Due misteri da sciogliere: Halep e Dimitrov e un poker azzurro inatteso

Editoriali del Direttore

Due misteri da sciogliere: Halep e Dimitrov e un poker azzurro inatteso

Mentre si discute sulle qualità di una n.1 e di un ex n.3, noi “provinciali” esultiamo per alcuni risultati non scontati. Se oggi un altro poker è più improbabile, il 3-1 invece ci può stare

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L’Italtennis comincia il cinquantesimo US Open con un insolito poker di successi, Giorgi (ladies first…), Lorenzi, Sonego e Seppi, prima ancora che Berrettini scenda in campo contro Kudla a tentare il pokerissimo. Sulla carta pareva avere più chances proprio lui, Matteo, piuttosto che gli altri che affrontavano rispettivamente Edmund, Muller e Querrey. Ma il campo non è fatto di carta e guai a sbilanciarsi nei pronostici. E infatti Berrettini ha perso 6-4 7-5 6-2 con il rimpianto dei due setpoint mancati sul 5-4 del secondo set e forse più ancora per aver servito malissimo sul 5-3.

Chi, ad esempio, avrebbe scommesso un dollaro sulla seconda sconfitta consecutiva al primo turno qui a Flushing di Simona Halep, n.1 del mondo e del seeding nonché favorita n.1 per quasi tutti quelli che non sognavano il trionfo n.24 di Serena Williams? Proprio questo lunedì Newsday, il giornale di Long Island sul quale scrive il mio amico Jeff Williams, aveva titolato “Halep no.1&ready for the run!”. Pronta a correre ovunque, ma non a casa. Anche se nel sottotitolo si leggeva “she’s feeling more confident after first Slam” (si sente più fiduciosa dopo aver vinto il primo Slam). In effetti si credeva che trionfando a Parigi, lei che era già stata a lungo n.1 ma fallendo più volte le grandi occasioni all’ultimo atto (Parigi 2017 con Ostapenko, Melbourne 2018 con Wozniacki), si fosse liberata del fastidioso complesso che in passato ha attanagliato tanti: la stessa Wozniacki, il giovane Lendl che perse 4 finali prima di rimontare McEnroe a Parigi nel 1984. Nessuna n.1 aveva mai perso al primo turno dell’US Open, ma si vede che prima o poi doveva accadere.

Kanepi, possente ragazzona di 33 anni, stazza un metro e 81 per 74 kg, non è nuova a grandi exploit negli Slam. Nel 2010 arrivò nei quarti a Church Road ed ebbe 5 matchpoint contro Petra Kvitova, ma la bionda estone dal viso pallido perse 4-6 7-6(8) 8-6. Si consolerà, per modo di dire, vincendo il torneo di Palermo – non è Wimbledon… – battendo Flavia Pennetta. Il suo problema è sempre stato la mancanza di agilità, non certo la potenza, ma Simona in cattiva giornata (“Non gioco quasi mai bene questo torneo, anche se ho fatto quarti e semifinale…”. La semifinale è quella che perse nel 2015 da Pennetta) non è riuscita a spostarla abbastanza, subendo troppo spesso le bordate di Kanepi (26 vincenti) che le ha strappato cinque volte la battuta. Come avrete già letto nella cronaca di Paolo Di Lorito il risultato avrebbe potuto essere più netto: Kanepi era avanti 6-2 3-0, poi si è fatta riacchiappare sul 4 pari quando Halep ha avuto anche due palle per il 5-4, ma in appena un’ora e 16 minuti la pratica è stata poi risolta con Simona che frantumava anche una racchetta per la rabbia. Poiché in quel settore è saltata anche Pavlyuchenkova n.27 (k.o. con la svedese Peterson), Kanepi può fare parecchia strada.

Il punto però è un altro. Halep che numero uno è? Quando gioca bene… tutto ok, ma quando è in cattiva giornata fatica a reagire. Dalla prima tennista del mondo ci si aspetterebbe di più. Ma anche dalla seconda, dalla terza, dalla quarta. Le donne hanno un bel dire che oggi c’è maggior profondità, che tante ragazze possono battere le prime come una volta non accadeva mai… ma questo in realtà nasconde un’altra evidenza: le prime, salvo Serena quando era nei suoi cenci (non nelle tute nere attillatissime da Cat Woman), sono tutte ottime tenniste ma non supercampionesse. C’è una bella differenza fra le due categorie.

Fra gli uomini, e ne abbiamo parlato nel video inglese con l’Hall of Famer Steve Flink che mi onora della sua collaborazione e amicizia (domenica sera ha ricevuto una nuova onorificenza dalla Hall Of Fame, un anello gigantesco con il proprio nome inciso, ed è stato così carino da citarmi nel suo discorso), c’è un altro caso che merita dibattito. Consegue alla seconda vittoria consecutiva di un ritrovato Wawrinka che ha dominato ancora, più che a Wimbledon, Grigor Dimitrov.

