Roland Garros: Nadal ancora una volta fenomenal. Ma Djokovic non era certo il miglior Djokovic. Martina Trevisan sogna un posto tra le top 20 [VIDEO]

Editoriali del Direttore

Roland Garros: Nadal ancora una volta fenomenal. Ma Djokovic non era certo il miglior Djokovic. Martina Trevisan sogna un posto tra le top 20 [VIDEO]

PARIGI – È già virtualmente n.26. Ma la sua avversaria in semifinale, Coco Gauff, ricorda bene quel che le diceva suo nonno… Zverev deve battere Nadal e vincere il primo Slam per diventare n.1 del mondo

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Nadal RG 2022 by Night (foto @RolandGarros)
 

Davvero difficile scegliere di chi scrivere per primo, Trevisan o Nadal? Priorità all’impresa italica, della nostra ragazza che riscrive la storia del nostro tennis raggiungendo una semifinale di uno Slam nove anni dopo Sara Errani, 11 e 12 anni dopo Francesca Schiavone – che non si fermarono lì – o a quella, l’ennesima, di Rafa Nadal che a un passo dai 36 anni in 48 ore gioca oltre 8 ore e mezzo per 9 set fra Aliassime e Djokovic producendosi fino all’ultima palla in scatti pazzeschi, degni di Tortu e Jacobs?

Comunque scegli sbagli. Sono le due e 12 del mattino, e nello scrivere le prime righe –sperando di riuscire a finire in un’oretta e spiccioli – mi faccio condizionare nella scelta da quello che ho appena finito di vedere, prima sul campo e poi in sala stampa, sperando che i tifosi della adorabile, dolcissima Martina Trevisan non si offendano. Ma in fondo la cronaca del suo match, la sua intervista, quella dei suoi allenatori, sono tutti articoli che sono stati in home page per tutta la giornata e data l’ora posso già dirvi che nella giornata di martedì fino a mezzanotte avevamo avuto oltre 130.000 visite, 20.000 meno di domenica che erano state oltre 150.000, ma .. Nadal e Djokovic stavano ancora giocando per cui dovrò contare quelle che hanno sforato nel mercoledì.

Rafa Nadal ha appena lasciato la sala stampa dicendo, fra le tante cose (che leggerete in forma più diffusa): “Sono stato più spesso avanti io nel gioco e nel punteggio di quanto lo sia stato Novak; ho dominato per un set e mezzo (6-2,3-0…con doppio break), poi lui mi è tornato sotto, e alla fine dovevo solo continuare a lottare sperando di riprendere l’iniziativa come all’inizio…non era facile contro uno come Djokovic, ma era la mia unica opzione…il pubblico certo mi ha aiutato, per me questo lo sapete è un luogo fanstatico, il migliore per tutta la mia carriera, e credo che in fondo sia abbastanza normale per tutto quello che ho vissuto e vinto qui che il pubblico mi sostenesse come ha fatto”. Cinque minuti prima, parlando più con i serbi, ho saputo grazie alla traduzione di Ilvio Vidovich – il nostro collaboratore della rubrica “Nei dintorni di Djokovic” – che Novak ha detto: “Nei momenti importanti certamente il pubblico ha avuto il suo peso, al 99% era per lui e lo ha caricato Rafa”. In inglese aveva accennato alle chance avute nel quarto set, nel quale come sapete è stato avanti 5-2 e ha avuto due set point. Sul primo ha sbagliato un rovescio banale per lui, sul secondo ha approcciato mediocremente la rete e Nadal lo ha infilato con il suo rovescio.

Per un set e mezzo Djokovic mi è parso irriconoscibile. Non spingeva, non forzava, subiva in lungo e largo le iniziativa di un Nadal invece pimpante e aggressivo come nei tempi migliori. Rafa tutto pareva, sinceramente, fuorché un giocatore martoriato dagli infortuni. Nole dirà di non essere entrato in partita, ma sembrava aver impostato il match con l’idea di tirare il match per le lunghe, di allungare gli scambi piuttosto che di finirli, contando forse sulla progressiva stanchezza di Rafa. Sembrava lo volesse prendere per sfinimento fin dall’inizio. Dopo averlo fatto sfogare. Se avesse fatto quei calcoli…erano calcoli sbagliati.

Che il pubblico sarebbe stato tutto dalla parte di Nadal era ampiamente prevedibile. Soprattutto dopo che Rafa aveva detto: “Non so che cosa può succedere da qui a un anno… so l’età che ho, i problemi fisici che ho (e che l’hanno fermato per sei mesi nel 2021, per qualche mese anche quest’anno) e non sono sicuro che potrò rigiocare al Roland Garros fra un anno…”.

