Pagelle degli italiani: Sinner non ancora da 10. Sufficienza stiracchiata per Musetti. Berrettini NC

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Pagelle degli italiani: Sinner non ancora da 10. Sufficienza stiracchiata per Musetti. Berrettini NC

Jannik vicino alla perfezione ma è solo l’inizio. Arnaldi new entry da 90 posizioni guadagnate e 8,5 in pagella. Stagioni simili nel loro grigiore per i due Lorenzo, Sonego e Musetti

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Jannik Sinner saluta con la bandiera i suoi compagni - Davis Cup Finals 2023 Malaga (foto Marta Magni)
 

Il 26 novembre, a Malaga, si chiudeva in maniera trionfale la stagione del tennis azzurro. La Coppa Davis è tornata in Italia dopo 47 anni. Era uno degli ambiziosi obiettivi che da qualche anno ci possiamo permettere di fissare, in maniera più o meno esplicita a seconda del grado di scaramanzia. Il movimento maschile sta attraversando un’epoca d’oro, se non senza precedenti quasi. Per l’ITF siamo i primi della classe, mentre prendendo in considerazione il ranking ATP a fine 2023 siamo sesti per punti raccolti dai top100. Pur nello splendore attuale, insomma, si può provare a fare ancora meglio.

Come? È chiaro che la mente vada subito nella direzione degli Slam. Del resto, Sinner è pronto per compiere anche questo passo e, se ci fosse stato un quinto major in autunno, Jannik sarebbe stato il secondo favorito dietro Djokovic. Anche in Australia potrebbe essere così, ma l’inizio di stagione si carica sempre di maggiore imprevedibilità. In ogni caso, la ricerca di una prosperità ancora più accentuata per il tennis azzurro al maschile non è un compito che spetta solamente all’attuale numero 4 del mondo. L’annata conclusa, infatti, è stata veramente positiva – oltre che per Sinner – soltanto per un altro tra i nostri portacolori presenti tra i primi 100 giocatori del mondo: la new entry Matteo Arnaldi. Musetti, Sonego e Berrettini, invece, si devono leccare le ferite (in alcuni casi più in senso letterale che metaforico) e sono loro che hanno i margini più ampi per fare la differenza, in positivo, rispetto al 2023.

È evidente, infatti, che si sia aperto a dismisura il gap tra il capofila Sinner e gli altri membri della squadra di Davis. La “colpa” principale, fortunatamente, è dello stesso Jannik ma non si può escludere un concorso di responsabilità. Se un anno fa potevamo parlare di un gruppo tutto sommato omogeneo che costituiva la prima linea del movimento, adesso abbiamo un cavaliere seguito dai suoi scudieri. Ciò che non è cambiato rispetto a fine 2022, invece, è l’assenza delle seconde linee. Arnaldi è cresciuto talmente tanto da passare dalla terza linea a secondo singolarista in Davis. Di certo non si poteva pretendere lo stesso da tutti gli altri giovani (comunque più piccoli di Matteo) che un anno fa occupavano la sua stessa zona di classifica, a cavallo della 134esima casella. Tuttavia, lo stacco tra l’attuale 46esimo posto di Sonego e il 101esimo di Cobolli è ancora troppo marcato (Berrettini, al numero 92, rappresenta ovviamente un discorso a parte).

Così dopo gli otto top 100 che potevamo vantare a fine 2021, ci dobbiamo accontentare per il secondo consecutivo di 5 rappresentanti, con la sostituzione Arnaldi per Fognini. Il serbatoio di giovani potenzialmente in grado di emulare Matteo è comunque ricco. Oltre a Cobolli, primo candidato per rimpolpare la truppa azzurra tra i primi cento (lo aveva già fatto per alcuni giorni tra ottobre e novembre), sono infatti in crescita anche Nardi e Darderi, mentre Bellucci e Passaro hanno fatto qualche passo indietro comunque non irreversibile.

Questo è come appare, a volo d’uccello, il panorama del movimento azzurro a fine 2023. Ora, però, è il caso di planare verso i singoli, per consegnare ai top 100 non i regali di Natale ma le sicuramente meno attese pagelle di fine anno (qui quelle delle donne).

SINNER (#4): voto 9

Posto che dare alla stagione di Jannik una valutazione inferiore al nove sarebbe stato segno di grande ingenerosità, è giusto spiegare perché non si è andati oltre questo voto. Settembre (dopo lo US Open), ottobre e novembre sono stati indubbiamente da 10, senza la lode solo per la sconfitta in finale a Torino con Djokovic, da cui poi l’altoatesino si è comunque rifatto con gli interessi a Malaga. Fino alla tappa di New York inclusa, il 2023 di Sinner era stato già ottimo ma non eccellente, con alcune piccole grandi delusioni che non possono essere ignorate nel giudizio complessivo sull’annata, pur nella convinzione che ai fini del 2024 contino più gli ultimissimi risultati che quelli della prima metà dell’anno che sta per concludersi.

