Dalla A alla Z... l'alfabeto del tennis del 2022

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Dalla A alla Z… l’alfabeto del tennis del 2022

Ripercorriamo la stagione scegliendo una parola per ogni lettera. Dai successi di Nadal, Djokovic e Swiatek ai ritiri di Federer e Serena Williams

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Roger Federer (destra) con Rafael Nadal (sinistra) - Laver Cup 2022 Londra (foto Twitter @lavercup)
 

365 giorni che, per quel che hanno significato nella storia del tennis globale, valgono molto più di un anno. Un ricambio generazionale atteso, ma quanto mai obbligato nel 2022. Nadal domina la prima parte di stagione, Djokovic è frenato da visti e permessi in Australia e Stati Uniti, ma si conferma devastante sull’erba, con i vari Alcaraz, Ruud, Sinner che devono per forza accelerare il processo di crescita perché il vuoto lasciato da Roger Federer è enorme. Un anno particolare contraddistinto dall’invasione della Russia in terra ucraina: anche lo sport ne viene coinvolto con gli atleti russi esclusi da Wimbledon, e i tornei in terra russa cancellati. Stakhovsky impugna fucili al posto delle racchette da tennis per difendere la sua patria. Riviviamo il 2022 dalla “A”… alla “Z”.

A di Alcaraz: lo spagnolo Carlos Alacaraz si prende la scena contemporanea. Grinta, cuore e numeri da fenomeno. Se ne sentiva la necessità, in un’epoca di radicale cambiamento. Per adattarsi agli standard da n. 1 ci sarà tempo, intanto realizza un duplice sogno conquistando il suo primo Slam della carriera e chiudendo l’anno da n. 1 del ranking ATP. Riflettori puntati sullo spagnolo allo US Open: ai quarti rimette in sesto una sfida che sembrava persa contro Jannik Sinner, poi doma la grande verve di Francis Tiafoe. US Open conquistato grazie alla vittoria in quattro set su Casper Ruud: una locomotiva destinata a lasciare il segno nei posti più importanti del tennis. Conquistato il n. 1 nel ranking, sono gli infortuni a frenarlo, con uno strappo muscolare che lo costringe a saltare le Finals di Torino.  

B come Barty, una “B” maiuscola ma malinconica. L’addio di una grandissima campionessa come Ashleigh al tennis, è stato uno shock per tutti, ma non del tutto una sorpresa.  Lascia dopo aver dominato alla sua maniera l’Australian Open, senza perdere un set. Da numero uno del ranking, Barty dice basta: troppo faticosa la routine che ne consegue e allora ha deciso di salutare tutti da prima della classe. Ci mancherà! Ma alla lettera “B” troviamo anche la ”Billie Jean King Cup” vinta con grande merito dalla Svizzera, per la prima volta sul tetto del mondo, trascinata da una solida Belinda Bencic, e sorretta da Jil Teichmann e Viktorija Golubic. In finale sconfitta l’Australia, con Stosur all’ultimo ballo.

 

C come Coach! Croce e delizia! Sempre più protagonisti nei pressi del campo: dialogano, suggeriscono, incitano. Ovviamente, diventano i bersagli preferiti dei giocatori quando le cose non vanno bene. Verso il box che li ospita, arrivano tante imprecazioni, tutte da archiviare nell’armadietto del “fa parte del gioco”. Formatori, persone di famiglia che, spesso, vedono i propri atleti allontanarsi, separarsi definitivamente. L’addio più rumoroso del 2022 è senza dubbio quello di Sinner a Riccardo Piatti: “Grazie di tutto, anni meravigliosi”, ha dichiarato più volte l’altoatesino. Adesso è Simone Vagnozzi a prenderlo in consegna. “Mi ha aggiunto cose nuove”, ha ribadito Sinner negli ultimi tempi. C anche come Clerici, scomparso a 91 anni il 6 giugno 2022. Una vita intera dedicata al tennis, prima come giocatore, poi come giornalista e scrittore, e come compagno di Rino Tommasi in migliaia e migliaia di telecronache per le reti Mediaset, Telecapodistria, Tele+, Tele2 e infine Sky. Un intellettuale straordinario che mancherà a tutti.

