska, prima di infortunarsi e compromettere le sue chances di successo.

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ATP Houston, il tabellone: Tiafoe e Paul guidano il monopolio americano

Sei teste di serie su otto sono per giocatori di casa, ma attenzione ai sudamericani Etcheverry e Garin, campione nel 2019

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Frances Tiafoe - United Cup 2023 Sydney (foto Tennis Australia/ JAMES GOURLEY)

Dopo la parentesi sudamericana di febbraio, la terra è pronta a tornare la protagonista del circuito. Da lunedì e fino alla fine del Roland Garros, e quindi per più di due mesi, si giocherà solo sul rosso. In campo maschile si partirà con tre tornei 250 in tre continenti diversi: Estoril, Marrakech e Houston. Quest’ultimo sarà, come spesso capita, la casa dei giocatori americani, storicamente non troppo amanti della terra europea. Tre delle ultime quattro edizioni sono state vinte da rappresentanti del team USA e ci sono tutti i presupposti perché le tradizioni vengano rispettate anche quest’anno: al via ci saranno infatti almeno dieci giocatori di casa e sei di questi avranno lo status di testa di serie, lasciandone soltanto due alle altre nazioni. I favoriti per arrivare in finale sono Frances Tiafoe e Tommy Paul, ma entrambi non conservano ricordi particolarmente positivi delle loro esperienze a Houston.

In tre apparizioni Tommy ha vinto solo due partite e non è mai andato oltre gli ottavi, mentre Frances ha come miglior risultato i quarti della scorsa edizione quando si fermò al cospetto di Isner. Proprio Big John, che ha disputato tre finali in questo torneo vincendo quella del 2013, è uno degli altri due americani, insieme a Tiafoe e Paul, che approfitterà di un bye al primo turno. Il quarto e ultimo è Brandon Nakashima che, dopo il trionfo alle Next Gen di Milano, sta faticando a trovare continuità di risultati in questo avvio di stagione.

La seconda linea statunitense è poi composta da JJ Wolf, numero 5 del seeding e chiamato a un primo turno complicato contro Jordan Thompson, e da Marcos Giron (settima testa di serie). Nelle retrovie ci sono invece, oltre a Kudla e Kovacevic, le wild card Steve Johnson (vincitore qui nel 2017 e nel 2018) e Jack Sock (anche lui campione del torneo nel 2015). Un altro past champion che ha ricevuto un invito per il tabellone principale è Fernando Verdasco che contro l’australiano Kubler (testa di serie n. 8) andrà a caccia di una vittoria ATP che gli manca dallo scorso settembre.

 

Tra chi punta a spezzare il monopolio a stelle e strisce, però, ci sono soprattutto due sudamericani: il primo è Etcheverry, finalista a Santiago a febbraio, che al primo turno affronterà Juan Manuel Cerundolo (fratello di Francisco); il secondo è Garin, già capace di trionfare sulla terra di Houston nel 2019. Il cileno sfiderà all’esordio Dellien con vista su un possibile secondo turno con Nakashima.

Questo il tabellone completo del Fayez Sarofim & Co. U.S. Men’s Clay Court Championship 2023:

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Quando un italiano vince sul numero 1: Sinner che batte Alcaraz vale il Panatta che battè Connors? [VIDEO]

Il direttore Scanagatta, a seguito della vittoria di Sonego su Djokovic, ripercorse tutti i 7 exploit italiani contro i n.1 del mondo. Da Barazzutti a Sonego, passando per Volandri e Fognini

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Jannik Sinner – ATP Miami 2023 (foto Ubitennis)

Con la vittoria su Carlos Alcaraz, Jannik Sinner non ha solamente raggiunto la seconda finale in un Masters 1000 della carriera ma ha anche battuto il numero 1 del mondo per la prima volta (risultato che tra l’altro costa allo spagnolo la prima posizione del ranking a partire dalla prossima settimana a favore di Djokovic). Battere il primo del ranking ATP ha sempre un sapore più speciale e nella storia del tennis italiano solamente altri sei giocatori sono riusciti nell’impresa in Era Open, in ordine cronologico: Barazzutti, Panatta, Pozzi, Volandri, Fognini e Sonego, a cui si aggiunge ora anche Sinner