Ma che pesce è questo Dimitrov? Lo scorso anno sembrava aver finalmente mantenuto le promesse da Baby-Fed, quando aveva vinto la finali ATP e dopo un’annata cominciata alla grande in Australia. Poi però anche se è rimasto tra i top-ten, n.8, francamente mi chiedo se abbia abbastanza volontà e determinazione per arrivare al vertice. E restarci… perché n.3 è stato e non sono poi così tanti quelli che sono riusciti ad arrivare così in alto. Il suo tennis è bello, forse troppo. Che sia illusorio come il suo talento? Io confesso di non crederci più tanto. Mentre Wawrinka, anche se gioca la parte del “not yet real contender”, è davvero “Stan the Man” e non ha vinto 3 Slam per caso battendo anche i più forti e alla grande. L’ultimo due anni fa qui, prima di farsi male e perdere quasi un anno. “Sono stati fortunato a farmi male soltanto a 32 anni… e una volta sola. A tanti è successo prima” ha risposto sorridendo alla mia domanda che gli segnalava come nel match vinto poco prima da Andy Murray su l’australiano Duckworth fossero stati di fronte due giocatori che avevano dovuto ricorrere ai ferri del chirurgo ben otto volte, 5 l’australiano, 3 lo scozzese. E quando a Murray avevo chiesto, più che provocatoriamente giusto per risvegliare un po’ una conferenza stampa piuttosto moscia (la voce bassa, ai confini del lugubre di Andy) se il tennis fosse diventato quasi più pericoloso del pugilato per il fisico dei suoi protagonisti, Andy aveva risposto: ”No, non lo penso (sorridendo). È difficile adesso con il tennis perché ci sono molti dei top-players che giocano più a lungo e competono più a lungo ai più alti livelli. Ma ci sono stati anche periodi nei quali molti top-players sono stati fuori gioco per infortuni seri, interventi chirurgici, negli ultimi anni. Può essere evitato? Chi può davvero saperlo. È uno sport molto challenging, devi fare un sacco di lavoro anche fuori dal campo, in palestra per fortificare il tuo corpo in modo da diventare sufficientemente robusto per rispondere alle domande di questo sport”.

Mentre pensavo che secondo me Grigor Dimitrov non ha probabilmente la stessa tigna di lavorare così duramente, giorno dopo giorno, per restare lassù – e invece i Fab Four sotto questo profilo sono stati eccezionali, anche se certamente Nadal, Djokovic e Nadal hanno dovuto faticare più di Federer, baciato dal talento – Andy riferiva un atteggiamento più simile a quello di Federer ultima maniera (ma anche di Nadal che ha rinunciato a Cincinnati dopo aver vinto in Canada): “Questa è la prima volta che ho giocato 4 set in 14 mesi, quindi devo vedere come mi sentirò domani… Spero di star bene… ma rispetto ai tempi in cui ero al secondo turno di uno Slam, mi allenerò con minor intensità. Una volta quando avevo un giorno di riposo fra un match e l’altro, giocavo per un’ora e mezzo, ma non lo farò più. Devo conservare più energie possibile”. Un problema comune a tutti questi straordinari ma acciaccati vecchietti.

Hanno perso un po’ di teste di serie, oltre ad Halep n.1, ma non credo che si ripeterà nel singolare femminile quello che è accaduto a Wimbledon, quando tutte le prime dieci teste di serie saltarono fuori prima ancora dei quarti.
A oggi le vittime coronate sono: Halep n.1, Pavlyuchenkova n.27 (con la Peterson), Rybarikova n.31 (con la cinese Wang), e fra gli uomini Dimitrov n.8, Edmund n.16 (con Lorenzi), Bautista Agut n.19 (con l’australiano Kubler), Dzumhur n.24 (con il serbo Lajovic).

Oggi giocano gli altri quattro italiani in tabellone: se dico che Fognini è favorito con Mmoh, Cecchinato con Bennetau se riesce a tenerlo in campo più di un paio d’ore, mentre vedo chiuso Gaio con Goffin e non ho idea di come giochi il ventunenne polacco Hurkacz n.109 per tentare un pronostico al suo match con Travaglia (al di là del ranking inferiore del nostro, n.141), beh il peggio che può accadere è che io sbagli questi pronostici. Firmerei per il 3-1. Sopravviverete. E anche a questa mia ultima penosa boutade: il set più memorabile di queste 48 ore? Il 6-1 della Fiorentina al Chievo (ok, do per scontato che tutti i lettori di Verona e dintorni migreranno ad altro sito!).

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