È Little Italy a New York: c'è solo Fognini. USA con le donne, Brits a casa

Editoriali del Direttore

È Little Italy a New York: c’è solo Fognini. USA con le donne, Brits a casa

NEW YORK – Il tennis americano una volta era forte negli uomini, ora nelle donne. Per l’Italia questo US Open è il peggior Slam dell’anno

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La rassegna stampa odierna

L’Italia a New York è diventata Little Italy. Evviva Fabio Fognini, al dunque. Siamo rimasti aggrappati ai suoi improbabili pantaloni rossi a stelle e strisce. Vorrei proprio sapere chi li comprerà. Comunque sia è rimasto ancora una volta lui l’unico ancora in lizza all’US open dei 9 azzurri che avevamo in tabellone. Gli altri sono stati tutti spazzati via al secondo turno. Per la verità Fognini il secondo turno lo deve ancora giocare (contro l’australiano Millman, l’uomo del mulino, n.55) e se vincesse avrebbe al terzo o Chung o Kukushkin. Con il sogno (un miraggio?) di affrontare Federer (o Kyrgios) in ottavi. Se ciò non avvenisse questo sarebbe per il tennis italiano il peggior Slam dell’anno. In Australia avemmo Fognini e Seppi in ottavi, a Parigi c’è stato Cecchinato in semifinale (40 anni dopo…), a Wimbledon Giorgi nei quarti.

Camila Giorgi era l’unica nostra tennista in tabellone ed è uscita al secondo turno. Sprecando tante occasioni e dando l’impressione di non avere capito perché. Questo almeno si è potuto dedurre dalle parole smozzicate che abbiamo registrato della sua conferenza post match con Venus. Eppure il perché era semplice: non ci si possono permettere 41 errori gratuiti se si vuol vincere una partita. E neppure si possono sprecare 9 pallebreak quando in diverse occasioni Williams ha servito una seconda. In certi momenti del secondo set Venus sembrava respirare a fatica e si muoveva pure male, ma Camila ha continuato a tirare pallate cercando di risolvere lo scambio in uno o due tiri e allora è chiaro che si incorre in una miriade di errori gratuiti e non si riesce nemmeno a far muovere e stancare un’avversaria che ha 38 anni.

Nostalgia canaglia… ma come non ripensare al fatto che appena 3 anni fa Flavia Pennetta e Roberta Vinci giocarono qui la finale di questo Slam? E che abbiamo avuto quattro top-ten in grado anno dopo anno per più di 10 anni di raggiungere le fasi finali degli Slam? Oggi dopo Errani 81 – ferma per le note ragioni fino al prossimo gennaio compreso – c’è Trevisan n.175. E nessun vero prospect che si profili all’orizzonte. Con gli uomini stiamo un po’ meglio, ma non tantissimo, anche se i risultati di primavera-estate ci avevano confortato e creato anche qualche piccola illusione. Ma alla fine, anche se per ora ha passato soltanto un turno, c’è sempre solo lui, Fognini. Gli altri tre azzurri che avevano passato il primo turno sono usciti tutti al secondo, in tre set Sonego con Khachanov (7-5 6-3 6-3), Lorenzi con Pella (7-5 6-0 6-2), Seppi con Shapovalov (6-4 4-6 5-7 7-6 6-4 dopo 3 ore e 47 minuti).

Non mi aspettavo che Cecchinato riuscisse a giocare sul cemento come sulla terra rossa, ma neppure che perdesse quattro volte al primo turno. Tre volte su quattro si è difeso benino, ma occorrerà che si dedichi di più a queste superfici se vuole migliorarsi. Mentre per Berrettini onestamente è ancora più giusto avere pazienza. Fino a gennaio non aveva ancora vinto una partita nel circuito maggiore ATP…

Nel tennis americano sta succedendo esattamente l’opposto di quel che sta accadendo in quello italiano, dove le donne al vertice sono scomparse e gli uomini invece ci hanno riservato qualche soddisfazione. Negli anni Novanta i maschi USA erano fortissimi, Sampras, Agassi, Chang, Courier, e le donne – tramontata la golden era Evert, Austin – si erano comunque difese con Capriati e Davenport prima dell’esplosione del bis-fenomeno Williams. Oggi, mentre tifavo Camila, mi ha fatto comunque effetto pensare che Venus Williams aveva esordito in questo torneo vinto due volte ben 21 anni fa! E al terzo turno di nuovo l’ennesimo replay del Williams Show edizione n.30 (17 a 12 per Serena il bilancio dei confronti diretti), Venus vs Serena. 30 Slam vinti in due nelle due decadi. Pazzesco.