Andrea Gaudenzi e Carlos Alcaraz - Torino 2022 (Twitter @atptour)
Andrea Gaudenzi e Carlos Alcaraz – Torino 2022 (Twitter @atptour)

D come Davis: competizione a squadre nazionali differente rispetto al passato, con una formula abbastanza criticata. A conquistare l’edizione 2022 è stato il Canada trascinato da Felix Auger-Aliassime. L’Italia ci va vicinissima, ma deve arrendersi in semifinale contro coloro che poi alzeranno l’insalatiera. Volandri rischia Matteo Berrettini nel doppio decisivo in coppia con Fognini, per sostituire l’infortunato Simone Bolelli. Non basta per passare il turno: restano impresse nella memoria le grandi giornate spagnole di Lorenzo Sonego con maglia azzurra.

E di Emma Raducanu, giovane promessa del tennis femminile. Dopo l’impresa del 2020, la giovane britannica non riesce a trovare continuità. Qualche segnale positivo nella stagione sul cemento, ma per il resto c’è tanto da lavorare. Cambia tecnici, tecniche di allenamento, ma al momento non trova le giuste risposte dal campo. E’ l’incombenza di chi a 18 anni vince, e poi non riesce a far esplodere il suo talento. Questa “E” vale per tanti giovani che si affacciano al mondo del tennis e poi si perdono per troppa pressione o per troppa ambizione. State sereni, godetevi il momento e non smettete di allenarvi! Prima o poi i sogni si realizzano: ed è quello che auguriamo al talento britannico.

F come Fritz: l’anno della conferma assoluta per l’americano. Momenti esaltanti, ma anche di grande delusione, come quando va vicinissimo all’impresa nei quarti di finale di Wimbledon contro Nadal e, invece, finisce per restare imprigionato dai colpi dello spagnolo, malgrado il vantaggio di 2 set a 1 e un infortunio del maiorchino. Un giovane americano speranzoso rimane bloccato dinanzi alla porta che lo avrebbe condotto alla porta del Paradiso tennistico. L’amico Fritz, per citare Mascagni, di Rafa Nadal lo ha spinto oltre la leggenda.  Sale ottavo nel ranking, con la promessa di migliorare ancora.

G come Giovane Italia, quella che sta proliferando dietro i Berrettini, i Sinner, i Musetti. Nella Next Gen sono in tanti a mettersi in mostra e a dimostrare di avere ampi margini di miglioramento. Francesco Passaro, Matteo Arnaldi sono la punta di un iceberg che dimostra quanto stia facendo bene l’intero movimento italiano. Che sia da stimolo per tutti gli addetti ai lavori.

H come Halep e Holt. Una stagione da dimenticare per l’ex numero 1 del tennis femminile dal punto di vista dei risultati. Poi la numero 9 del mondo è stata fermata per doping. In un campione fornito durante lo US Open lo scorso agosto è stato individuato FG-4592 (Roxadustat), contenuto nella lista delle sostanze vietate dalla WADA, l’agenzia mondiale antidoping. Lei si dichiara innocente e dice “La verità verrà fuori”.
Ci sono anche delle bellissime storie in questo 2022 da raccontare. Una di queste è quella di Brandon Holt, 24enne di Rolling Hills, figlio di Tracy Austin, campionessa per due volte a New York nel 1979 e 1981, quando aveva 16 e 18 anni. La mamma è la più giovane tennista di sempre ad aver vinto lo Slam americano ed è stata anche numero 1 del mondo, e Brandon ha voluto seguire le sue orme, anche se prima di diventare professionista si è laureato alla USC. Una carriera che si è poi fermata a causa di un tumore alle ossa, per fortuna risultato benigno e, dopo le cure e la paura, Holt finalmente ha ripreso la sua carriera tennistica, regalandosi una vittoria memorabile contro Taylor Fritz nella prima giornata dello US Open.

Nick Kyrgios – US Open 2022 (foto Twitter @atptour)

I come Infortuni. Quelli che spaccano le carriere, spezzano sogni, frantumano certezze o semplicemente quelli di routine. Ce ne sono stati tanti di episodi sfortunati che hanno penalizzato lo spettacolo del tennis. Il più grave lo ha patito il tedesco Alexander Zverev nel corso della semifinale con Rafael Nadal al Roland Garros. Sotto di un set e sul 6-6 la sua caviglia fa crac. Stagione finita e sogno della finale sulla terra battuta di casa “Nadal” cancellato. Arrivederci al 2023! Anche Matteo Berrettini ricorderà questo 2022 per i tanti infortuni patiti. Anche un pizzico di sfortuna come quando ha scoperto di avere il Covid a un giorno dall’inizio di Wimbledon, dopo aver vinto il Queen’s.