SPUNTI TECNICI: Il nostro coach analizza colpo per colpo, foto per foto, Jannik Sinner al microscopio

L’unico momento negativo della stagione di Sinner è coinciso con la seconda parte dello swing sulla terra: dopo la semifinale di Montecarlo e i quarti di Barcellona, Jannik ha infatti saltato il 1000 di Madrid prima di collezionare due brucianti sconfitte a Roma (contro Cerundolo agli ottavi) e a Parigi (contro Altmaier al secondo turno). L’azzurro non si è però fatto condizionare dai mugugni provenienti da addetti ai lavori e appassionati e già a Wimbledon è tornato sui livelli di febbraio-marzo quando aveva vinto a Montpellier e disputato la finale di Miami dopo aver battuto Alcaraz. È arrivata così la prima semifinale Slam in carriera a cui è seguito poi ad agosto il primo titolo 1000 a Toronto. Allo US Open, poi, Jannik non è riuscito a superare l’ostacolo Zverev in ottavi. A settembre, allora, si è riproposto lo stesso schema del pre-Wimbledon: da un lato la delusione per un’eliminazione prematura e dall’altro le critiche per la scelta di rinunciare all’impegno del girone di Davis a Bologna. E la risposta di Sinner è stata persino migliore di quella estiva: due vittorie negli iper-competitivi 500 di Pechino e Vienna (battendo di nuovo Alcaraz e sfatando – per due volte – il tabù Medvedev), le esaltanti prestazioni nelle Finals di Torino e l’assunzione del ruolo di trascinatore nelle finali di Davis, egregiamente svolto con 5 vittorie tra singolo e doppio.

L’impressionate score finale è di 64 W e 15 L, frutto anche dell’ottimo rendimento contro i top ten (13-6 con otto vittorie consecutive tra settembre e novembre). Il quarto posto nel ranking è l’attestazione più significativa degli enormi progressi fatti, ma non è l’unica: ci sono infatti anche il premio di “Most Improved Player” (uno dei due ATP Awards vinti da Jannik insieme a quello di “Fan’s favourite”), quello di “Coach of the Year” per il binomio Vagnozzi-Cahill, e i vari record nazionali (vittorie stagionali, best ranking e titoli in carriera – questi ultimi due al pari di Panatta). Meglio di così nel 2023 era difficile, ma non finisce certo qui: noi non vediamo l’ora di potergli dare quel 10 che per adesso ci siamo tenuti in canna.

MUSETTI (#27): voto 6-

Andiamo subito al dunque: la stagione di Lorenzo è stata insufficiente, ma è pur sempre anche lui un campione del mondo. Si spiega così il 6-. Le ragioni dell’insufficienza stanno nel saldo negativo in classifica (-4 rispetto a fine 2022) e nella mancanza di risultati rilevanti (nessuna finale a livello individuale). La vittoria su una brutta versione di Djokovic a Montecarlo, la semifinale di Barcellona e gli ottavi al Roland Garros non possono bastare alla luce del talento cristallino del giocatore di Carrara e delle aspettative riposte in lui dopo l’accelerazione nel percorso di crescita vista nella seconda metà dello scorso anno.

La differenza nel bilancio conclusivo è significativa: nel 2022 44 vittorie e 30 sconfitte, quest’anno siamo vicini al pareggio, 32-29 (il conto è addirittura negativo se si considerano solo i match sul cemento: 10-15). I picchi, come detto, sono stati pochi e nemmeno troppo elevati, mentre non sono mancati i periodi decisamente opachi, in particolare in corrispondenza della trasferta sudamericana a febbraio e dell’ultima fase della stagione (solo tre vittorie dallo US Open), conclusa con l’infortunio muscolare durante il match con Kecmanovic in Davis. Insomma, non si sono visti passi in avanti, ma la classifica è ancora tale da permettergli di affrontare con serenità l’inizio di 2024.

ARNALDI (#44): voto 8,5

Se Sinner è il “Most Improved” ATP, Arnaldi lo è stato a livello nazionale – come riconosciutogli dai SuperTennis Awards. I risultati del ligure sono stati infatti la notizia meno attesa – in positivo – del 2023 del tennis italiano. Uscito senza vittorie dalle Next Gen di Milano, a gennaio Matteo era partito dalla posizione numero 134. A fine ottobre ha toccato il best ranking di 41 del mondo grazie a un crescendo impetuoso e senza soluzione di continuità che lo ha portato dalle qualificazioni (non superate) in Australia agli ottavi allo US Open passando per la prima vittoria a livello Slam al Roland Garros.

