Il 4 Ottobre 2023 Jannik Sinner ha conquistato il torneo più prestigioso della sua giovane carriera in termini di avversari affrontati, il China Open di Pechino, l’ATP 500 più competitivo dell’intera stagione, che vedeva ai nastri di partenza ben otto dei primi dieci giocatori del ranking: nei quarti di finale ha sconfitto un Grigor Dimitrov in splendida forma (come ha poi dimostrato a Shanghai), in semifinale ha battuto Carlos Alcaraz e in finale invece Daniil Medvedev.
In particolare la vittoria con lo spagnolo ha segnato un momento chiave della storia di Jannik, che grazie a quel risultato ha raggiunto il best ranking di numero 4 del mondo, eguagliando (quasi cinquant’anni dopo Panatta) la miglior classifica di sempre di un italiano da quando esiste il ranking del computer: un torneo storico (un aggettivo per una volta assolutamente calzante), che l’altoatesino ha conquistato sconfiggendo in ventiquattro ore il numero 2 e il numero 3 del mondo, ritoccando appunto anche il proprio best ranking.
Il Masters 1000 di Toronto (dominato e vinto da Sinner qualche mese fa) metteva in palio più punti, ma la qualità non si misura con la matematica, e Pechino rappresenta, al momento, la perla della carriera dell’italiano.
Jannik è infine arrivato con le pile scariche a Shanghai, vincendo in ogni caso due partite alla sua portata con Giron e Baez, prima di arrendersi onorevolmente a Ben Shelton negli ottavi di finale, in una sfida che verosimilmente rivederemo ancora nei prossimi anni ad alti livelli, specialmente sui campi più rapidi.
Ma provando ad andare oltre ai record prestigiosi, ai trofei e ai traguardi storici (il 22enne di Val Pusteria si è anche qualificato per le ATP Finals di Torino con un mese di anticipo), e tentando di spostare la lente d’ingrandimento sul gioco, non si può fare a meno di notare la comparsa nel corso della trasferta asiatica di una nuova idea all’interno del tennis di Jannik: un colpo che potrebbe semplicemente cambiargli la carriera, che potrebbe fare la differenza tra il numero 4 ed il numero 1, tra Pechino e uno Slam.
Ci riferiamo al dritto stretto anomalo (in gergo: “lo strettino”), un colpo complesso, che richiede tempo e sensibilità, ma che se eseguito con parsimonia e precisione può rappresentare un’arma letale, specialmente contro i migliori tennisti della nostra epoca, veri e propri atleti perfetti, alti ma rapidi, potenti ma leggeri nella corsa, difensori pazzeschi che approfittando di superfici di gioco mediamente molto lente sono in grado di coprire velocemente tutto lo specchio del campo, ributtando sempre una palla in più dall’altra parte della rete.
È una tipologia di dritto anomalo che si vede raramente (questione di tempo) e che viene colpito (per i destri) coi piedi completamente sul lato sinistro del campo, in situazioni di chiaro vantaggio all’interno dello scambio: nella sua esecuzione perfetta richiederebbe anche una piccola finta prima di colpire la palla, in modo tale da confondere l’avversario, che potrebbe a quel punto erroneamente aspettarsi di conseguenza una smorzata, oppure la classica pallata anomala (inside out oppure alternativamente inside in). Si tratta innanzitutto di un’esecuzione molto elegante, che richiede mano, talento, ragionamento e un pizzico di fantasia: un’esecuzione che non ha a tutti i costi lo scopo di diventare definitiva (colpo vincente) ma che spesso ha al contrario proprio un effetto propedeutico. Il giocatore sceglie di costruire, di aprirsi ulteriormente il campo ma senza aumentare esponenzialmente grado del rischio, preparando grazie a questa esecuzione un attacco in controtempo (con chiusura a rete) oppure costringendo l’avversario (già in fase difensiva) ad accorciare ulteriormente ed eventualmente ad arrendersi ad un successivo colpo definitivo.