J come Jannik. L’altoatesino cambia coach, salutando Piatti dopo otto stagioni, dimostra progressi e dà l’impressione di avere enormi margini di miglioramento. Un 2022 con lati positivi e altri oscuri, ma la sua giovane età fa sì che pensi al domani in grande stile. L’occasione più grande della stagione Sinner la crea quando si porta sul match point nei quarti di finale dello US Open con Alcaraz. Una grande chance che dimostra come sia imperiosa la rivalità con Carlos Alcaraz. Roba da Nadal-Feder per questi due fenomeni della nuova generazione che incantano le platee e infiammano gli appassionati di tennis. Ottiene tre quarti di finale negli Slam (Australian Open, Wimbledon e US Open), e un ottavo di finale al Roland Garros, e vince a Umago l’ATP 250, battendo Alcaraz e ottenendo il suo sesto titolo ATP. Chiude la stagione da n. 15.

K come Kyrgios. La finale di Wimbledon come segno di riscossa da parte del giocatore australiano. Genio e sregolatezza che si arrendono solo allo strapotere di Novak Djokovic sull’erba. Sfodera un finale di stagione straordinario, macchiato solo dall’eliminazione ai quarti di finale dello US Open contro Khachanov. Ma Nick è così: mentre si destreggia tra aule di tribunale, viene coinvolto in battibecchi col pubblico presente, ritrova grande entusiasmo nel muoversi su un campo da tennis. Racconta i momenti di depressione e scopre di avere una moltitudine di fan che lo apprezza per come ha saputo reagire ai suoi momenti “no”. Una bella responsabilità da concretizzare già a partire dall’Australian Open, perchè a casa sua non avrà la solita stanchezza legata ai viaggi. Sale n. 22, con vista sul futuro.

L come Leggenda. Per sempre nel firmamento delle stelle del tennis. Il 2022 è l’anno che sarà ricordato per l’addio di Roger Federer al tennis, il più grande di tutti e non soltanto per le vittorie ottenute in campo. Di lui si è detto tutto, in un anno denso di emozioni. Il primo pensiero è di ringraziamento per la fortuna che intere generazioni hanno avuto di vederlo giocare. Il suo addio alla Laver Cup è contraddistinto da grande affetto. Le lacrime e l’emozione hanno accompagnato la passerella finale: tra grandi glorie del passato e del presente cestistico, saluta il suo grande pubblico circondato dai sui affetti personali, dalla sua famiglia, dall’inseparabile moglie e da quel rivale di sempre che piange come un bambino per ciò che non sarà più.

M come Musetti. Signore e signori, Lorenzo Musetti! Forse l’italiano migliore per risultati ottenuti e crescita dimostrata. La ciliegina sulla torta è stata senza dubbio la vittoria ottenuta ad Amburgo contro Alcaraz in tre set. L’azzurro mostra un tennis propositivo e dovrà senza dubbio crescere negli Slam, ma a 23 anni il 2022 è stato l’anno della sua esplosione. Scarico alle Next Gen Finals, ma grande protagonista in Davis con la maglia azzurra. Appuntamento a un 2023 ricco di eventi importanti, che comincia da n. 23.

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Robin Haase: “Il livello complessivo si è alzato, ma i top 15 sono meno forti”

L’olandese Robin Haase, ex n. 33 ATP, fa paragoni tra il presente e i suoi primi anni nel Tour, parlando anche di stili e superfici. E suggerisce qualche nuova regola perché “il tennis dev’essere più veloce”

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Robin Haase - Sofia 2019 (foto Ivan Mrankov)

Classe 1987, Robin Haase ha raggiunto il 33° posto nel ranking nel 2012. Numero 3 del mondo da junior, due operazioni al ginocchio durante i primi anni di professionismo non hanno certo aiutato l’ascesa di questo olandese che rientra tra coloro che danno l’impressione di giocare meglio a tennis di quanto non dica la classifica. A una settimana dal trentaseiesimo compleanno, Robin ha parlato con Clay del futuro non solo suo bensì soprattutto del tennis, della necessità di renderlo più veloce, del livello attuale paragonato a quello di dieci anni fa, delle superfici e di altro ancora.