Le altre tappe intermedie sono state i tre titoli nel circuito Challenger e la prima semifinale ATP a Umago. Momenti che lo hanno forgiato al punto da renderlo pronto per giocare e vincere due partite nodali nel cammino della squadra capitanata da Filippo Volandri: quella contro Garin a Bologna, senza la quale probabilmente l’Italia non sarebbe nemmeno partita per Malaga, e quella contro Popyrin che ci ha permesso di evitare il doppio decisivo in finale. Matteo ha così chiuso una stagione indimenticabile con 51 vittorie e 26 sconfitte. Il compito per il 2024 consisterà nel consolidare questo livello e – perché no – nel regalare ulteriori sorprese. Anche se da Arnalds, ormai, ci dobbiamo aspettare qualsiasi cosa.

SONEGO (#46): voto 6+

La stagione di Lorenzo non è stata troppo diversa da quello del suo omonimo. La piccola differenza nella votazione è figlia delle differenti ambizioni e prospettive (e anche del diverso contributo alla vittoria della Davis): mentre Musetti a 21 anni può e deve puntare a scalare ancora la classifica, Sonego a 28 si è ormai assestato in questa zona di classifica. Il torinese ci ha però anche abituato ad exploit esaltanti che quest’anno sono latitati. Già nel 2022 non erano stati così numerosi ma l’azzurro aveva comunque chiuso la stagione con il titolo di Metz e le due grandi vittorie su Tiafoe e Shapovalov in Davis.

Il 2023 si è concluso invece senza trofei e con gli ottavi al Roland Garros come miglior risultato (insieme alla semifinale di Umago). Negli altri Slam i sorteggi non lo hanno aiutato, mettendogli di fronte Berrettini al primo turno a Wimbledon e Sinner al secondo a New York. Nonostante non fosse al meglio della condizione per un problema muscolare, Lorenzo ha comunque dato il suo apporto nelle finali di Davis (dopo aver ottenuto un paio di successi importanti anche a Bologna) rivelandosi il compagno ideale di Sinner in doppio. Alla fine, il saldo vittorie-sconfitte è molto simile a quello dell’anno scorso, mentre è sceso ulteriormente il rendimento contro giocatori peggio piazzati in classifica, vero punto debole di Lorenzo nelle ultime stagioni: dal 23-15 del 2022 a un troppo basso 16-13 quest’anno.

BERRETTINI (#92): voto NC

Se già a fine 2022 non era stato facile giudicare la stagione di Matteo, il compito è ancor più arduo adesso e infatti… ci rinunciamo! Infortuni e sfortune lo avevano costretto a giocare già abbastanza poco l’anno scorso, ma nel 2023 è andata persino peggio: sono infatti 18 le partite (e le vittorie) in meno rispetto al 2022. Ecco perché è impossibile assegnare un voto (che sarebbe troppo ingeneroso) all’ex numero 6 del mondo che ha perso 76 posizioni in classifica non per demeriti sportivi ma per colpa di un fisico che sembra non riuscire più a sorreggere il suo tennis fatto di colpi strappati e violenti.

La stagione non era iniziata male alla luce delle buone prestazioni in United Cup, ma si è trattata di mera illusione. All’Australian Open è poi arrivata una delle pochissime sconfitte slegate da questioni di natura fisico-atletica e per questo forse ancora più bruciante, visto anche il match point incredibilmente fallito nel quinto set con Murray. I fatalisti avrebbero parlato di un chiaro segno del destino e, purtroppo, undici mesi dopo non è facile smentirli. Da febbraio è infatti ripartita la spirale degli infortuni: prima al polpaccio, poi per l’ennesima volta agli addominali (che gli hanno impedito di giocare a Roma e al Roland Garros) e infine la bruttissima distorsione alla caviglia durante il match di secondo turno dello US Open (rottura parziale del legamento) dove è finita la stagione del romano. Negli interstizi tra i vari stop c’è stato spazio per appena nove vittorie di cui tre a Wimbledon, l’unico torneo veramente positivo: l’unico momento in cui erano tornate la fiducia e le belle sensazioni di un tempo.

La forza di volontà di Matteo, però, non è in discussione – sebbene sia stata messa a dura prova, come lui stesso ha ammesso. La sua presenza a Malaga al fianco di Sinner & co. parla di un ragazzo che, oltre a sentirsi la maglia azzurra ben attaccata alla pelle, freme dalla voglia di tornare protagonista. Se dovesse farcela, l’epoca d’oro del tennis italiano sarebbe ancora più luccicante.

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