Tornando indietro agli anni ’60, va segnalato che Nicola Pietrangeli battè Rod Laver nella finale degli Internazionali d’Italia a Roma nel 1961 (non c’è ufficialità sulla classifica di quel periodo, anche se Laver l’anno dopo compì il Grande Slam), e sempre in quegli anni Giuseppe Merlo battè sei giocatori campioni Slam.

Il primo a farcela nell’Era Open (cioé dal 1972 in poi) è stato Corrado Barazzutti, nel 1974, ai quarti di Monaco di Baviera sulla terra rossa battendo il romeno Ilie Nastase, sconfitto 3-6 7-6 6-1 dal tennista di Udine. Successivamente fu Adriano Panatta addirittura due volte vincitore sul numero 1 del mondo. Prima nella finale di Stoccolma 1975, sul cemento con l’americano Jimmy Connors che soccombe 6-4 6-3, poi il bis del romano un paio d’anni più tardi, ancora contro Connors, battuto 6-1 7-5 al secondo turno del torneo di Houston (cemento) nel 1977.

 

Si cambia millennio per arrivare al 15 giugno del 2000, durante il terzo turno del Queen’s su erba, quando il barese Gianluca Pozzi ha sfruttato al massimo le condizioni fisiche non perfette dello statunitense Andre Agassi, il quale perso il primo set 6-4 si ritira sul vantaggio di 3-2 nel secondo set. Sette anni dopo tocca a Filippo Volandri, al terzo turno degli Internazionali di Roma: il 10 maggio del 2007 il livornese supera 6-2 6-4 Roger Federer con una partita a dir poco memorabile per la storia recente del tennis italiano.

Roma palcoscenico di un altra vittoria azzurra sul numero 1 mondiale, il 16 maggio del 2017, impresa messa a segno da Fabio Fognini che ha sconfitto al 2° turno per 6-2 6-4 lo scozzese Andy Murray. Infine torniamo alla storia recente: 30 ottobre 2020, ATP 500 di Vienna, semifinale. Un Lorenzo Sonego strepitoso batte il numero 1 del mondo Novak Djokovic lasciandogli appena tre giochi e infliggendogli la peggior sconfitta in carriera nei match giocati al meglio dei tre set a livello ATP. Un 6-2 6-1 incassato dal serbo dopo aver acquisito matematicamente la posizione in cima al ranking anche al termine di quella stagione.

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ATP

ATP Miami, Sinner ha un nuovo fan. Alcaraz: “Tifo per te”

Abbraccio sincero nonostante la dura sconfitta tra Carlos Alcaraz e Jannik Sinner: “Forza amico”

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Non si sono risparmiati i complimenti nelle rispettive conferenze stampa Jannik Sinner e Carlos Alcaraz, che nella semifinale di Miami hanno dato vita ad un nuovo capitolo bellissimo della loro rivalità. Qui il video-commento del direttore sul match.
Sinner ha spiegato come ci si diverte a giocare così, ci vogliono due tennisti per fare punti così belli”, mentre lo spagnolo ancora una volta ribadisce quanto affrontare un tennista del livello di Jannik gli permetta di migliorare: “Riesco solo a pensare a come migliorare per riscire a batterlo.

Oltre a queste dichiarazioni però, i due tennisti si sono parlati anche a fine incontro durante la stretta di mano. Nonostante la delusione arrivata dopo tre ore, Carlos non ha perso il sorriso e si è complimentato con Jannk con un sincero abbraccio accompagnato da queste parole: “Vai a prendertelo. Forza amico. Tiferò per te“. Chissà se la rivalità tra questi due giovani tennisti raggiungerà mai le vette toccate con i match tra Federer e Nadal, quel ch’è certo però è che il livello di sportività e amicizia tra i due non sarà da meno.

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