Forse doppio e coaching, ma con moderazione

Con il ranking sceso al n. 269, ora frequenta principalmente il circuito Challenger. Lo scorso gennaio ad Adelaide 2 è però arrivata una vittoria ATP rocambolesca non solo e non tanto per il 7-6 al terzo con match point annullato, quanto per come era arrivato a disputare quell’incontro. L’intenzione, a ogni modo, è di giocare in singolare il più possibile, per poi decidere se dedicarsi solo al doppio. Dopo diciotto anni, “non mi vedo ancora per molto tempo nel circuito” spiega. “Però dipende. Se hai un compagno e siete almeno in top 20 potendo giocare solo 18 tornei a stagione, ok. Ma devi trovare un compare che sia d’accordo”. Per ora ha ripreso il sodalizio con il connazionale Matwe Middelkoop, 14a coppia della Race. È anche un coach certificato e occasionalmente aiuta i giovani olandesi che “sono contenti quando dico loro qualcosa su cui lavorare”. Occasionalmente è la parte facile. “Ma il secondo giorno, il terzo, il giorno 245, cosa dici? Quella parte del coaching è sottostimata dai tennisti”. E, a proposito di parti, quella dei viaggi ogni settimana è da escludere. “Magari un part-time, come la Coppa Davis”.

Tiro dentro vs tiro forte: da dove si comincia?

Un’altra osservazione interessante è la differenza tra la sua generazione e quella attuale. “Noi abbiamo prima imparato a tenere in campo la palla, poi a colpire sempre più forte. Oggi i tennisti crescono tirando più forte possibile, poi iniziano a imparare a non commettere troppi errori. Anche le superfici sono cambiate negli ultimi vent’anni. Ora non importa se duro, terra o erba perché è ancora un po’ diverso il modo di muoversi, ma i rimbalzi sono sinili, quindi non ci sono più specialisti. Non molti che fanno servizio e volée o veri attaccanti né terraioli. Giochi più o meno allo stesso modo dappertutto. C’era più varietà, ma i più giovani stanno aggiungendo cose. Diventano più pericolosi e il loro gioco si sta evolvendo”.

 

Siamo qui per il tennis o per divertirci?

Sorprende un po’ vederlo allineato a quelle affermazioni estemporanee di Jessica Pegula e Frances Tiafoe, secondo i quali sarebbe incomprensibile dover starsene zitti durante quei pochi secondi di ogni scambio e non poter continuamente lasciare il proprio posto e tornarci facendo alzare tutta la fila – neanche fossero al cinema. Per Robin, in modo simile, è inconcepibile dover aspettare dieci minuti prima di poter accedere allo stadio. “Entra e siediti” è la sua soluzione. “Magari con qualche eccezione, tipo le prime file. Se comprassi un biglietto e dovessi aspettare dieci minuti, direi, ‘ma che è sta roba?”’. Una considerazione che rientra nel più ampio discorso secondo cui “nel tennis, l’unico divertimento è lo sport. Non c’è granché oltre quello. Niente musica, niente altro per la gente”. Qualcuno potrebbe obiettare che a volte, di musica, ce n’è anche troppa e di pessima qualità, ma è un’opinione (la qualità, la quantità è un dato oggettivo). Il tutto partendo dalla tecnologia delle chiamate elettroniche, con il sistema originale che incontra i favori del nostro: “Hawk-eye era molto divertente. I tennisti potevano chiedere il challenge e alla gente piaceva. Ora non c’è più interazione con il pubblico”. Qui sarebbe stata perfetta una citazione del tipo, “il progresso andava forse bene una volta, ma è durato troppo” (legge di Ogden Nash), ma Haase è una personcina seria. In definitiva, l’idea è che “le regole devono cambiare”. Quali regole?

L’inafferrabile concetto del let in battuta

“Non ha alcun senso il let sul servizio. L’unica argomentazione a favore è la tradizione, mentre quelle contrarie sono molto migliori” e fa l’esempio della pallavolo prima di analizzare le obiezioni. “Se tiro una bella battuta che sarebbe ace ma tocca appena il nastro, devo rigiocarla – perché? Se il nastro accomoda la palla per il ribattitore, è perché ho servito male. Poi, il marchingegno costa un sacco di soldi e neppure funziona bene”. Sul costo non siamo troppo sicuri, ma poi Haase cade nella solita retorica: “E, più importante di tutti, la gente non lo capisce”. Ok, Robin, togliamolo, ma che non sia per darla vinta agli stupidi o presunti tali.