Ma se un anno fa tutti i quattro posti delle semifinali furono occupati da giocatrici americane, Stephens e Keys poi approdate in finale, insieme a Vandeweghe e Venus, gli uomini americani non sono stati all’altezza dei loro predecessori. Da 15 anni non vincono uno Slam, l’ultimo fu Andy Roddick qui nel 2003, ma non hanno più avuto nemmeno un semifinalista dal 2006, sempre grazie a Andy Roddick. È passato talmente tanto tempo che ormai Andy è entrato a far parte della Hall of Fame. Lo scorso anno il tennis maschile made in USA è stato “salvato” da Jack Sock, piombato a sorpresa tra i top-ten con gli exploit di Parigi-Bercy e delle finali ATP, ma decisamente deludente in tutto questo 2018 (già eliminato qui). Ora gli USA non hanno un top-ten, ma un… top 11, John Isner che però ha 33 anni. Fra le donne invece ci sono 8 ragazze che hanno meno di 25 anni, comprese Stephens che è n.3 (sebbene si sia salvata per miracolo con l’ucraina Kalinina che ha è soltanto n.134 WTA: sotto di un set perdeva 4-2 nel secondo) e Keys che è numero 14. In quella stessa fascia di età, meno di 25 anni, gli americani sono 5, ma uno solo fra i top-40.

Chi dopo questo US Open sta ancora peggio è la Gran Bretagna: con la sconfitta patita da Andy Murray in 4 set con Verdasco, quella di Norrie con Lajovic, e quelle dei giorni scorsi di Edmund (con Lorenzi), di Konta e di Watson, all’US Open non c’è più nessun Brit. E molti nostri colleghi d’Oltre Manica stanno tornandosene a casa. Vorrei sbagliarmi, giuro, perché stimo moltissimo sia la sua tenacia sia la persona, ma temo che ormai Andy non riuscirà più a tornare quello che era. Nessuno potrà togliergli, comunque, i grandi risultati ottenuti per arricchire un grandissimo palmares che lo ha visto appena appena meno vincente degli altri tre mostri. Anche nei loro confronti si è tolto tuttavia anche grandi soddisfazioni: due medaglie d’oro olimpiche, tre Slam con due Wimbledon e uno US Open, 7 finali di Slam raggiunte anche se perdute, nonché l’essersi issato sul trono del n.1 del mondo a fine 2016. Mica poco eh? Avercene! Andy ha certamente meritato comunque di essere incluso fra i Fab Four, anche se non è stato alla loro altezza.

La crisi dei giornali non risparmia nessuno. Pensate che dal Belgio, nonostante Goffin sia n.10, sono venuti solo due  giornalisti, Philip De Wulf (ex semifinalista del Roland Garros) e Christine Hanquet che lavora per la radio belga più seguita: “Il fuso degli Stati Uniti non aiuta i giornali che sono già in crisi… e di soldi i nostri media ne hanno spesi tanti durante la World Cup di calcio, grazie alla semifinale raggiunta dal nostro Paese”.

Le (relative) sorprese della terza giornata sono venute da due russi, un georgiano e una ceca. Sono state le sconfitte di Tsitsipas testa di serie n.16 con Medvedev (relativa però), di Goerges n.9 con Makarova (idem come sopra), di Sock n.18 con Basilashvili e di Muguruza n.12 con Karolina Muchova (202 del mondo). Makarova però ha una tale sfilza di exploit ai danni di teste di serie in vari Slam (a cominciare da Serena Williams in Australia anni fa) che in realtà le sue vittorie non possono mai essere catalogate come vere sorprese. Tsitsipas aveva troppe responsabilità sulle giovani spalle dopo la finale raggiunta a Toronto dove aveva battuto a fila 4 top-ten. Ha pagato l’inesperienza. Quanto a Sock il 2018 per ora è stato un anno da dimenticare. Non vorrei che questo US Open fosse da dimenticare anche per noi italiani.

Ubaldo e Steve Flink analizzato il day 4: la sconfitta di Giorgi contro Venus, verso il 30esimo atto tra le sorelle Williams, l’eliminazione di Andy Murray (video in inglese)

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