Quindi avevo preannunciato anche nel mio quotidiano intervento mattutino sull’Instagram di Ubitennis quel che sarebbe avvenuto. Sono sicuro che Novak lo avesse messo in conto. Però, anche se c’è abituato – suo malgrado – poi in campo non sono situazioni facili da gestire. Gli capita da sempre, e ovunque tranne che in Serbia, quando gli è capitato di giocare contro Rafa o contro Roger. Ma continua a soffrirne. E’ più forte di lui. Lo si vede proprio dal suo atteggiamento in campo. Fa perfino fatica ad autoincitarsi.

 Lui è arrivato qual terzo incomodo, e senza poter confermare la bontà del detto: “Fra i due litiganti il terzo gode”. E’ diventato n.1 del mondo – una posizione che adesso potrebbe perdere se Sascha Zverev riuscisse a vincere qui il suo primo Slam dopo tante delusioni – e non ha mai avuto – sebbene abbia 20 milioni di follower sui social, mica qualche migliaio – lo stesso appeal dei due marziani che avevano cominciato a duellare quando lui ancora non era apparso all’orizzonte. Un po’ per il suo tipo di gioco, non così elegante e “originale” come quello del “classico” Federer, soprattutto, ma anche del mancino Nadal. D’altra parte quando lui è apparso sulla scena mondiale i tifosi del microcosmo tennis erano già divisi in due schiere. Tanto spazio libero per una terza schiera non c’era.

Djokovic non ha davvero giocato bene come altre volte, ma allo stesso tempo non so dove Rafa abbia trovato tutta l’energia che ha mostrato sul suo campo prediletto per riuscire a giocare anche dopo 4 ore – anzi, come dicevo, in realtà dopo 8 ore e mezzo nell’arco di 48 ore – spostandosi per colpire di dritto, e che dritti!, anche palle che cadevano vicinissime alla riga, sul lato che sarebbe stato del suo rovescio. Una condizione fisica, dopo tutte i dubbi espressi da lui stesso in questi ultimi tempi, assolutamente stupefacente.

Djokovic aveva però appena detto: Non ne sono per nulla sorpreso, Rafa ha dimostrato mille volte di essere capace di recuperare sforzi enormi. Io sono entrato davvero male in partita, per un set e mezzo, poi mi sono ripreso, ma potevo giocare meglio, ho sbagliato tanti rovesci” (ne sono stati conteggiati 24…).

Non so se Zverev, felicemente riuscito a vendicarsi di Alcaraz per la sconfitta nel torneo di Madrid – dove peraltro lo avevano fatto giocare per più sere talmente tardi che non era quasi mai andato a letto prima delle quattro del mattino (“L’ATP dovrebbe vergognarsi della programmazione che ha fatto!”) e certamente Alcaraz ne fu avvantaggiato – avrebbe preferito affrontare Djokovic oppure Nadal.

Prima di battere, con pieno merito, Alcaraz n.6 ATP, in tutti questi anni di partecipazioni agli Slam, Zverev non era ancora mai riuscito a battere un top-ten. Adesso se vuole diventare n.1 del mondo lunedì ne deve battere almeno un altro, Rafa Nadal, e forse un altro se a raggiungere la finale dalla parte bassa fosse Ruud (che oggi affronta nei quarti la rivelazione Rune, in un insolito duello fra un norvegese e un danese) oppure Rublev che è favorito con Cilic salvo che il croato gli faccia vedere i sorci verdi come gli è riuscito inaspettatamente con Medvedev.

Lasciatemi allora festeggiare ancora una volta l’impresa di Martina Trevisan. Davvero il tennis racconta a volte storie che vanno molto al di là dell’immaginazione. Se qualcuno avesse detto a Martina Trevisan all’inizio di questo Roland Garros – e non dico nei cinque anni in cui la sua vita aveva subito un grosso turbamento che l’aveva fatta allontanare dal tennis ma le aveva trasformato in una vittima di quei problemi alimentari che passano sotto il nome di anoressia – che sarebbe stata la quinta italiana di sempre a raggiungere le semifinali degli Internazionali di Francia, lei lo avrebbe guardato spalancando quei suoi occhioni intensi e lo avrebbe gratificato di uno di quei sorrisi che l’hanno resa popolare in terra di Francia. Ma si sarebbe schermita.

Un po’ come ieri quando, uscendo trionfante dal Philippe Chatrier ha incontrato e abbracciato Matteo Catarsi e Donato Quinto per dir loro: “Ma che ho fatto?!”.

Eh sì, che hai fatto Martina! Ci hai regalato una grande, grandissima gioia. Anche se l’hai fatto soltanto dopo averci “inflitto” una indicibile sofferenza, durata almeno 64 minuti. Cioè quanti sono passati fra il match point cancellato dal dritto vincente della Fernandez dopo un’ora e 17 minuti di tuo tennis assolutamente intelligente e tatticamente ineccepibile e il secondo match point a fine terzo set, quello finale, quando un tuo dritto tipicamente mancino e avvolgente ha lasciato ferma sulle gambe la ragazzina canadese. A leggere le statistiche si vedrebbe un dominio quasi esagerato di Martina, sotto tutti i profili, 43 vincenti contro 29, e molti meno errori gratuiti, 29 contro i 44 della ragazza di origini ecuadoriane. Ma sono numeri influenzati dal primo set. E un tantino anche dal terzo quando lei è salita su un 4-0 che per un soffio non è diventato 5-0.