Non importa dove, purché ci si vada in fretta

Se non pensa che il tennis sia esattamente noioso, ma dovrebbe andare più veloce e, in quest’ottica, il punteggio della spettacolare vetrina under 21 attualmente in cerca di una nuova casa con cinque set ai 4 game è meglio dei noiosi tre ai 6. Il motivo è presto detto. “Adesso ai giocatori non importa tanto dei primi game. Hai vinto il primo set, 1-1 nel secondo, l’altro è 40-15, a volte pensi, ‘vabbè, quel punto non mi interessa’. Invece, dovendo arrivare a quattro, è meglio che ti giochi quel punto perché non hai tante occasioni per brekkare. Non dico di cambiare adesso, ma possiamo sperimentarlo di più”.

Per Haase, rimane intoccabile il punteggio degli Slam anche perché i numeri in termini di presenze dicono che godono di ottima salute, ma lo stesso non vale per gli ATP 250 ed è lì che si potrebbe cambiare il punteggio: “Diamo al pubblico più divertimento”.

Poche palle, diamogliene di più

Non è però che gli siano venute queste idee ora che ha più anni nel Tour alle spalle che non davanti. “Le ho da 15 anni” assicura. “A casa ho uno schema con tutti questi suggerimenti, di quando ero nel Consiglio dei Giocatori. Nei Challenger, si gioca con quattro palline. Perché mai? Se ne possono usare sei come nell’ATP, non costano più così tanto. Se giochi con quattro, si deteriorano prima e, quando le cambi, è ancora più difficile controllarle. Eppure i Challenger sono parte del Tour ATP – perché non c’è la stessa situazione?

Una volta i top erano più forti, ma…

Lo scorso anno, Toni Nadal ha avuto occasione di affermare che il Rafa 2022 avrebbe perso dal Nadal passato, per esempio quello del 2013, 2011, 2008. Lo stesso valeva per Djokovic. E il fantastico Federer 2017? Inferiore a quello di dieci anni prima. Insomma, il livello si è abbassato. Robin c’era ed perfettamente d’accordo. A metà. “Dipende dal punto di vista. Dieci anni fa, la top 20 o la top 15 erano incredibili. Poche sorprese negli ottavi degli Slam. Roddick, Hewitt, Wawrinka, Davydenko, Nishikori… Toni ha ragione, quelle top ora sono più deboli. Tuttavia, la top 100, 250 o anche 400 sono molto più forti. Il livello complessivo è più alto. Una volta era più facile vincere i Challenger. Adesso è più dura e chi li gioca può far bene nel Tour ATP”.

Collegato a questo, il fatto che solo due Slam siano stati vinti da tennisti ora nei loro vent’anni fa dubitare della forza mentale di quella generazione. Haase vuole precisare la questione: “Se entri nei primi 100, sei fortissimo mentalmente. Chi sostiene che il numero 10 non è forte di testa non ha idea di quello che dice. Vincere uno Slam è diverso, è vero. Thiem e Medvedev ci sono risuciti, anche se Djokovic e Nadal provano di essere ancora migliori degli altri, pur non dominando com’erano abituati a fare – normale per via dell’età”.

Protezione o controllo?

La chiacchierata si conclude con il cambiamento della relazione fra tennisti e media. “Più soldi sono in ballo, più alta è la pressione. I manager e i coach vogliono proteggere i giocatori. Per i manager, tenerli lontani da certe situazioni significa controllarle e di conseguenza i tennisti non sempre sanno cosa stia succedendo. Nei Paesi Bassi, qualche giornalista si occupava solo di tennis, ora anche di calcio e pallavolo e quindi non viaggia più tanto. Ci vediamo una volta all’anno, stesse domande, non c’è più relazione ed è un problema per entrambe le parti. E ci sono i social che permettono ai tennisti di comunicare con i fan”.