Pro e contro di questo colpo
L’importanza strategica di questa esecuzione risiede in tre particolari:
-L’ANGOLO: questo dritto stretto anomalo permette a chi lo colpisce di aprirsi un angolo più unico che raro, grazie all’effetto ad uscire, per semplificare potremmo paragonarlo (sempre per quanto riguarda i tennisti destrorsi, come Jannik) all’efficacia del servizio esterno in kick da sinistra che sbatte fuori l’avversario dal campo.
-LA VELOCITÀ: è un colpo che di base arriva al termine di un pressing forsennato da fondocampo e con il quale si decide di abbassare improvvisamente l’intensità dello scambio. In poche parole, un cambio di ritmo.
-LA PROFONDITÀ: più rimbalza vicino alla rete, più è efficace, perché l’obiettivo è quello di andare a caccia di un angolo il più acuto possibile.
E qui entrano appunto in gioco la sensibilità e il talento del giocatore. Perché in un’epoca di pallate sempre più forti e sempre più profonde colui che è in grado di sfruttare tutto il campo e perfino di “accorciare” è sicuramente dotato di un dono speciale.
LE CONTROINDICAZIONI:
È sicuramente una tipologia di giocata che richiede tempo e un chiaro controllo dello scambio, quasi impossibile da eseguire nel corso di un braccio ferro ma invece perfetta per concluderlo, quel braccio di ferro.
È un colpo complesso, perché se calibrato male rischia di regalare un’autostrada lungolinea all’avversario e, infine, è la classica soluzione che si basa sull’effetto sorpresa, e di conseguenza va utilizzata col contagocce, senza abusarne. Se ad un’esecuzione del genere togli l’effetto sorpresa rimane poco, un banale gesto indubbiamente elegante ma poco efficace, per la precisione.
Perché Sinner ne ha bisogno
Perché rappresenta la fotografia perfetta di tutto quello che gli manca, ovvero di un dritto con un pizzico di margine che lo aiuti a chiudere gli scambi senza strappare e senza andare fuori giri.
Jannik da quando lavora con Simone Vagnozzi e Darren Cahill ha completamente cambiato marcia, cominciando un lavoro complicato ma ambizioso: nel corso degli ultimi venti mesi ha messo insieme tante cose, la smorzata ad esempio non è più solamente un’esecuzione ma è diventata un’arma, l’attacco in controtempo è ancora scolastico (tecnica della volèe, posizione a rete, timing) ma col tempo sta entrando a far parte del repertorio, il servizio è migliorato anche se non rappresenta ancora (e forse mai lo sarà) una vera e propria certezza dalla quale spremere punti, specialmente nei momenti clou delle partite.
E proprio per questo motivo, ovvero un servizio poco affidabile, Jannik si trova costretto a vincere la maggior parte dei punti di una partita nel braccio di ferro da fondocampo, in particolare quelli che pesano di più: è un tipo di gioco sfiancante dal punto di vista fisico e stressante dal punto di vista mentale, soprattutto quando ti trovi a dover affrontare i punti decisivi sui palcoscenici più prestigiosi del circuito, contro i tennisti migliori del mondo.
Perciò Jannik ha bisogno di un’idea speciale, di un’arma sorprendente e affidabile, che gli permetta una volta ogni tanto di posare il martello e di prendere in prestito il fioretto, che in determinate situazioni può rappresentare un diversivo vincente contro i muri di gomma (Djokovic e Medvdedev su tutti).
E il pensiero va inevitabilmente al magnifico US Open 2014 di Marin Cilic, un torneo nel quale il croato improvvisamente trovò una continuità spaventosa e inedita al servizio ma in cui allo stesso tempo riuscì finalmente a scoprire tutti gli angoli del suo dritto, che fino a quel momento l’aveva spesso tradito nelle situazioni di tensione.
Il dritto comodo da metà campo, con una palla alta e un po’ di tempo in più per pensare, sarà il colpo decisivo della carriera di Jannik Sinner, la differenza tra un grande giocatore e un Campione: lo strettino anomalo, utilizzato con la giuste dosi, potrebbe rappresentare la pozione magica verso il successo.