Preavverto subito che questi numeri dei punti vincenti e degli errori gratuiti vanno presi con grande beneficio di inventario. Non vi fidate mai. Dipendono da valutazioni molto soggettive. E da istruzioni sbagliate che vengono date a chi li fa. Le risposte sbagliate, ad esempio, non vengono mai considerate errori gratuiti, neppure quando una giocatrice ha servito una mozzarella a 100 km orari. E se invece uno tira un gran rovescio e con quello ha fatto tre quarti del punto perché gli ritorna una palletta a un metro dalla rete che chiude con un dritto elementare…le statistiche che compaiono anche sul tabellone segnapunti dicono che è un dritto vincente!

Scusate l’inciso, che magari nel giorno di una vittoria storica di una tennista italiana, potevo risparmiarvi, però questo modo di tenerle falsa completamente l’importanza che un non addetto ai lavori rischia di dare a quel che legge. Le agenzie, spesso, cadono in queste trappole.

La cronaca e il senso del match li ha resi benissimo Antonio Garofalo. Io posso solo plaudire sia alla strategia messa a punto a tavolino dal coach Matteo Catarsi, sia sull’esecuzione sul campo da Martina, perché il piano era chiaro. C’era il tentativo dichiarato fin dal giorno prima di fare arretrare la Fernandez dalla riga di fondo dove tendeva a installarsi. E quando le arrivano palle forti e piatte Leylah reagiva incontrandole bene, come sul cemento dove è cresciuta tennisticamente. Ma quando erano un po’ più alte e liftate si vedeva che la sua esperienza per il tennis sulla terra battuta era piuttosto limitata. Ha fatto infatti tantissimi errori con quel dritto che avrebbe dovuto essere invece il suo colpo migliore. E che ingenuamente giocava troppo spesso sul dritto di Martina, quasi avesse dimenticato che anche l’azzurra era mancina.

Ha certamente pagato l’aver avuto la determinazione di chiedere all’organizzazione del Roland Garros la possibilità di allenarsi con un secondo sparring mancino dopo averlo fatto il giorno prima con un altro primo che però giocava colpi con gran topspin e sicuramente diversi da quelli che avrebbe tirato la Fernandez. I dettagli sono importanti. Un bravo coach deve curarli.

Però, al di là della preparazione di una partita, dello studio dell’avversaria, è poi fondamentale avere chi in campo ha la lucidità per cercare le traiettorie più profonde sia pure prendendo inevitabili rischi, gli angoli più giusti. E poi la solidità nervosa per reagire all’inizio del terzo set a un secondo perso nonostante il match point a favore, seguito poi da un tiebreak pessimo, caratterizzato da ben cinque errori gravi, due doppi falli e tre gratuiti.

Invece Martina è rientrata in campo, dopo un rapido toilet break. come se nulla fosse. Non so come sia riuscita a metabolizzare quei traumi. Ma c’è riuscita talmente bene da conquistare i primi 4 game del terzo set e sfiorare il 5-0 che avrebbe chiuso il match. Che invece è stato sofferto fino alla fine, perché quando ci sono 5 break in 7 game, come si fa a essere tranquilli con Martina che va a servire sul 5-3 ed esordisce con il doppio fallo n.7?

Giovedì Martina affronta Coco Gauff (che ha battuto Sloane Stephens) che aveva già battuto qui a Parigi, ma che è certo migliorata da allora.

La ragazza che è seguita dallo stesso agente di Roger Federer, Tony Godsick (Roger ha delle quote nell’agenzia, che io sappia) ha detto di ricordare piuttosto chiaramente il match perso con Martina (4-6,6-2,7-5)… ”Perché mio nonno si raccomandava sempre… ‘Dimentica le vittorie, Coco, ma non dimenticare mai le sconfitte, ricordale una a una…Contro la Trevisan feci un sacco di doppi falli, finii in doppia cifra, questa volta non accadrà…anche se lei è una tennista tricky, una mancina che ha diverse armi sulla terra battuta, ho guardato un po’ del suo match con Leylah”.

A fine match la Gauff ha scritto sulla telecamera: “Dream Big” (sogna in grande). E certo lo fa dacché batté, ancora quindicenne, Venus Williams a Wimbledon. Sarà favorita lei, n.23 del mondo che è in semifinale sia in singolare sia in doppio, ma Martina ormai ci ha abituato a stupirci. Intanto lunedì prossimo sarà n.26 davanti a Camila Giorgi n.27 anche se dovesse perdere. E se invece vincesse entrerebbe fra le prime 20 del mondo. Incrociamo le dita.

Il tabellone maschile del Roland Garros 2022

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