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Andreescu, è lesione a due legamenti della caviglia. “Ma poteva andare peggio”

La campionessa dello US Open 2019 riferisce: “Affronterò questo periodo giorno dopo giorno e tornerò presto in campo”

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Bianca Andreescu - Miami 2023 (foto Twitter @SportsHorn)

“Ho subito una lesione a due legamenti della caviglia sinistra”. Così Bianca Andreescu, dopo essersi sottoposta agli esami clinici del caso, fa luce sugli esiti del brutto infortunio rimediato al WTA di Miami. La canadese si è dovuta ritirare durante il match contro Ekaterina Alexandrova uscendo dal campo su sedia a rotelle e facendo preoccupare tutto il mondo del tennis. Un vero peccato anche perché nelle partite precedenti la campionessa US Open 2019 era apparsa in ottima forma, superando Emma Raducanu, Maria Sakkari e Sofia Kenin. “Difficile dire ora quanto tempo ci vorrà per recuperare, ma posso dire che sarebbe potuta andare peggio – dice Andreescu, che aveva affermato di aver sentito il dolore più terribile mai avvertito -. Affronterò questo periodo giorno dopo giorno, sono fiduciosa che grazie al lavoro e alla riabilitazione potrò tornare presto in campo. Il percorso è già iniziato, vi terrò aggiornati”.

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ATP

Sinner e le semifinali Masters 1000: ci sono due primati per Jannik

Jannik è l’italiano con più semifinali in questa categoria con Fognini (3), ed è il primo azzurro a qualificarsi al penultimo atto in due Masters 1000 consecutivi

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Jannik Sinner - Miami 2023 (foto Ubitennis)

Con la vittoria sul finlandese Emil Ruusuvuori al Miami Open, Jannik Sinner ha raggiunto la dodicesima semifinale di un italiano ad un Masters 1000 dal 1990, la terza a livello personale. Arrivare nelle fasi finali di un torneo 1000 è già di per se un’impresa, figuriamoci ripetersi per due tornei di questa categoria consecutivi come Sinner ha fatto a Indian Wells e Miami 2023: è il primo giocatore italiano a compiere un simile back-to-back. E con questo traguardo, Sinner ha raggiunto Fabio Fognini in vetta alla classifica degli italiani con più semifinali raggiunte: entrambi sono a quota tre e non è difficile prevedere che Jannik sia destinato a scalzare il ligure ottenendo il primato assoluto. L’elenco delle semifinali Masters 1000 con azzurri in campo è già da aggiornare a due settimane di distanza dalla precedente e probabilmente non sarà l’ultima volta.

Nel 1995 Andrea Gaudenzi era ancora un giocatore, ottimo interprete sui campi in rosso dove vinse tre titoli ATP. In quella fortunata stagione il faentino si spinse fino alle semifinali del torneo di Montecarlo dove perse in due set dall’amico Thomas Muster. Dopo il match seguirono screzi, ma vennero presto dimenticati. Nell’anno di grazia 2007 il livornese Filippo Volandri compì una delle imprese più memorabili della storia del tennis italiano. L’attuale capitano della squadra italiana di Coppa Davis incendiò il Foro Italico in quel maggio di sedici anni fa battendo il n.1 Roger Federer. Il sogno si interruppe in semifinale, contro Fernando Gonzalez.

L’anno seguente, ad Amburgo, Andreas Seppi raggiunse le semifinali (all’epoca era ancora un 1000) perdendo da Roger Federer dopo aver messo in fila Richard Gasquet, Juan Monaco e Nicolas Kiefer, tennista di casa. Abbiamo poi la tripletta di Fabio Fognini: a Montecarlo raggiunse le semifinali nel 2013 (perdendo male da Djokovic 6-2 6-1) e 2019 (dove sconfisse Nadal 6-4 6-2) quando trionfò, in finale contro Dusan Lajovic, nell’unico 1000 conquistato in carriera. L’ultima semi arrivò a Miami nel 2017, sempre contro Nadal, ma a trionfare fu il maiorchino in due set (6-1 7-5).

 

Berrettini centrò la semifinali a Shanghai 2019 (perdendo da Zverev 6-3 6-4). Mentre nel 2021 Matteo si spinse fino alla finale di Madrid, dove ancora una volta venne sconfitto dal tedesco Zverev in rimonta 6-7 6-4 6-3. Sempre in quell’anno ci fu la favola Sonego a Roma. Il piemontese visse la settimana più entusiasmante della sua carriera culminata nella semifinale poi persa contro Djokovic. Infine abbiamo le tre semifinali di Sinner: a Miami nel 2021 dove si spinse fino alla finale, persa, contro il polacco Hurkacz. Il resto è storia recente: la semifinale di Indian Wells persa contro Alcaraz a cui fa seguito quella ottenuta ieri al Miami Open. Ad attenderlo ancora il murciano o Fritz.

La classifica degli italiani con più semifinali nei Masters 1000:
Sinner, Fognini 3
Berrettini 2
Volandri, Gaudenzi, Seppi, Sonego 1

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